
Riunione simbolica a Tor Bella Monaca: un flop, pare una gita e il rione insorge. La sinistra non sa più cosa sia il proletariato.No, non era Alberto Angela in tenuta da esploratore nella giungla urbana. Era, triste e spaurito, Maurizio Martina, il reggente del Pd, alla testa della sua neonominata segreteria, un pugno di dirigenti chiamati insieme a lui nella sala rianimazione del Nazareno.La malinconica truppa, per ben mezza giornata (pensate il trauma!), ha lasciato le luminose stanze della centralissima sede romana per avventurarsi in periferia, nel quartiere di Tor Bella Monaca, e tenere lì, simbolicamente, la prima riunione.Situazione surreale, direte voi: un partito della sinistra in quei luoghi ci dovrebbe stare sempre, per definizione, respirarne i bisogni e le ansie, interpretarli e addirittura anticiparli, non andarci una volta l'anno col vestitino di sartoria e la camicia bianca per valorizzare l'abbronzatura.E invece, con involontaria ironia, il Pd ha presentato la cosa come se si trattasse di un evento epocale: «Il partito riparte dalle periferie». Foto e video dell'escursione dicono tutto: a partire dalla svolazzante ex ministra Marianna Madia, che ha fatto sapere al mondo di essere arrivata a Tor Bella Monaca con i mezzi pubblici! Un altro trauma, esperienze estreme, capirete: roba da meritarsi la solidarietà del quartiere, immaginava…Non è andata esattamente così, riferiscono le cronache locali e i lanci di agenzia. Una signora del posto li ha accolti - pare - con un «non siete mai venuti, chi v'ha mai visto…»: e si è capito subito che non sarebbe stata una giornata facile. L'hanno presa male perfino i militanti del Pd, che si aspettavano - almeno - che la riunione si tenesse presso la sede del circolo locale: e invece no, perché Martina e i suoi hanno scelto una libreria.Insomma, disinteresse e sbadigli, in una zona dove il Pd è crollato al 13%.Ma quello che ha mandato in bestia il quartiere è stato il nugolo di telecamere, fotografi e cineoperatori che hanno accompagnato la gita, insieme a una nutrita rappresentanza di forze dell'ordine. La testimonianza più fulminante e tragicomica l'ha raccolta Il Messaggero, quotidiano romano, dando voce a una signora del posto: «Ho visto telecamere e carabinieri, pensavo stessero girando Don Matteo…». Ma era Orfini, non Terence Hill.In fondo, il dramma del Pd sta tutto qui. Non solo ha abbandonato i ceti medio bassi, il «proletariato» (per usare l'antico linguaggio della sinistra), per dedicarsi a un'agenda adatta solo a chi vive nella Zona 1 di Milano e nel Primo Municipio di Roma, non a caso le aree dove il Partito democratico regge ancora. Non solo ha lasciato le aree più sofferenti a Lega e Movimento 5 stelle, che - piaccia o no - hanno saputo comprenderne sia le preoccupazioni su criminalità e immigrazione sia la concreta difficoltà economica. Peggio ancora: i dirigenti del Pd si sono talmente estraniati da queste realtà, sono talmente divenuti «altro», da risultare perfino ridicoli se in un giorno d'estate si ricordano che esistono le periferie e vi organizzano un'occasionale trasferta.Magari le intenzioni del povero Martina saranno state serie. Ma l'effetto comico è simile a quello di un gruppo di vacanzieri Vip che, a margine di un viaggio extralusso, si organizzano l'escursione in un'isoletta sperduta, o un safari in una riserva di caccia, ma ben chiusi nella loro camionetta e con la certezza del ritorno a fine pomeriggio nell'hotel a cinque stelle.Dirà qualcuno: ennesimo grave errore di comunicazione. No: errore di sostanza, la comunicazione viene solo dopo. Certo, si può ironizzare (come abbiamo fatto qui senza malizia) sulla messa in piega della Madia che sfida i bus di Roma: ma molto peggiore è la superficialità e lo smarrimento culturale di una sinistra che non comprende che non basta una mini operazione mediatica, ma serve una profonda rilettura della società, un lavoro lungo e doloroso. Il Pd deve scegliere: può darsi un profilo di sinistra-sinistra, seguendo le esperienze in Inghilterra di Corbyn e in America di Sanders, oppure investire (ma con maggior serietà e credibilità di Renzi) su un'opzione riformista e modernizzatrice: ma l'una e l'altra ipotesi richiedono una vera (non finta) opera di dialogo con ampi strati della società italiana. A Renzi non sono bastate le slide; a Martina non basterà la triste gitarella a Tor Bella Monaca.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






