
Fermati due ventenni di San Basilio. Quello accusato d'aver sparato, Valerio Del Grosso, era andato regolarmente a lavorare ma la madre ha avvertito gli agenti: «Credo che mio figlio sia coinvolto». C'è una foto in cui sorride dopo esser stato arrestato. Gli investigatori la descrivono come una storiaccia da suburbio romano, nella quale non si salvano gli assassini e neppure la vittima. Dal quadretto del delitto capitolino davanti al pub della Caffarella, ex quartiere tranquillo della periferia capitolina, pare esca bene solo la mamma coraggio che ha denunciato il figlio per i sospetti nutriti sin da quando è rientrato a casa la sera dell'omicidio. Si è presentata in Questura e ha detto all'agente al corpo di guardia: «Credo che mio figlio c'entri con la morte di quel ragazzo dell'Appio Latino, ha fatto una cazzata». La macchina investigativa è quindi partita dalle indicazioni della donna e nel giro di poche ore ha sbrogliato il giallo. La versione ufficiale, 24 ore dopo la morte in ospedale di Luca Sacchi, è questa: la vittima e la fidanzata ucraina Anastasiya mercoledì sera hanno incontrato Valerio Del Grosso, pasticciere con problemi penali per aver aggredito la ex compagna, e Paolo Pirino, che sul profilo Facebook aveva scelto «Pao Letto» come nome e tante foto di Al Pacino in Scarface per rappresentare i suoi stati d'animo. Due ragazzi del rione San Basilio, poco più che ventenni. Entrambi con precedenti di polizia - uno per droga, l'altro per percosse - si sarebbero allontanati per recuperare stupefacenti (cui, a loro dire, erano interessati Sacchi e la partner) poi sarebbero tornati sul posto con una mazza da baseball e un revolver. Pirino avrebbe colpito la ragazza, Del Grosso, vista la reazione di Luca, avrebbe sparato puntando alla testa del personal trainer appassionato di arti marziali giapponesi. Un colpo solo, andato a segno. Movente? Rapina. Probabilmente lo zainetto con i soldi in contanti ha fatto gola ai due indagati. Ma il caso presenta ancora più d'una zona d'ombra. Nonostante il capo della polizia Franco Gabrielli ieri si sia affrettato a dichiarare: «Gli accertamenti che l'autorità giudiziaria disvelerà quando riterrà opportuno non ci raccontano la storia di due poveri ragazzi scippati. Lo dico tenendo sempre ben presente, non vorrei essere equivocato su questo, che stiamo parlando della morte di un ragazzo di 24 anni». Parole anche fin troppo esplicite. La Smart bianca con cui i due sono fuggiti via la sera dell'omicidio è stata sequestrata. E la mazza da baseball è stata recuperata dove era stata gettata, nei campi vicino al Grande raccordo anulare. Lo zainetto era vuoto. Nei confronti dei due ragazzi il pubblico ministero Nadia Plastina ha emesso un fermo con l'accusa di omicidio e rapina. Il provvedimento dovrà essere convalidato dal gip, che ha fissato l'udienza e gli interrogatori per oggi. Mancano all'appello la pistola - una calibro 38 - il bossolo del proiettile che ha colpito alla testa Luca e i soldi sottratti dallo zainetto. I due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il caso, insomma, non è ancora definitivamente chiuso. In un'intervista al Tg1 Anastasiya ha raccontato la sua versione dei fatti, che non collima con la ricostruzione degli investigatori. La droga, secondo la ragazza, «non centra niente». E la loro presenza nello stesso posto in cui c'erano gli spacciatori? «Luca era lì per guardare il fratellino piccolo che si trovava nel pub». La versione della ragazza è rimasta la stessa: «Eravamo appena usciti dal pub. Mi sono sentita strattonare da dietro, mi hanno detto “dacci la borsa". Gliela stavo consegnando quando mi hanno colpito con una mazza. A questo punto è intervenuto Luca che ha reagito bloccando il ragazzo che mi aveva aggredito, quindi l'altro aggressore gli ha sparato in testa». Stessa versione. Sia con la stampa, sia con il pm. «Se fosse stato drogato», ha aggiunto Alfonso Sacchi, padre di Luca, «non avremmo potuto donare gli organi». L'idea che si è fatto papà Sacchi combacia in modo preciso con la versione di Anastasiya: «Voleva difendere la sua ragazza e poi forse ha reagito anche perché non sopportava le ingiustizie». Nel frattempo sono cominciate le schermaglie legali. «Il mio assistito si è avvalso della facoltà di non rispondere ma intende chiarire, appena possibile, la sua posizione». L'avvocato Alessandro Marcucci è il difensore di Del Grosso. Spiega che il ragazzo «è molto provato da una tragedia che colpisce più persone, in primis Luca Sacchi. Non riusciamo a immaginare il dolore che stanno provando i familiari». Seppur «provato», come sostiene il legale, era andato a lavorare nel laboratorio della pasticceria di Casal Monastero la mattina dopo l'omicidio. I titolari dell'esercizio commerciale confermano e aggiungono: «Verso l'ora di pranzo ha detto di non sentirsi bene ed è andato via. Il giorno dopo è venuto il papà e ci ha detto che non sarebbe venuto, ci ha spiegato cos'era successo». Per la breve latitanza aveva scelto un hotel in zona Tor Cervara. Quando sono arrivati gli investigatori ha provato a fare resistenza, ma ha capito subito che era spacciato. In una delle foto scattate mentre lo portano via in manette, abbozza persino un sorrisetto. Pirino, invece, si era rintanato sul terrazzo di una palazzina a Torpignattara. Saranno le investigazioni scientifiche a chiarire in modo più preciso cosa è accaduto. Nei tabulati telefonici e nei telefoni cellulari si cercano eventuali contatti dei due indagati con Luca o con la fidanzata. Si cerca anche un altro uomo ancora senza volto: un ragazzo che, stando alle testimonianze, era con la coppia la sera del delitto.
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