2023-09-23
Il governo riforma la cooperazione. «Più fondi per gli accordi bilaterali»
Il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli sposa l’idea della «Verità»: usare le quote affidate a Ue e Banca mondiale per le intese con i Paesi africani di partenza: «Nel 2023 daremo 800 milioni». Ma si può arrivare a 2 miliardi.Il viceministro agli Affari esteri, Edmondo Cirielli, esponente di spicco di Fratelli d’Italia, conferma la bontà della proposta della Verità per rendere più efficiente la cooperazione internazionale tra l’Italia e i Paesi del Sahel e del Magreb, rafforzando le relazioni bilaterali e contrastando così con maggiore efficacia l’immigrazione irregolare a valanga. La riflessione pubblicata sul nostro giornale riguarda i fondi che il nostro Paese stanzia per la cooperazione e lo sviluppo, fondi che potrebbero essere rimodulati, quindi a saldo zero, attraverso una diversa ripartizione, che porterebbe ad avere 2 miliardi di euro in più da destinare appunto agli accordi bilaterali con i Paesi africani dai quali parte il flusso di migranti diretti verso l’Europa, e che finiscono per approdare per la maggior parte in Italia. L’idea è invertire, anche gradualmente, le percentuali di spesa tra progetti multilaterali e bilaterali: fino all’insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni il 70% era destinato ai primi e il 30% ai secondi. Destinando una quota superiore agli accordi bilaterali, si potrebbero stringere intese chirurgiche, mirate, con i Paesi dai quali partono i migranti, stabilizzando la situazione. Una strategia che Cirielli conferma essere già al centro della sua azione e di quella dell’intero governo. L’Italia, ricordiamolo, per il triennio in corso ha stanziato 15 miliardi e mezzo circa di euro per il sistema di cooperazione allo sviluppo, più di 5 miliardi l’anno, uno in più rispetto ai tre anni precedenti. Soldi che non vengono spesi interamente: la spesa effettiva infatti ammonta a 4 miliardi. «Il governo italiano», dice Cirielli alla Verità, «nel 2023 si è fortemente impegnato per rafforzare il ricorso al canale bilaterale dei fondi dell’Aiuto pubblico allo sviluppo e per il coinvolgimento di tutti gli attori del sistema italiano: società civile, enti territoriali, università, settore privato. Quest’anno, per gli interventi di cooperazione allo sviluppo realizzati dal ministero degli Affari esteri e la cooperazione internazionale e dall’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, è disponibile quasi 1 miliardo di euro. La programmazione annuale prevede che l’81% delle risorse, ovvero circa 800 milioni di euro, sia destinato a iniziative bilaterali e per interventi umanitari e di emergenza», aggiunge Cirielli, «realizzati in Paesi di interesse strategico per l’Italia. Di questi fondi, oltre il 60%, ovvero circa 485 milioni di euro, andrà a beneficio diretto dell’Africa, nel quadro del piano Mattei. Il canale multilaterale è, invece, beneficiario del 19% delle risorse, ovvero 190 milioni di euro. Anche per questi fondi», precisa Cirielli, «è stato comunque previsto che oltre la metà sia destinata da parte delle Organizzazioni internazionali a iniziative da realizzarsi in Africa». Si va quindi nella direzione giusta, considerato che, come da prassi consolidata nei decenni, dei finanziamenti che l’Italia stanzia per la cooperazione e lo sviluppo la quota più imponente, appunto il 70%, passa attraverso istituzioni come la Banca mondiale o la Fao, mentre per quel che riguarda l’erogazione ai Paesi destinatari dei finanziamenti è l’Unione europea a essere protagonista. In questo modo, però, il risultato è che la quota italiana finisce per disperdersi, e i Paesi che ricevono i fondi spesso e volentieri non sanno neanche che i denari che ricevono arrivano da noi. Il 30% della quota destinata a progetti bilaterali, invece, raggiunge immediatamente l’obiettivo politico di far sentire in maniera tangibile che il finanziamento arriva da Roma. La proposta del nostro giornale, sulla quale il viceministro degli Esteri Cirielli ci conferma di essere già all’opera, è appunto quella di bilanciare queste quote, se non addirittura arrivare a invertirle, per poter stringere con più forza i rapporti tra l’Italia e i Paesi che ricevono i soldi. Sottratto, dai 4 totali, il miliardo destinato a spese incomprimibili, ne restano 3 da poter rimodulare: arrivando gradualmente a invertire il quadro attuale, quindi destinando due terzi agli accordi bilaterali e un terzo a quelli multilaterali, la quota disponibile per questi ultimi risulterebbe di ben 2 miliardi di euro. Un tesoretto più che consistente, considerato che, per fare un esempio di strettissima attualità, il memorandum Ue-Tunisia, sottoscritto lo scorso luglio dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dal nostro premier, Giorgia Meloni, dal leader olandese, Mark Rutte, e dal presidente tunisino, Kais Saied, prevede un investimento totale di 255 milioni di euro. Per incidere in maniera decisiva sull’emergenza immigrazione, è ormai un dato acclarato, c’è bisogno della collaborazione dei Paesi di partenza. La rimodulazione dei fondi che l’Italia spende per la cooperazione allo sviluppo, il rafforzamento delle intese bilaterali, porterà naturalmente a una maggiore attenzione da parte delle nazioni di partenza nei confronti delle richieste italiane: una collaborazione rafforzata comprende non solo il controllo sulle partenze ma anche accordi per il rimpatrio più efficaci.