
Le ciliegie giunsero in Italia nel 72 avanti Cristo, con il console romano Licinio Lucullo, in ricordo della vittoria su Mitridate in Turchia. Esportate dal Veneto in Germania su vecchi bombardieri. Il Re Sole piantò ciliegi a Versailles per dare materia prima agli ebanisti.«Le donne sono come le ciliegie: una tira l'altra». E chi, se non Giacomo Casanova, poteva coniare una frase del genere, anche se in realtà le ciliegie sono universali. Piacciono a grandi e piccini e sono una miniera di virtù. Sono dolci, ma grazie al levulosio sono compatibili anche con chi ha problemi di glicemia. Ricche di vitamine e di sali minerali, in particolare potassio, hanno benefici effetti cardiovascolari. Ben dotate di antiossidanti, riducono l'assorbimento di lipidi nelle arterie. Bloccano i radicali liberi, con effetto protettivo sulle neoplasie, particolarmente a livello del colon. Depurano il fegato; combattono la stipsi e aiutano il sonno, sono ricche di melatonina. Sono utili pure nella cosmesi, come impacchi rinfrescanti per pelli irritate o maschere per rivitalizzare la pelle del viso. Leggenda racconta, con Plinio il Vecchio, che giunsero in Italia grazie al console romano Licinio Lucullo che nel 72 avanti Cristo, se le portò come ricordo della battaglia in cui batté Mitridate, re del Ponto. Erano nei dintorni di Cherasonte, città greca nell'attuale Turchia, da cui il nome derivante dal latino cerasus. L'Italia è tra i maggiori produttori, dopo Turchia, Iran e Stati Uniti. Nella penisola troviamo ai vertici Puglia, Campania, Veneto ed Emilia Romagna. San Gerardo dei tintori è considerato il loro protettore, con tanto di sagra dedicata, a Monza, il 6 giugno. Un monaco vissuto nella seconda metà del dodicesimo secolo che, si racconta, per sdebitarsi con i guardiani del duomo che gli permettevano di pregare la notte, un giorno di pieno inverno offrì loro un cesto di ciliegie maturate miracolosamente anzitempo. La sua iconografia lo rappresenta spesso con un bastone dal quale pende un rametto di ciliegie. Nell'arte cristiana, peraltro, la ciliegia simboleggia il sangue versato da Gesù Cristo e, per questo motivo, è possibile trovarne alcune raffigurate sulla tavola dell'ultima cena anche perché considerate frutto del Paradiso, antidoto alla mela causa del peccato originale. Le ciliegie sono protagoniste nella letteratura come nel cinema. Lapidario Andy Warhol: «L'aspetto più brutto del farsi un'overdose di ciliegie è che restano lì tutti i noccioli a ricordarti quante ne hai mangiate». Vola alto Italo Calvino, nel Barone rampante, narrando di una banda di ladruncoli di frutta che, nei boschi, scorrazzano improvvisando spericolate peripezie sui forti rami dei ciliegi. Nell'Ultima donna di Marco Ferreri, Gerard Depardieu rimorchia una bella fanciulla con la tentazione ciliegiosa. E che dire dei due amanti Kim Basinger e Mickey Rourke che, in Nove settimane e mezzo, con le ciliegie ci giocano senza troppe allusioni, anche se la bella per sempre nell'immaginario collettivo, Marilyn Monroe, in A qualcuno piace caldo di Billy Wilder scolpì queste parole: «È la storia della mia vita, sono stufa che mi tocchi sempre la ciliegia con il verme». Con il senno di poi viene da chiedersi se vi fosse qualche allusione ai Kennedy bros: John o Robert. Sia come sia, tra arte, storia e letteratura, le ciliegie si sono scolpite capitoli importanti. Mentre il Re Sole inondava di ciliegi i giardini di Versailles anche in funzione della più raffinata ebanisteria, nell'Italia rurale il legno di ciliegio era merce di scambio per l'arredo dei futuri sposi: letto matrimoniale, armadio e comò. Ora tutto è cambiato. Soprattutto nell'area collinare posta tra Emilia e Veneto il ciliegio è andato progressivamente a sostituire il gelso, là dove la bachicoltura era arrivata al capolinea. Tra le diverse varietali una delle più conosciute è quella di Vignola, nel Modenese. Qui si è esaltata la capacità del «cuidòr», il raccoglitore, nell'assemblare le scale agganciate ai diversi rami, per cogliere il frutto da riporre nei «cavagnin», i contenitori di vimini. Impresa un po' acrobatica, tanto che spesso qualcuno ci rimetteva qualche acciacco, come testimoniano i numerosi ex voto presenti nella Pieve di Vignola. Imprenditori coraggiosi a valorizzare il prodotto locale, in tempi eroici. Inventandosi vagoni ferroviari trasformati in artigianali celle frigorifero, ma andando anche oltre. Nel vicino aeroporto di Verona per far giungere più velocemente in Germania «l'oro rosso» del territorio, si sono riattivati vecchi bombardieri B-17. Dal 1981 a Vignola viene consegnato il premio Ciliegia d'oro, massima onorificenza alle figure illustri della terra locale. Qualche nome a caso, tra i premiati: Enzo Ferrari, Luciano Pavarotti, Arrigo Levi. In Puglia si coltivano le ciliegie Ferrovia. Anche qui la fantasia storiografica si è scatenata. C'è chi sostiene che, grazie a un illuminato casellante, Giorgio Rocco, che vide sorgere dal nocciolo di una ciliegia, nel 1933, degna pianta, la storia sia poi proseguita, con la Puglia maggior produttore nazionale. Altri tramandano invece che la ciliegia Ferrovia abbia preso piede perché più facilmente trasportabile: lungo la via ferrata questi frutti erano meno facilmente aggredibili dalle mani leste spesso presenti per le strade della Murgia. Una varietale molto resistente al trasporto prolungato, insomma, tanto da avere numerosi fan oltre confine (in Germania veniva considerata «la Mercedes delle ciliegie») e nella penisola, a partire da Giovanni Paolo II, cui per anni sono state consegnate personalmente nelle udienze vaticane. E che dire delle ciliegie dell'Etna, le più versatili, per il particolare aspetto pedoclimatico: vengono coltivate su terre «scatinate», ovvero i terreni derivanti dalle opere di dissodamento delle lave, con tutta la conseguente fatica di trasformare le «sciare» (dall'arabo terra bruciata) in terreni fertili. Qui la coltivazione può arrivare sino ai 1.600 metri di quota, la più alta d'Italia. Dalla Sicilia al Veneto, si approda nella pedemontana vicentina, nello specifico a Marostica. Qui si è svolta la prima sagra dedicata alla ciliegia nel 1933. Una storia dalle radici ancora più antiche se si considera che risale all'epoca rinascimentale la disputa tra due rampanti nobiluomini locali: Rinaldo d'Angarano e Vieri da Vallonara. Si contendevano la mano di Lionora, la bella figlia del locale podestà serenissimo Taddeo Parisio. Questi li invitò a sfidarsi sulla piazza locale in una originale partita a scacchi vivente. Il giorno delle nozze, con Vieri vincitore, Taddeo ordinò che si mettessero a dimora in tutto il territorio delle piante di ciliegio a ricordo dell'evento. Terre devote, quelle vicentine, ed era dura resistere, nel mese del fioretto di maggio, alle tentazioni ciliegiose. Ma a ogni sfida c'è una risposta: come testimonia Gianni Celi, «si masticava il frutto, ma non lo si ingoiava, così il fioretto era salvo».Le ciliegie sono presenti in tutto il menù in un'ideale corrida golosa, e non solo al dessert. Eccole allora con il foie gras, come suggerisce lo chef stellato Pino Cuttaja, «così da creare un contrasto tra il grasso della carne e l'acidità del frutto». Cuttaja non ha tema di proporle con la tradizionale cassata o con il tonno crudo. Ma le si può incrociare anche con la pasta (tagliatelle e zafferano) o il risotto (con il pepe verde). E, perché no, abbinate a un carpaccio di branzino o a filetti di scampi marinati, così pure alla selvaggina, con le quaglie o i piccioni. Non ce n'è per nessuno quanto a versatilità e abbinamenti, anche rifacendosi a ispirazioni rinascimentali con l'arrostino di maiale. Va ricordato che le ciliegie si possono incontrare anche fuori stagione. Per esempio con la mostarda di Cremona, che i previdenti monaci usavano per prolungare l'uso del frutto (assieme ad altre componenti) per abbinamenti i più svariati, così come sotto spirito: con la grappa ma anche, giusto per terminare in gloria, con il Sangue morlacco, un distillato di marasche nato a Zara, in Dalmazia, a opera della famiglia Luxardo che, nell'offrirla a Gabriele D'Annunzio e ai suoi legionari, in quel dell'avventura fiumana, se la videro ribattezzare con un nome senza tempo così come solo il Vate sapeva fare. Per concludere in bellezza, un doveroso cenno al Mon Chéri, uno dei cavalli di battaglia della Ferrero, orgoglio nazionale dalle parti di Alba. Se lo inventò il cavalier Michele Ferrero. Erano i primi anni del dopoguerra. C'erano mercati esteri da conquistare, la Germania in primis. Ferrero propose un piccolo dolce avvolto in carta tentatrice, offerto in confezione singola. Cioccolato a racchiudere una ciliegia immersa nel liquore. Consolazioni dell'anima (e della gola). Un successo travolgente. Nelle 10 principali stazioni tedesche, alcune luccicanti Topolino Fiat ammiccavano come premio di Natale abbinate a confezioni di Mon Chéri. Tale fu il successo che, l'anno seguente, al posto delle umili utilitarie vennero posti in palio nientemeno che sfavillanti diamanti. Potere della ciliegia, se interpretata con talento e passione.
Ansa
Il testamento: cedete ad uno tra Lvmh, EssilorLuxottica e L’Oreal. Al compagno Leo Dell’Orco il 40% dei diritti di voto.
Antonio Filosa
Filosa: sorpasso di Leapmotor. Poi smentita e controsmentita. Il duello continuerà.
Ursula von Der Leyen (Ansa)
I costruttori apparentemente tranquillizzati dall’incontro con Ursula Von der Leyen che assicura: punteremo sulla neutralità tecnologica e a breve rivedremo lo stop ai motori termici. Di concreto però non c’è nulla. Intanto l’Unione si spacca sugli obiettivi climatici 2040.
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
- Due ragazzi alla guida di un’Audi rubata perdono il controllo scappando dalle volanti a Bologna: schianto fatale con un lampione. Un testimone: «Sarà andato a 150 all’ora, le pattuglie erano lontane». Ma Lepore attacca: «Aspettiamo che ci dicano com’è andata».
- Monfalcone, africano accusato di violenza sessuale. Cisint: «Va rimandato a casa sua».