
Indignarsi è lecito, però la colpa è di chi ha fornito soldi a pioggia con leggi scritte male.Non contesto che l'indignazione suscitata dalla scoperta dei cinque «furbetti dell'Inps», ovvero i deputati che pur godendo di uno stipendio che è quasi il doppio di quello di un deputato della assai più ricca Germania hanno chiesto e ottenuto per tre mesi i 600/1.000 euro previsti dal decreto del governo per le partite Iva - non contesto che questa indignazione sia legittima. Mi chiedo però se in questo modo si sia individuato il vero problema scoperchiato dall'episodio. Un problema che non riguarda la dignità di queste persone, sulle quali mi astengo dal dare giudizi.Il problema è stato inconsapevolmente individuato dall'attuale presidente della Camera dei deputati, il quale (come molti altri) ha sollevato la «questione morale» e per l'appunto fatto il solito appello al «senso morale» dei suddetti furbetti. In effetti, questi deputati (e con loro molti altri nelle Regioni e nei Comuni) non hanno commesso alcun illecito; si sono semplicemente avvalsi di una facoltà che la legge concedeva loro. E questo è il problema, che riporta a una questione più radicale: la scomparsa della distinzione tra diritto e morale. L'anno scorso ho pubblicato un libro (La costituzione come decisione, Mimesis) che aveva come obiettivo polemico proprio i «giusmoralisti», cioè coloro i quali ritengono che il diritto sia valido solo se è moralmente giustificato, più in generale se per esempio è adeguato alla difesa dei cosiddetti «diritti umani». La «moralizzazione» del diritto è un fenomeno di grande portata a livello globale e gravi conseguenze, che solo apparentemente può sembrare positivo. Fondare il diritto sulla morale, in effetti, significa ridurre le norme giuridiche a precetti morali, che per natura sono soggettivi, cioè dipendono dalle scelte più o meno arbitrarie dei singoli, che possono essere semplici cittadini, legislatori e giudici, con conseguenze in questi casi dirette sulla vita dei cittadini.Confondere la norma giuridica con la morale (e non a caso si parla di principi e non più di norme, che hanno una loro «durezza» di contro alla «resilienza» del principio o, come direbbe Zagrebelsky, alla sua «mitezza») significa contribuire allo sfarinamento progressivo dell'ordine, che è prima politico e poi giuridico. Significa che si possono fare le leggi senza prevederne le conseguenze (quello che era un tempo il cardine dello Stato di diritto), che le norme sono sempre più «flessibili» e abbandonate all'interpretazione, che le decisioni vengono prese «salvo intese», cioè senza aver deciso nulla per poi lasciare che qualcun altro decida in modi e misure «concordati» e «compromissori», se non del tutto surrettizi (di qui il proliferare negli ultimi anni delle cosiddette «manine», che notte tempo inseriscono nelle leggi commi, articoli, capoversi che non dovrebbero esserci).La moralizzazione del diritto è la morte del diritto, sicché la conseguenza è che i cinque deputati e le altre migliaia di persone che pur essendo in molti casi benestanti si sono avvalsi del «bonus-Covid» non possono di fatto essere responsabili. Ed è anche giusto che sia così, perché la vera responsabilità, politica, giuridica e di conseguenza anche morale, è di quegli insipienti che hanno fatto leggi sbagliate, insensate, improduttive (nella fattispecie elargendo denari a pioggia), che per il gusto di spendere e sprecare 100 miliardi di euro hanno lasciato aperte le maglie delle regole alla volontà egoistica di tizio o caio. Ma le leggi servono proprio perché, come diceva Rousseau, gli uomini non sono dei, perché altrimenti di leggi non avrebbero bisogno. Non è inutile, alla fine, ma semplicemente tartufesco e ipocrita appellarsi al «senso morale» dei cinque deputati affinché restituiscano un maltolto che legalmente maltolto non è. Ci si può sbizzarrire a insultarli sui social, ma i veri colpevoli sono quelli che hanno voluto quella legge, una legge senza qualità, adeguata alla vuotezza politica e alla retorica moralistica dei tempi decadenti in cui viviamo.
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.











