2019-06-14
I «giochi africani» del legionario Jünger in cerca d’avventura
Tradotta la biografia dell'autore tedesco scritta da Venner Una vita eroica, iniziata con una fuga in Algeria da ragazzino. Il futuro scrittore Ernst Jünger è nato ad Heidelberg il 29 marzo 1895. Suo padre, Ernst Georg Jünger (1868-1943), proveniente da un ceppo contadino della Bassa-Sassonia, era allora l'assistente del chimico Victor Mayer nell'università della città. Egli creerà più tardi un laboratorio d'analisi ed una farmacia, assicurando ai suoi una confortevole esistenza. La sua sposa, nata Carolina Lampl (1873-1950), aveva per origine una famiglia contadina cattolica di Franconia. Ella gli dette sette figli. Ernst era il primogenito. Essendo morti in tenera età due dei suoi fratellini, Hermann e Felix, la famiglia contò alla fine cinque figli. Friederich Georg (1898 -1977), saggista e poeta, autore di numerose opere, resterà legato al più anziano da una stretta complicità intellettuale per tutta la vita. I tre altri figli erano Giovanna Erminia (1899-1984), di cui si vede il grazioso viso regolare sulle foto familiari, Hans Otto (1905-1976), futuro fisico, e Wolfgang (1908-1975), che diverrà geografo. [...] «Non passava giorno», scriverà nel suo Diario, «in cui mio padre non mi parlasse d'Alessandro il Grande o di Napoleone al quale era consacrato un intero ripiano della sua biblioteca». Proprio come Goethe, questo padre aveva simpatia per i francesi e fece in modo che Ernst apprendesse la loro lingua. Egli organizzò anche per lui, molto giovane, un soggiorno linguistico in una famiglia francese.La prima pagella scolastica da ragazzino porta la menzione «manca d'attenzione». Questa osservazione si ritroverà spesso sui libretti a venire. Ernst sembra l'incarnazione di quegli scaldabanchi immaginosi e talentuosi, chiusi alle matematiche ma appassionati di letteratura, che si rivelano scrittori di razza. La sua passione per la lettura la deve alla madre, che gli ha lasciato in eredità la fantasia del suo spirito. Se rigetta le materie che lo annoiano, egli apprende il latino e il greco sul testo e compone poemi che indirizza alla stampa locale. Giovanissimo, legge Alessandro Dumas, i racconti di Karl May o ancora Giulio Verne. Già eclettico, legge pure la Bibbia che lo interessa per la storia dei beduini, degli omicidi e delle razzie. Legge egualmente Le mille e una notte, l'Edda islandese, Esiodo e Omero, che lasceranno in lui tracce profonde e contraddittorie. Più tardi, nel corso della sua adolescenza, leggerà Nietzsche e Maurice Barrès, che lo influenzeranno in maniera durevole. Ma legge anche Oscar Wilde, Edgar Poe, Stendhal, Balzac, Baudelaire. Prima della grande prova iniziatica della guerra, ha acquisito in un perfetto disordine un'ampia formazione dello spirito attraverso l'accesso diretto ai testi e ai loro autori. Essi hanno agito su di lui, svegliando una molteplicità di idee e d'emozioni, favorendo altresì la sua maestria del tedesco e del francese e dunque una capacità poco comune di esprimere pensieri o sentimenti. Nel senso classico della parola, egli ha studiato le sue scienze umanistiche, anche se ciò è avvenuto in maniera poco accademica. Il suo spirito è stato arricchito e coltivato in profondità, in proporzioni divenute rare un secolo più tardi. Per di più, col fratello preferito, s'è accostato vicino ad un mondo a volte pericoloso d'una natura inselvatichita. La sua preparazione è dunque particolarmente ricca ed equilibrata, restando completamente straniera alle convenzioni scolastiche [...].Ogni estate, le lunghe vacanze offrono ad Ernst e al fratello cadetto Friedrich Georg di vivere quel ch'essi sentono come la vera vita. Loro padre aveva comprato una vasta casa a Rehburg, a Nord-Ovest di Hannover. Dopo la prigione del convitto, grazie a questa dimora e al paese che la circonda, i due ragazzi scoprono un paradiso di selvatichezza. Ad un'ora di marcia da casa s'estende un lago immenso e poco profondo, lo Steinhuder Meer, da cui parte un ruscello che scorre tra boschi e paludi. Non una casa, non un villaggio all'orizzonte. «Tutto dava il sentimento d'una felicità insperata», scriverà Friedrich Georg. «Nessuno ci imponeva dei limiti». Lontani dai genitori, i ragazzi faranno di questo paese perduto un terreno di giochi proibiti. [...] Sacco in spalla, i due fratelli si sono pure aggregati ad un gruppo di Wandervogel («uccelli migratori»), importante movimento giovanile, libertario e völkisch, che raccomanda l'ecologia anzitempo, il ritorno alla natura, lontano dalle città e dal mondo borghese.Nel suo romanzo autobiografico La Fionda, Ernst Jünger ha raccontato con umorismo i bei colpi della banda di mascalzoni di cui egli era il capo. Suo fratello e lui sognavano scoperte e paesi tropicali. L'avventura coloniale era allora al suo zenith e la letteratura popolare ne cantava l'epopea. L'Africa sembrava il continente dove potevano realizzarsi i sogni più folli. Un'Africa in parte vergine e ancora poco popolata, quella che evocavano nei loro ricordi avventurieri come Stanley. I due fratelli divoravano queste storie, indignandosi al massimo che si fosse introdotta nell'eden africano la «civiltà», questa profanazione della selvatichezza. Ai missionari, medici e colonizzatori europei, essi preferivano di parecchio «i mercanti di schiavi arabi […] discendenti da Simbad il marinaio, figure ricche e degne in un mondo magico. Bruciare i villaggi, percuotere gli schiavi e far rotolare le teste nella sabbia non era loro buon diritto?».L'Africa, dirà Ernst Jünger, «era per me il culmine dello stato selvaggio e della primitività, la sola arena possibile per una vita d'una ampiezza quale intendevo che fosse la mia; e m'appariva evidente che, allorché avessi disposto della mia libertà, io vi dovessi andare». Nel novembre del 1913, a diciotto anni, egli intende concedersi questa libertà. In una notte di pioggia battente, sgusciando dalla casa paterna, parte di nascosto per la Francia, attraversando la frontiera e filando fino a Verdun per arruolarsi nella Legione straniera. Non sono le avventure guerriere che l'attirano. Col suo profumo esotico, la Legione sarà l'introduttrice al sogno africano. Arrivato a Verdun, il ragazzo sente scemare la sua risolutezza e il suo entusiasmo. Per tagliar corto e precludersi ogni ritorno indietro, brucia i vascelli, gettando i suoi marchi in una fognatura. Poi, al primo poliziotto incontrato chiede come arrivare all'ufficio di reclutamento della Legione. Il 3 novembre 1913, compila un formulario d'arruolamento barando sulla sua età. Qualche giorno più tardi, é diretto in treno verso Marsiglia e, di là, a Sidi Bel Abbès, dove viene incorporato nella 26° compagnia d'istruzione. La piatta e triviale realtà che scopre è lontanissima dai suoi sogni. In luogo del deserto immaginato, una triste caserma. Il suo primo esercizio consiste nello spostare pietre da un angolo del cortile ad un altro. Nel giro di tre settimane, la disperazione lo soffoca. Con un camerata più anziano, egli diserta per raggiungere quell'Africa che gli nascondono le mura de casermaggio. I due fuggiaschi saranno prontamente riportati indietro dagli indigeni, che ricevono un premio per questo genere di lavoro. Ed ecco Ernst chiuso nella prigione del reggimento di Bel Abbès. Suo padre lo tirerà fuori di lì. Avvertito da un'anima buona e usando le sue relazioni, questo genitore provvidenziale s'è recato a Berlino, all'ufficio degli Affari esteri che risolve questo genere di questione. Prendendo pretesto della menzogna sull'età di un arruolato minorenne, giunge a far annullare l'ingaggio, ottenendo il rimpatrio del fuggitivo. Egli gli spedisce un telegramma che conclude con questa raccomandazione: «Fatti riprendere in foto». Grazie a ciò, questa foto in uniforme della Legione prenderà posto nella saga visiva del futuro scrittore. Sempre pieno di saggezza, suo padre evita ogni rimbrotto. Giunge anche a promettere di trovargli posto in una spedizione tedesca per il Kilimangiaro, a condizione che superi il suo esame di maturità. Quale privilegio aver avuto per guida un padre così!