2020-01-18
Per Benetton & C. 10 miliardi, per le strade 5
Da quando esiste, Autostrade ha guadagnato quasi 10 miliardi, ma ne ha spesi per la manutenzione più di 5. Il tentativo di non perdere le concessioni si trasforma in una confessione involontaria sulla gestione Benetton.Autostrade non ha mai avuto un gran bisogno di comunicare situazioni di crisi. Tanto più che gran parte dei giornali italiani ha mostrato profonda simpatia nei confronti della famiglia Benetton. Dopo il crollo del ponte Morandi, che ha causato 43 morti, l'azienda, dal punto di vista della comunicazione, non ne ha azzeccata una.Giovedì sera si è tenuto il consiglio di amministrazione (che aveva l'obiettivo di evitare lo stop della concessione) al termine del quale è stata diffusa una nota. Praticamente una ammissione involontaria del fatto che la manutenzione in passato non sia stata sufficiente. «Programmati 7,5 miliardi di euro tra investimenti e manutenzioni», si legge, «Quasi triplicati gli investimenti. In crescita le spese di manutenzione rispetto al quadriennio precedente, in linea con le interlocuzioni con il ministero delle Infrastrutture». Dall'incipit della nota si capisce perfettamente che il piano strategico 2020-2023 vedrà una forte accelerazione delle due voci (quindi prima c'era una carenza notevole di spese). Senza che Aspi però decida di mettere sul piatto una mega fiche per rimborsare il paese per il crollo del Morandi. Nella parte finale dell'incipit si spiega che gli investimenti sono in linea con le richieste pubbliche. Non di più né di meno. Di fronte alla minaccia di revoca della concessione, i vertici dell'azienda si limitano a sbandierare cifre come se fossero elargizioni. Al contrario, l'assegno promesso sarebbe stato da staccare almeno un anno e mezzo fa, cioè ad agosto del 2018. Appena dopo il crollo del ponte. Invece ciò avviene solo ora di fronte alla minaccia del governo. Chi scrive non ha mai apprezzato l'idea di nazionalizzare alcunché. Però non si può nemmeno immaginare che un'azienda privata che ha beneficiato per quasi 20 anni di una situazione di monopolio arrivi a minacciare la controparte pubblica.Le interviste rilasciate sui giornali sono di questo tenore. C'è «preoccupazione per il futuro dei 7.000 dipendenti dell'azienda che lavorano con dedizione e per la possibilità di essere una risorsa per questo Paese», ha detto a Repubblica il nuovo ad Roberto Tomasi, «E nonostante tutti gli sforzi che stiamo facendo, non sarà semplice recuperare i downgrading finanziari. Penso che non sempre ci sia consapevolezza della complessità di questa società e del gruppo Atlantia, delle implicazioni sociali e degli impatti che un'eventuale revoca potrebbe comportare». Già la sera in cui nel Milleproroghe è spuntata la norma mirata a facilitare la revoca della concessione, Aspi aveva paventato la perdita dei posti di lavoro. Il nuovo ad è arrivato da pochi giorni, ma non basta dire che il suo incarico è quello di pensare al futuro. L'evento tragico di Genova non è un fatto finanziario transitorio. Concordiamo con lui sullo sciacallaggio contro il titolo e i prezzi delle obbligazioni. La Consob dovrebbe punire severamente chi diffonde notizie false o non ancora divenute vere. Giornalisti e operatori che sbagliano consapevolmente dovrebbero essere chiamati a rispondere di aggiotaggio. Ma non possiamo dimenticare che Autostrade per l'Italia da che esiste ha incassato poco meno di 10 miliardi di euro di utili, una buona fetta distribuiti in qualità di dividendi agli azionisti Benetton. Mentre ha speso poco più di 5,5 miliardi di euro per fare manutenzione. I soldi c'erano. E dovevano essere utilizzati per la sicurezza. Nel 1998, prima delle privatizzazioni e che Romano Prodi e Massimo D'Alema cedessero le strade alla famiglia di Ponzano Veneto, Autostrade fatturava meno 1,96 miliardi (dati attualizzati) e aveva costi di poco inferiori al miliardo e 400 milioni. Già nel 2001 il rapporto comincia a cambiare. I ricavi salgono a 2,05 miliardi e i costi scendono a 1,16. In molti potrebbero pensare che si è fatta ottimizzazione e risparmio. Il trend però prosegue e la forbice insegna qualcosa d'altro: che si è esagerato. Nel 2008 il fatturato sale a 2,88 miliardi e i costi salgono di una virgola e rimangono comunque sotto il miliardo e 400 milioni. Nel 2016 e 2017 c'è poi l'exploit. I ricavi in entrambe gli anni rasentano i 4 miliardi e i costi non superano mai il miliardo e mezzo.Senza contare che tutti in Italia sanno come sia cambiato il contesto. Il traffico su gomma è andato via via diminuendo per almeno due motivi. Il primo è l'avvento dell'alta velocità che ha modificato le abitudini dei viaggiatori. Il secondo fattore si chiama crisi economica, connesso all'aumento del prezzo del carburante. Dunque meno auto eppure più ricavi e utili. È proprio da qui che adesso bisogna ripartire e chiedersi se non sia il caso di prestare finalmente ascolto alla Corte dei conti che ha aspramente criticato i pilastri sottostanti alla concessione di Aspi. «Clausole contrattuali vantaggiose per i privati», hanno detto i togati sottolineando che manca concorrenza di mercato. La via da seguire è questa: nuove gare e non badare alle minacce ma solo ai numeri.
Jose Mourinho (Getty Images)