
Ex consigliere di Donald Trump verrà ascoltato dal Senato degli States riguardo al complotto sui rapporti del presidente con Mosca. Possibili legami con qualche pentastellato. Uno tsunami geopolitico di proporzioni gigantesche, partito dall'altra sponda dell'Atlantico e in procinto di abbattersi sulle nostre coste. Nato come filone del Russiagate (l'indagine sulla presunta e ormai smentita collusione del presidente Donald Trump col Cremlino), lo Spygate rappresenta il presunto piano ordito ai danni del presidente per danneggiare la campagna e minarne la reputazione. Parte della risposta a questo mistero potrebbe essere proprio in Italia, nascosta tra le pieghe di una vicenda della quale i media hanno parlato alcuni mesi fa e che pare caduta nel dimenticatoio. Ma che adesso, grazie ai nuovi sviluppi, è pronta a esplodere.Protagonisti di questo giallo George Papadopoulos, ex consigliere della campagna di Trump, e il maltese Joseph Mifsud, docente all'Università privata Link Campus di Roma, fondata dall'ex ministro Vincenzo Scotti. Nel 2016 Mifsud incontra Papadopoulos proprio alla Link, e lo introduce negli ambienti russi, millantando di essere in possesso di migliaia di email compromettenti firmate da Hillary Clinton. Il giovane consigliere casca nella trappola, ma quando se ne accorge è troppo tardi perché il Russiagate ormai ha già travolto tutti. Ora che la vicenda dell'ingerenza russa è scoppiata come una bolla di sapone, Papadopoulos verrà ascoltato dal presidente della commissione Giustizia del Senato americano, Lindsey Graham. Un'audizione nella quale lui stesso annuncia di voler rivelare dettagli scottanti anche sul nostro Paese: «Essere spiato da Fbi, Cia, Regno Unito, Australia e Italia non è uno scherzo, specie quando lo scopo era ordire un colpo di stato e interferire col processo democratico in America». Possibile che il governo guidato da Paolo Gentiloni e il Pd di Matteo Renzi non fossero a conoscenza di questa storia? Per questo le voci dicono che le confessioni di Papadopoulos potrebbero riservare brutte sorprese ai due politici dem. Nella vicenda potrebbe rimanere invischiato anche il M5s, non fosse altro perché dalla Link ha pescato a piene mani (il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e il viceministro degli Esteri, Emanuela Del Re, hanno insegnato proprio in quell'ateneo) e considerato che ora rischia di trovarsi alleato di governo con il Pd.La vicenda dimostra che destra e sinistra non sono le uniche direttrici entro le quali si muove la crisi di governo italiana. Da Washington seguono con attenzione le nostre fortune politiche arrivando, come raramente accaduto in passato, a sbilanciarsi sul risultato della partita. Prova ne è il fatto che negli ultimi giorni due tra i più diffusi quotidiani degli Ussa, Wall Street Journal e New York Times, hanno dedicato ampio spazio agli sviluppi della crisi, fornendo peraltro chiavi di lettura alternative. Nell'editoriale pubblicato martedì, il Wsj si è esposto sorprendentemente a favore del leader leghista: «Se gli sforzi per la formazione di un governo con un'altra maggioranza dovessero fallire», si legge nell'articolo, «gli elettori potrebbero dare un'altra possibilità a Salvini». A quel punto, a prescindere dalle rigide regole di bilancio, i «mandarini di Bruxelles» dovrebbero fare un bel bagno di umiltà e lasciare spazio al Capitano: «Un'Italia povera e non riformata non è una minaccia minore alla stabilità politica ed economica dell'Europa rispetto all'idea di rilancio che Salvini sta cercando di attuare tramite le riforme nell'ambito del fisco e della politica». Più tiepido ma decisamente meno favorevole all'opzione del ritorno alle urne il New York Times, che utilizza un tono molto critico nei confronti di Salvini, sottolineando il fatto che per molti analisti le elezioni vengono considerate uno «scenario da incubo». La replica
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.