
Questo frutto, conosciuto per aver dato il nome a una bibita, è in realtà il testimone di un incredibile incrociarsi di vicende.Nella memoria collettiva di gran parte dei «venticinque lettori» di questi annali di gola alla voce chinotto scatta immediato il refrain dei caroselli anni Sessanta, quelli di Una Rotonda sul Mare sulle note di Fred Bongusto, con le bollicine «dal gusto un po' così» che solleticavano il palato. Ricordi in bianco e nero ritornati a colori negli ultimi anni, per una riscossa di questo frutto, conosciuto per aver dato il nome a una bibita, testimone in realtà di un incredibile incrociarsi di storie tra mari lontani, rotte commerciali di velieri che hanno riunito popoli, usi e costumi diversi. Chi osa proseguire vedrà come, quella che riteneva solo una bevanda gasata, in realtà è un semplice lasciapassare per entrare in un mondo ricco di ben altri scenari.L'origine è asiatica, a scavalco tra le boscaglie della Cina meridionale e l'Indocina fino alla Malesia di Sandokan. Una pianta come tante, ma dal profumo intenso, dovuto alla serbevolezza, ovvero la capacità di mantenere a lungo le sue proprietà. Ci hanno pensato i portoghesi a diffonderla, attraverso le rotte che, dalla cinese Macao, facevano tappa con le loro merci a Goa, sul versante indiano occidentale. Da lì alle coste dell'Algarve il passo non era breve, settimane di navigazione con lo scorbuto in agguato. Di necessità si fa virtù e i marinai scoprirono che quel piccolo frutto verde, dai profumi avvolgenti, in realtà era ricco di vitamina C. Tuttavia di un amaro a prova di gola. Detto fatto. Si diluiva il succo con acqua e zucchero e si conservava nelle botti. Ma dato che (anche) le vie del chinotto possono essere infinite, prima dei portoghesi, nel X secolo, ci avevano pensato gli arabi. Tracce del chinotto si trovano in Persia, nella penisola arabica e da lì, poi, al Mediterraneo. Il chinotto prende a diffondersi in Andalusia, a Granada, a Toledo fino a lambire le coste francesi e poi italiane, partendo dalla Sicilia e risalendo lungo il Tirreno. I chinotteti abbelliscono giardini regali, come a Napoli, ma li troviamo anche dove il microclima li poteva valorizzare, lungo la costa amalfitana prima o l'Argentario poi. I profumi del chinotteto di villa Doria Pamphilj allietavano le passeggiate silenziose di papa Gregorio XVI, come di Luigi XV lungo i giardini di Versailles. Chinotto, quindi, ingrediente di raffinate preparazioni che vedevano impegnati laboratori a Marsiglia come a Colonia (la sua famosa «acqua» comprende agrumi quali bergamotto e chinotto) fino alla lontana Aleppo, ma anche l'inventiva dei nostri geniali alchimisti veneziani o fiorentini. Tuttavia il chinotto è una pianta delicata. Risente degli eccessi di Giove pluvio come di prolungate siccità. Nel 1709 una grande gelata invernale, seguita da una estate fredda e piovosa, decimò le piantagioni lungo gran parte della costa mediterranea. Da lì il cambio di passo. In Costa Azzurra, sin dal 1780, operava Elizière, un piccolo laboratorio che produceva confetture e canditi. La proprietà passò un secolo dopo a Silvestre-Allemand che individuò nel Ponente Ligure una varietale più adatta alla lavorazione. I chinotti erano arrivati in Liguria nel '600, quando i genovesi avevano conquistato ai turchi l'isola di Chio, nel Mar Egeo. Le innovazioni tecnologiche portate dai francesi stimolarono anche i locali a vedere nel chinotto una nuova fonte di reddito. Tre quarti del raccolto prendeva la via delle Gallie, per la produzione di sapone e derivati, il resto veniva lavorato in loco. Diffusi al punto da segnare i confini tra le varie proprietà.Nel 1887 nasce la Società produttori chinotto, con 152 soci. Lo statuto del 1902 disciplina la destinazione d'uso in base al calibro, suddiviso in tre pezzature. Nei caffè della Belle Epoque i chinotti canditi sono serviti con un cucchiaio di maiolica, immersi in seducente maraschino. Negli anni dell'autarchia si affina l'ingegno e si fa tesoro dell'intuizione dei marinai portoghesi. Il chinotto si impone quale orgogliosa risposta identitaria alla Coca cola yankee. Nelle quaresime della costa ligure diventa ambita prova di selezione. Solo chi se ne mangia uno (nature, cioè amarissimo) può portare la croce nelle processioni del venerdì santo. Gli anni del boom economico, usando tecniche e strategie mirate, lo impongono all'attenzione. Testimonial dai cartelloni pubblicitari uno dei sex symbol dell'italian way of life, Sofia Loren, con le bottiglie di chinotto, in versione da parata, che scorrazzano per le strade delle località balneari su imponenti supercar americane al motto di «c'è chi beve la solita roba e chinò». Maestro in questo un piccolo imprenditore laziale di Capranica, Pietro Neri. Segue un periodo di lento declino. Le coke a stelle e strisce si impongono progressivamente anche perché alcune annate dal clima capriccioso hanno ulteriormente penalizzato la coltivazione di questa pianta tanto fascinosa quanto delicata. Ma il riscatto è alle porte. Ci pensa Roberto «Freak» Antony, indimenticato leader degli Skiantos, gruppo rock demenziale, al ritmo di «quel kinotto dal lattaio… un kinotto ogni due ore/è una gran viaggio da signore … il kinotto è come un mantra/ti disseta e poi ti incanta». Nella riscoperta delle meraviglie della porta accanto il chinotto diventa protagonista. Si forma un consorzio di produttori presieduto da Marco Abaton. Presidio Slow Food dal 2004. I frutti, interi o a spicchi, sono ottimi sotto spirito nel dar luogo ad aperitivi o quali guarnizioni di dolci. Con il succo si possono fare birre artigianali come liquori. Con la polpa marmellate, mostarde. Dalle foglie secche si ottengono infusi, tisane, come saponi o creme detergenti dalla scorza. Dei fiori, un tempo ottimi elementi decorativi, si è riscoperta la loro capacità di dar luogo a profumi, come essenze ambientali per la casa. Molte di queste elaborazioni sono utili per le loro proprietà digestive, antinfiammatorie, antiossidanti, conciliano il sonno. Tuttavia il viaggio alla scoperta del chinotto ritrovato non può finire qui, complice anche la fantasia italica. Ecco che, al cuba libre (coca e rum), si contrappone l'italian libre (rum, chinotto e limone), senza per questo negarsi il chinetto (con l'amaretto). Seduti a tavola le sorprese continuano, a testimonianza della versatilità del frutto e della fantasia dei cuochi. Mostarde o marmellate ci stano bene con salumi e formaggi, ideali quelli caprini. Gianluca Canepa, a Stella san Giovanni, il paese natale di Sandro Pertini, si è inventato il ragù di chinotto con pappardelle alle castagne, mentre sulle rive del lago di Verbania Marco Sacco vi può tentare con il risotto 3C: carnaroli, cotechino e chinotto. Versatile con il pesce, trancio di salmone con purea di zucca oppure spiedini di branzino, e con le carni, assieme a medaglioni di prosciutto e «barbagiuai» (frittelline di zucca aromatizzata). Ai dolci non c'è che l'imbarazzo della scelta. Quelli canditi sono il souvenir preferito di chi lascia Savona (magari dopo aver percorso i tour del chinotto, alla scoperta delle mille bellezze di questi luoghi), ma si può passeggiare coccolandosi i cinque sensi con il gelato alla crema e chinotto e, al palato della staffa, ecco il panettone con olive taggiasche e chinotto candito sfornato da Marco Visciola. Chinotto testimonial, tirato un po' per la giacca, anche in altri contesti. Tra gli slogan dei manifestanti a Genova, nel 2001, è apparso «un Chin8 contro il G8». Non poteva mancare un ironico Silvio Berlusconi, nel 2012, dopo il ribaltone subito nell'anno precedente, «torna Batman al cinema, torna Beautiful in tv e torna di moda il chinotto… non ho capito, ma solo io non posso tornare?». Ai posteri.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.