I principali detentori sono Europa, Giappone e Cina: vendite e aumenti dei rendimenti dei titoli di Stato sono una minaccia. Per Trump la sfida è inserire il sostegno ai Treasury nei negoziati togliendo armi al Dragone.
I principali detentori sono Europa, Giappone e Cina: vendite e aumenti dei rendimenti dei titoli di Stato sono una minaccia. Per Trump la sfida è inserire il sostegno ai Treasury nei negoziati togliendo armi al Dragone. Il dollaro che perde il 2% sull’euro (una enormità per un mercato grande e molto liquido come quello delle valute) e la necessità di garantire la stabilità dell’immenso debito Usa: quasi 37.000 miliardi di dollari che costano 1.200 miliardi l’anno. Mediamente 100 miliardi di dollari al mese. Una cifra colossale che rende ricattabile la superpotenza Usa: gran parte di questi titoli infatti sono in mano a cinesi, europei e giapponesi. Una condizione di debolezza in base all’antico principio che il creditore possiede non solo il portafoglio del debitore ma anche il suo cuore. La forza degli Stati Uniti, più che sulle portaerei poggia sulla sicurezza dei suoi titoli di Stato, considerati un porto sicuro contro ogni turbolenza e sull’affidabilità del dollaro. Se la fiducia dei mercati su questi valori si incrinasse non basterebbero le portaerei per ripristinare l’ordine.Nelle ore immediatamente precedenti allo stop sui dazi qualcosa è sembrato cambiare. Pesanti vendite hanno colpito i Treasury. L’ondata si è intensificato dopo che la Cina ha annunciato l’innalzamento dei dazi sulle merci americane. E così il Treasury a 30 anni ha raggiunto massimi che non vedeva dall’ottobre del 2023, proprio quando Bill Ackman, il numero uno del fondo Pershing, con un post sull’allora Twitter, decise di mettere fine alla svendita del debito americano. Lo stesso Bill Ackman, trumpiano ora pentito, chiede alla Casa Bianca di spostare di 90 giorni l’entrata in vigore dei maxi dazi. Donald Trump inizialmente ha provato a non sentire. Ha cambiato idea quando il trentennale per un attimo ha toccato anche il 5% e il decennale si è riavvicinato al 4,5%. Se i rendimenti salgono vuol dire che qualcuno vende, ma chi? La Cina non ha solo i dazi come arma contro Donald Trump e proprio i Treasury potrebbero essere un possibile mezzo di ritorsione. Questo perché Pechino ha in mano 759 miliardi di dollari di titoli Usa, che sommati ai 255 di Hong Kong mettono Pechino in testa alla lista dei grandi creditori degli Usa insieme con il Giappone. Dunque l’arma efficace è quella di vendere i Treasury sul mercato, anche perché Trump non può permettersi che i rendimenti continuino a salire, visto che il costo del debito americano ha già raggiunto quota 1,2 trilioni di dollari, addirittura oltre il budget per la Difesa. La situazione stava peggiorando perché Bill Ackman, rispetto al 2023, sembrava predicare nel deserto. E allora Deutsche bank prevede in queste ore proprio un intervento, addirittura d’emergenza, della Fed con acquisti di titoli di Stato americani, qualora la turbolenza sul mercato dei bond dovesse continuare. Non solo, secondo le scommesse del mercato al momento sono oltre il 60% le chance di un taglio dei tassi da parte della Fed a maggio. Se però si vende debito americano, qual è allora il nuovo porto sicuro? La Germania, nonostante abbia votato un paio di settimane fa di aumentare fino a 800 miliardi il debito pubblico. Mentre il rendimento dei titoli del Tesoro Usa a 10 anni sale di oltre 4 punti percentuali a al 4,38%, l’omologo Bund tedesco aumenta a circa il 2,6% dopo forti acquisti per tutta la giornata. I rendimenti e i prezzi delle obbligazioni si muovono in direzioni opposte, poiché gli investitori pretendono un prezzo più basso sulle obbligazioni e un rendimento più elevato sui prestiti concessi ai governi che ritengono più rischiosi. «Tradizionalmente si sarebbe potuto entrare negli Stati Uniti durante un periodo di volatilità, ma questa è una storia che riguarda solo gli Stati Uniti. La Germania sta beneficiando di una più ampia fuga verso la qualità», ha dichiarato a Cnbc Ken Egan, direttore senior per i titoli sovrani dell’agenzia di analisi del rating Kbra. In tutto ciò qual è l’impatto sul debito italiano? Ecco, il nostro Btp non si salva dalle vendite con il rendimento del decennale che si riavvicina nuovamente al 4% e lo spread Btp Bund che come conseguenza è tornato di nuovo sui 130 punti base.Ma ora che cosa succederà? Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte (gruppo Banca Generali) prova a dare una lettura che non è solo finanziaria ma anche geopolitica. «Gli Stati Uniti hanno aumentato i dazi verso la Cina», segnando una linea di frattura ancora più netta fra i due Paesi. «La mossa non è casuale: ha il sapore di un messaggio politico ben preciso». Trump vuole dimostrare di poter fare a meno della Cina come acquirente dei suoi titoli di Stato, grazie al rinnovato interesse del resto del mondo. Questo gesto ha tutta l’aria di essere sia una pressione negoziale sia una dimostrazione di forza. Cesarano ipotizza un accordo tacito tra gli Stati Uniti e gli investitori esteri: sostenete i titoli di Stato e in cambio otterrete meno dazi. Un’ipotesi che trova conferma nei numeri. Nell’asta dei Treasury a 10 anni, si è registrato un vero e proprio record storico, con l’88% di sottoscrizioni provenienti dall’estero. Poco dopo, Trump ha annunciato la sospensione dei dazi.
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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