
La quarta serie, al via il 29 marzo, con la svolta economica dopo la morte di Ciro. Saviano la butta come sempre in politica: «Si racconta il collasso del nostro Stato».Ciro Di Marzio si è inabissato nel mare davanti a Napoli. L'Immortale è morto sotto il peso del piombo, ammazzato da un fuoco che avrebbe dovuto essergli amico. Il ricordo, tuttavia, di quel criminale, protagonista di Gomorra da che la serie ha visto la luce, è rimasto vivo, ed è croce e tormento di chi a Ciro è sopravvissuto. La quarta stagione di Gomorra, al debutto su Sky Atlantic e su Sky Cinema Uno alle 21.15 di venerdì 29 marzo, muove i primi passi dall'angoscia, umana, che l'esecuzione di Ciro si è portata appresso. Un'angoscia tanto vivida, pulsante, un'angoscia capace di spingere Gennaro Savastano (Salvatore Esposito) ai margini di Secondigliano.Il figlio mai all'altezza del boss che Napoli piange si tramuta in uomo. E, da uomo, sceglie la propria famiglia. Savastano, con l'inizio di Gomorra 4, lascia Secondigliano nelle mani di donna Patrizia (Cristiana Dell'Anna) e di Geraldo Levante (Gianni Parisi), «madre e padre di una pace» artificiale. Se ne va, e con questi parte l'evoluzione di Gomorra, decisa ad abbracciare la vastità di un territorio che non comprende le sole Vele di Scampia, i quartieri spagnoli o le viuzze del centro partenopeo. «Gomorra 4 ha una svolta: la svolta dell'economia, della finanza della politica», dice Roberto Saviano, che alla conferenza romana della serie Sky ha dato il proprio contributo video. «Emerge, da Gomorra, un'Italia che è il Venezuela dell'Europa. È una stagione profondamente politica, questa: un'economia sana praticamente non esiste. È tutto compromesso: corruzione, mediazione. È una stagione dove i colletti bianchi hanno un ruolo importante e dove emerge la terra dei fuochi», spiega Saviano, suggellando in poche parole la metamorfosi di Genny, camorrista prestato all'imprenditoria, e il valore simbolico che questa dovrebbe avere.Gennaro Savastano, che Secondigliano affida alle cure dello zio Geraldo, camorrista di campagna, si reinventa imprenditore. Anela a costruire il più grande aeroporto che la Campania abbia mai avuto e, mentre Enzo (Arturo Muselli) annaspa e la moglie Azzurra (Ivana Lotito) cresce «strategicamente», si affida a un ingegnere di comodo. Uno cui la facciata borghese è necessaria per ficcare le mani nel sudiciume di ricatti e raggiri. «(Da Gomorra) emerge un racconto che non ha paura di affrontare il collasso del nostro Stato, raccontato dalla politica come un Paese che si sta riprendendo. Gomorra non ha paura di raccontare la ferita, la contraddizione. Dà fastidio? Dia fastidio. E che sia intrattenimento, perché è una serie, deve intrattenere», dice Saviano, sopravvalutando, forse, il potere politico, fattuale, del prodotto cui, insieme a cinque registi, ha dato vita. Gomorra, di cui Sky ha confermato la quinta stagione, è un prodotto bello, di successo. Un prodotto che, come rimarcato dall'executive vice president di Sky, Nicola Maccanico, ha saputo aprire «la nuova frontiera dell'audiovisivo italiano». Ma dare fastidio, questo, non ha saputo (né avrebbe dovuto) farlo. Non ai piani alti, almeno. A lamentarsi per l'immagine di Napoli veicolata dalla serie è stata l'Italia che dalla camorra vorrebbe prendere le distanze. «È intrattenimento», si era detto allora. E intrattenimento, senza pretese moraleggianti, dovrebbe continuare ad essere.Saviano, alla serie che, quest'anno, sarà diretta (anche) dal Marco D'Amore interprete di Ciro, dà un significato di troppo: «(Gomorra) fissa in volto il puzzo dei soldi. Sì, perché i soldi danno puzzo», sentenzia, forse illudendosi, con il proprio video, di essere trasmutato e aver assunto le fattezze di San Francesco.
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Il leader del Pd collega l’attentato al cronista di «Report» al governo: «Con l’estrema destra a rischio libertà e democrazia». Ma le vere minacce ai giornalisti arrivano da malavita e terrorismo, non certo dalla politica.
Maurizio Landini (Ansa)
Ocse e avvocati britannici chiedono di eliminare le allusioni al genere maschile nel linguaggio. Sono manie di cui la gente, ormai, ha la nausea (come gli spettatori della Bbc). Ma dato che l’hanno imposta, Landini & C. ora dovrebbero subire la stessa gogna woke.
Sigfrido Ranucci (Ansa)
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Edoardo Raspelli (Getty Images)
Cinquant’anni fa uscì la prima critica gastronomica del futuro terrore dei ristoratori. Che iniziò come giornalista di omicidi e rapine di cui faceva cronaca sul «Corriere d’informazione». Poi la svolta. Che gli procurò una condanna a morte da parte del boss Turatello.