I professionisti dell'accoglienza
- Da Mimmo Lucano a Giusi Nicolini fino a Laura Boldrini e Cécile Kyenge: tifare per gli stranieri consente di ottenere visibilità e fama. Anche se non si hanno meriti.
- A Palermo e Napoli difendono i profughi mentre gli italiani diventano più poveri. Durante i mandati di Orlando e De Magistris, le loro città hanno conosciuto un tremendo aumento della miseria. Parola di Caritas.
- Pantomima della Toscana. La Regione fa ricorso contro il decreto Salvini. Il governatore Rossi annuncia: «Ci rivolgeremo alla Consulta» Ma gli altri amministratori locali progressisti restano titubanti.
Lo speciale contiene tre articoli e una gallery fotografica degli «accoglienti di professione».
Da anni ci ripetono: «Dobbiamo far entrare gli immigrati, ne abbiamo bisogno». E ogni volta che pronunciano parole simili sono assolutamente onesti. Noi non abbiamo bisogno delle masse di stranieri in arrivo dal Mediterraneo. Ma loro - quelli che Maurizio Belpietro ha definito «i professionisti dell'accoglienza» - ne hanno bisogno eccome. Senza i migranti non potrebbero esistere. Senza i barconi, i loro discorsi gravidi di umanità e di passione si ridurrebbero a latrati dispersi nella foschia.
Il migrante, per costoro, è la copertura perfetta. È il velo pietoso sotto cui si nascondono polvere e fallimenti. È la vittima per eccellenza, e chi ne parla facendo esibizione di buoni sentimenti è al riparo dalle critiche: nessuno oserà, come scriveva Leonardo Sciascia, «rimproverargli lo scarso impegno amministrativo», anche se «dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occuparsi dei problemi del paese o della città che amministra». Ne sanno qualcosa Luigi De Magistris e Leoluca Orlando: Napoli e Palermo, le loro città, sono allo sfascio. Ma che volete, i due sono tanto preoccupati per i poveri clandestini, mica possono occuparsi d'altro.
Soprattutto, però, il migrante è uno straordinario propulsore. È uno strumento insuperabile per emergere dall'anonimato e far carriera nel mondo peloso della politica. Facciamo un esempio: chi di voi, ieri, avrebbe dedicato anche solo un secondo del suo tempo a Enrico Rossi, il governatore della Toscana? Quale giornale nazionale ne avrebbe celebrato le imprese? Eppure il suo nome rimbalzava su tutti i siti d'informazione. Rossi ha annunciato che «contro il decreto sicurezza del governo la Regione Toscana farà ricorso alla Corte costituzionale». Se avesse inviato alla stampa qualche dichiarazione sulla sanità nella sua Regione, sulla viabilità o qualche altro argomento di pubblico interesse, nessuno l'avrebbe degnato di uno sguardo. Invece ha parlato di migranti, ed ecco che i media hanno aperto le orecchie. Non per nulla, a stretto giro anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, si è precipitato a dare ragione all'amico sinistro toscano. Rossi conosce bene il meccanismo: nel 2014 si fece fotografare assieme a una famiglia rom («Sono i miei vicini di casa») e subito finì sotto i riflettori. Perché i migranti regalano pubblicità e copertine (come l'ultima dell'Espresso) a costo zero. La difesa delle minoranze paga, e infatti l'Italia è piena di quelle che Sciascia definiva «persone dedite all'eroismo che non costa nulla». Il caso più emblematico è quello di Giusi Nicolini (Pd), ex sindaco di Lampedusa, la professionista dell'immigrazione per eccellenza. Ignota ai più, snobbata dai suoi concittadini alle Amministrative del 2017. Eppure va in televisione, ha scritto libri, ha partecipato ai vertici Ue ed è stata a cena con Barack Obama alla Casa Bianca. Tutto grazie ai migranti che invadevano Lampedusa (e alle collaborazione con l'Open Society di George Soros). Niente male, no?
E che dire di Laura Boldrini? Lei, grazie agli immigrati, è diventata addirittura presidente della Camera. Giornalista, addetta stampa. Poi la svolta: l'incarico di portavoce dell'Unhcr e le sue intemerate sui profughi le hanno spalancato le porte del Parlamento. La snervante insistenza sull'accoglienza le ha donato celebrità e oggi la troviamo ancora sulla breccia, più battagliera che mai.
Un po' più accidentato è il sentiero percorso da Domenico Lucano, ex sindaco di Riace. Da signor nessuno si è guadagnato titoloni sui maggiori giornali del mondo. Perfino oggi - indagato, arrestato, allontanato dal suo Paese - gode di inviti in prima serata sulla tv pubblica e si atteggia a santone. E c'è perfino qualcuno che osa dire che Lucano sui migranti non ha lucrato...
Sul piccolo schermo imperversa anche l'assessore alle Politiche sociali di Milano, Pierfrancesco Majorino, quello che organizza marce pro migranti e pic nic con i richiedenti asilo. Poi, certo, per mesi e mesi la stazione Centrale milanese si è trasformata in un bivacco di clandestini, ma intanto lui emergeva come un giovane rampante del Pd. Lo stesso partito che ha portato in Consiglio comunale, sempre a Milano, Sumaya Abdel Qader, la prima donna velata dalla testa ai piedi, nota per il suo impegno a favore dei musulmani e degli stranieri. Per gli stessi meriti è diventata ministro e poi europarlamentare Cécile Kyenge, premiata dal solito Pd perché più interessata ai diritti degli africani che alla sorte degli italiani. Ha beneficiato dell'accoglienza due volte: come straniera prima, come politica poi.
I professionisti dell'accoglienza accusano Salvini e la Lega di sfruttare i migranti per ottenere consenso. Ma i primi sfruttatori sono loro: usano i migranti, però i consensi li perdono. Come Emma Bonino, una che considera l'Africa «il giardino d'infanzia dell'Europa» ma viene riverita più di Maria Goretti. Non avrà incarichi di potere, ma continua a esercitare un'influenza decisiva. Del resto, le carriere dei nostri professionisti prescindono dai voti. Nicola Fratoianni, per esempio, occupa il video perché ama andare in crociera sulle navi delle Ong, mica grazie ai risultati di Sinistra italiana. Un po' come il povero Pippo Civati, il quale però è talmente sfortunato che nemmeno i migranti lo hanno salvato dalla semi estinzione. E fin qui abbiamo parlato solo di politici o presunti tali, ma l'elenco dei professionisti dell'accoglienza è sterminato: dai preti in stile don Massimo Biancalani a personaggi come Mario Morcone, passato dalla gestione della pratica migratoria per il Viminale alla difesa dei diritti degli stranieri nel Consiglio italiano per i rifugiati.
Ah, e poi c'è Roberto Saviano: è professionista sia dell'antimafia che dell'accoglienza. Perciò spesso dimentica di essere solo uno scrittore.
A Palermo e Napoli difendono i profughi mentre gli italiani diventano più poveri
Nel celebratissimo discorso di fine d'anno il Presidente della Repubblica ha ricordato gli immigrati che risiedono nel nostro Paese collaborando attivamente alla sua economia e al suo sviluppo. Peccato che il problema dell'Italia, tra gli altri, sia e resti l'esercito di disperati in continua, incessante crescita.
Sarebbe disdicevole ammettere la necessità inderogabile di invertire la rotta: mentre si difende l'Europa, questa Europa, ammettere che l'Italia è il Paese che ha più poveri di tutto il continente - compresi Stati come la Romania o la Lituania, che ci mandano le badanti per assistere anziani di cui nessuno si cura. Sergio Mattarella ha elogiato il nostro welfare e viene da chiedersi quale Italia conosca, ma soprattutto ha insistito sulla retorica dell'accoglienza. Ed è stato così convincente che a 72 ore del suo discorso Leoluca Orlando e Luigi de Magistris, sindaci di Palermo e Napoli, hanno dato luogo alla disobbedienza contro il decreto Salvini, seguiti idealmente dal più pavido Dario Nardella, vice Renzi in quella Firenze di cui oggi è sindaco, e dalla stellina ex cinque stelle di Parma, il sindaco Federico Pizzarotti che critica il decreto sicurezza affermando che genererà più irregolari di prima. È una balla, lo sanno tutti: ma fa comodo dirlo.
Il decreto, anzi meglio la legge sulla sicurezza, semplicemente riconosce a chi è entrato illegalmente nel territorio della Repubblica, quel territorio che Mattarella avrebbe il dovere di difendere, la qualifica che gli spetta: clandestino. Sarebbe facile ricordare che Innocent Oseghale lo squartatore di Pamela Mastropietro, o gli stupratori assassini di Desirée Mariottini erano richiedenti asilo, ma il punto non è questo. Viene da chiedersi se questa sinistra di arruffapopoli in nome dell'accoglienza sappia di quello di cui sta parlando. Perché Sergio Mattarella non ha detto una parola sui migranti italiani? Lo sa il nostro Presidente della Repubblica che, secondo l'Ocse, che la sinistra prende tanto sul serio su delicate questioni economiche, l'Italia è l'ottavo paese al mondo per numero di emigrati: appena dopo il Messico ma prima di Vietnam e Afghanistan? Siamo tornati alle cifre dell'immediato dopoguerra. Tito Boeri, il sinistro presidente dell'Inps, ha dovuto ammettere che in effetti c'è stato un incremento di emigranti italiani: ne certifica 115.000 usciti tra il 2016 e il 2017 (governo di Paolo Gentiloni), con un incremento dell'11%. Ma le cifre sono altre, e le ha fornite non una perniciosa organizzazione di destra, bensì l'Idos (Caritas, Chiesa Valdese e Unas) che stima in 285.000 gli italiani andati via con un incremento del 50% negli ultimi dieci anni. La cifra è quasi pari al picco massimo che si ebbe negli anni 50: 290.000 emigranti. Ma stavolta non partono quelli con la valigia di cartone: ad andarsene sono giovani al di sotto dei 35 anni, di cui un terzo laureati, che lasciano non il Mezzogiorno ma le regioni supposte ricche, generando un danno economico al Paese pari a 168.000 euro per ogni laureato, e a 250.000 euro per ogni dottorato in ricerca. Non vanno, in maggioranza, a fare le professioni qualificate: spesso si accontentano di un posto da cameriere o da autista a Londra, Manchester o Colonia piuttosto che starsene a casa a guardare il nulla. Ma a loro il Presidente della Repubblica che dice?
Perché di questa emergenza emigrazione nessuno parla? Come nessuno parla dell'immensa contraddizione che c'è in chi continua a parlare di accoglienza, di porte e porti aperti ai migranti. La rende palese, involontariamente, la Caritas che ammette: la povertà non risparmia più nessuno, sta travolgendo anche giovani e giovanissimi italiani. Tanto per avere un'idea sempre con Paolo Gentiloni, successore di Matteo Renzi, la povertà è cresciuta in Italia dal 2016 al 2017 del 15%, e tanto per avere un'altra idea si sa che i minori in povertà assoluta sono schizzati a oltre 1,3 milioni, e che la povertà dal 2008 al 2017 è cresciuta in Italia del 185%. Ma chi sono questi poveri? Sono migranti che non hanno trovato lavoro, ma sono anche italiani. Anzi, negli ultimi cinque anni le famiglie italiane scivolate in povertà assoluta sono aumentate del 30%: a queste si aggiungono 9,8 milioni di italiani in povertà relativa: quelli che fanno fatica a mangiare due volte al giorno!
Ebbene, di tutti questi nessuno si cura, non il Presidente della Repubblica, non i sindaci che si schierano contro Matteo Salvini. Sarebbe il caso che Leoluca Orlando dicesse perché Palermo ha il 7,3 % di famiglie in povertà assoluta e il 24% in povertà relativa. Durante la sua sindacatura, le famiglie povere sono passate da 800 a 2.000, le occupazioni abusive di immobili sono aumentate da 200 a 650, i clochard sono più che raddoppiati e oggi la questura ne conosce 280. E sa che da Palermo durante la sua sindacatura sono partiti 46.000 giovani, emigrati per lo più nel Nord Italia? Per loro ci sono le stesse porte aperte che Leoluca Orlando, il censore di Giovanni Falcone, pretende per i migranti? E Luigi de Magistris sa che nella sua Napoli il 37% dei giovani non studia e non lavora, e che la disoccupazione giovanile è sopra il 50%? E che dalla sua città negli ultimi cinque anni sono emigrati 80.000 giovani? Lo sa che è la città che conta più italiani poveri? Nella sua città il 30% delle famiglie è nell'area della povertà, il 9,8% è in povertà assoluta. Sono migranti? Nemmeno per sogno: sono italiani.
L'allarme lo dà ancora la Caritas, che nel suo rapporto sulla Campania racconta di come siano oltre 24.000 gli italiani assistiti nella sola città di Napoli, dove il 36% delle famiglie denuncia un reddito compreso tra 0 e 10 mila euro. Ma De Magistris vuole più migranti, e con lui li chiedono a gran voce tutti i buonisti del Pd e dintorni. Per fare che? Per mantenere il business dell'assistenza, ora entrato in crisi, con le Coop rosse e quelle diocesane che licenziano o che finiscono sotto processo come a Prato, dove hanno arrestato Loretta Giuntoli - gestisce 8 centri di accoglienza - che, secondo l'accusa, si intascava i famosi 35 euro al giorno per migrante? Per alimentare una futura macchina del consenso fondata sul voto di scambio con i migranti? Ma al sindaco di Napoli non basta sapere che a 35 chilometri da Palazzo San Giacomo c'è la capitale della mafia nigeriana per domandarsi se la politica dei porti aperti abbia generato un mostro?
A Castel Volturno, su 25.000 residenti ufficiali, ci sono altri 25.000 nigeriani fantasma che spacciano, gestiscono la prostituzione, il traffico di organi, hanno stretto un patto di non belligeranza con i Casalesi e lì lo Stato, quello Stato che i sindaci anti-Salvini vogliono delegittimare, non può entrare. Ma per fortuna arrivano via etere gli auguri di Sergio Mattarella.
Carlo Cambi
Pantomima della Toscana. La Regione fa ricorso contro il decreto Salvini
La sinistra si affida alla sua ultima «riserva indiana», quella degli amministratori locali, per sparare bordate demagogiche contro il decreto varato dal ministro dell'Interno Matteo Salvini, ma su tempi e modalità di questa battaglia si procede in ordine sparso.
Ieri il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha annunciato il ricorso alla Corte costituzionale contro il Decreto sicurezza.
Una iniziativa per ora solitaria: la presidente dell'Umbria, Catiuscia Marini, sta «approfondendo gli aspetti relativi al ricorso alla Consulta»; Sergio Chiamparino, presidente del Piemonte sta «valutando se esistono i fondamenti giuridici per un ricorso»; Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, non si è espresso.
Si tratta di presidenti di Regione del Pd, che sanno bene come il tema della sicurezza sia molto sentito da quel che resta del loro elettorato. Infine, Vincenzo De Luca, presidente della Campania, anche lui del Pd, pur dicendosi critico su alcuni aspetti del decreto ha rilasciato dichiarazioni assai chiare: «La sinistra», ha detto De Luca, «continua nella sua propensione a farsi del male con le proprie mani. La sinistra si colloca sul piano di chi vuole accogliere tutti e appare inconsapevole del fatto che anche i flussi migratori hanno determinato problemi di sicurezza veri».
Il ricorso della Toscana sarà oggetto di una delibera della giunta regionale, che verrà approvata domani. Enrico Rossi esprime anche «pieno sostegno alla protesta dei sindaci che fanno bene a ribellarsi ad una legge disumana che mette sulla strada, allo sbando, decine di migliaia di persone che così diventano facile preda dello sfruttamento brutale e della criminalità organizzata, aumentando l'insicurezza. La materia sanitaria, assistenziale e l'istruzione», aggiunge Rossi, «sono materie concorrenti su cui le Regioni, per il titolo V della Costituzione, hanno potere di legiferare».
Immediata arriva la replica del vicepremier Matteo Salvini: «Ci sono», sottolinea Salvini, «119.000 toscani (pari a 53.000 famiglie) in condizioni di povertà assoluta, si contano quasi 22.000 domande per ottenere una casa popolare in tutta la Regione, si registra una sanità criticata da medici e utenti per le liste d'attesa, i tagli e i turni di lavoro massacranti. Eppure il governatore Enrico Rossi straparla del Decreto sicurezza che dà più legalità, risorse e strumenti agli amministratori locali. Lui», conclude Salvini, «pensa ai clandestini, noi agli italiani».
Curiosità finale: tra i presidenti di Regione del Pd, l'unico che si dice pronto ad affiancare Rossi ricorrendo subito alla Consulta è Mario Oliverio, governatore della Calabria, dallo scorso 17 dicembre sottoposto all'obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza.
Oliverio, coinvolto in una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è indagato per abuso d'ufficio e corruzione in relazione a due appalti gestiti dalla Regione.
Carlo Tarallo





