2024-01-17
Giuseppe De Rita: «Il “vaffa” dei grillini ha impoverito l’Italia»
Giuseppe De Rita (Imagoeconomica)
L’analisi del patron del Censis: «Il populismo dei 5 stelle ha distrutto il sistema di relazioni che ci ha fatto sviluppare come società moderna. Abbiamo paura a far figli. Le foto dell’economia emersa instillano ottimismo ma i segnali del sommerso mi preoccupano».Giuseppe De Rita ha 92 anni. Lucidissimo da far invidia. Otto figli, quest’anno il signore dei numeri che hanno raccontato e raccontano l’Italia festeggia i 60 anni della sua creatura, osservatorio e laboratorio di ciò che si muove nel ventre molle del Paese: il Censis.«Siamo nati a metà degli anni ‘50 nella Svimez, associazione privata per lo sviluppo del Mezzogiorno». Ambiente? «L’aveva creata nel ‘47 Rodolfo Morandi, un socialista più “avanzato” di Nenni. Ambiente laico. A metà degli Anni ‘50 Giorgio Ceriani Sebregondi volle una sezione sociologica. Avevo una venerazione per lui. Era conte, aveva fatto la Resistenza e veniva dal giro dei catto-comunisti che di comunista non avevano nulla e avevano lasciato il Pci». Un’idea rivoluzionaria. «Sì. La prima cattedra di Sociologia in Italia è del ‘62, quella di (Franco) Ferrarotti. Venni assunto nel ‘55». Anni? «Ventitré, fresco di laurea in Giurisprudenza. L’idea era che, dopo aver fatto il Piano Vanoni e il piano per il Mezzogiorno, pensato a industrie e infrastrutture, ci occupassimo di sociale. Per cominciare scuola, analfabetismo eccetera. Giravo il Sud come una trottola».Era l’Africa che si diceva? «In parte sì. Ricordo ancora l’Aspromonte». Che cosa aveva trovato? «Niente, perché l’atteggiamento era: noi non vogliamo parlare. C’era il problema dell’incesto». Era così diffuso? «Allora sì. A Brindisi invece trovammo un porto e una classe dirigente che funzionavano perfettamente». Il Censis nasce? «Alla fine del ‘63 la Svimez non ce la faceva più a reggere la sezione sociologica, ormai con 14 dipendenti. Fu preannunciato il licenziamento di tutti, tranne del sottoscritto. Ma io avevo in mano contratti con le aziende, con la Cassa del Mezzogiorno per 30 milioni di lire. Ce ne servivano 61 per sopravvivere. Decidemmo di continuare da soli. A novembre del ‘63 siamo dal notaio, il 1° gennaio del ‘64 il Censis comincia ad operare».E che Italia racconta? «Il primo rapporto è del ‘67. Ne veniva fuori l’Italia dei diritti e dell’autonomia. Nasciamo come difensori dei diritti: il diritto all’impresa, il diritto al lavoro, il diritto all’aumento del lavoro individuale, la piccola impresa, l’artigianato. Ci chiamavano gli “autonomi bianchi”. Ha presente gli autonomi degli Anni ‘70? Be’, noi condividevamo gli stessi principi di innovazione, soggettività, personalizzazione della vita: loro da un punto di vista rosso, noi cattolico». Addirittura? «Una parte della Dc ci guardava male, ci ritenevano dei socialisti travestiti. Era un’Italia che viveva un grande risveglio».Invece quella del 2023 l’avete chiamata l’Italia dei «sonnambuli»: non vede, non sente, non parla davanti ai rischi enormi e però è spaventata di tutto.«Vede, la nostra fortuna è stata quella di andare a leggere il sommerso. A metà degli anni ‘70 l’emerso era di un pessimismo fottuto: la crisi del petrolio, il terrorismo, le aziende americane che scappavano. Noi siamo andati tra gli “stracciaroli” - come li chiamava Gianni Agnelli - di Prato, a Sassuolo e trovavamo ricchezza, impresa, un orgoglio individuale e collettivo enorme. Adesso il problema è l’opposto…».Cioè? «L’emerso dà l’idea che tutto sommato le cose vanno. L’occupazione in qualche modo tiene, il Pil in fondo regge». E invece? «Invece nel sommerso c’è questa debolezza demografica enorme. Che non è solo l’“Italia invecchia”».Dall’ultimo rapporto Censis: nel 2050 ci saranno 8 milioni di persone in meno in età lavorativa, una minoranza - il 25% - di famiglie con figli. Spaventoso.«Sì, è preoccupante. Nasce da meccanismi sommersi per cui non ci sposiamo, non ci prendiamo la responsabilità della famiglia, abbiamo paura a far figli. Per la mia generazione il clic fondamentale è l’americanizzazione dell’Italia, l’edonismo americano. La cultura americana è la cultura dell’individuo, dell’eroe, del far west. Parte da lontano, dall’aver inoculato il germe dell’individualismo nella cultura italiana che è sì individuale ma anche collettiva, famigliare, localistica. Questo primato della soggettività, dell’emozione individuale ce lo siamo messi dentro e lentamente ha corroso tutto il resto della coesione».Magari c’entra il fatto - come avete denunciato più volte - che gli stipendi in Italia sono fermi da 30 anni, in Francia, Germania, Regno Unito sono cresciuti del 35-40%.«Sì, anche. Ma non è il fattore determinante. Se ci fosse questo impoverimento generalizzato, questa precarietà strisciante un po’ di conflittualità ci sarebbe. Invece non c’è». Perché la politica continua a non ascoltare i vostri allarmi? «La politica oggi è prigioniera del fattore che la crea, cioè l’opinione. L’attuale presidente del Consiglio è figlia non di un modo di essere delle forze sociali e politiche ma dell’opinione che ha creato di se stessa: io sono Giorgia… Il politico il consenso lo cerca sull’ondata dell’opinione. C’è il femminicidio? E io mi butto sul femminicidio. C’è la guerra? E io mi schiero. Che gli frega dei problemi strutturali e di quello che succederà nel 2050. E’ il mondo dei like, del talk».Forse non c’è conflitto perché non c’è più una rappresentanza che gli dia voce.«La soggettività spinta ad oltranza porta alla rottura della relazione, l’altro non conta». Sui social gli altri contano solo come specchio del nostro narcisismo. «Appunto. La tragedia del populismo italiano è che ha coinciso con la rottura della relazione. Il grillismo, l’ondata di “vaffanculo” ha rotto il sistema della relazione. Ma è il sistema della relazione che crea le Prato, le Sassuolo, la solidarietà di gruppo, il volontariato, una società moderna. Il vaffa è stato una tragedia, ma nessuno lo ha capito». L’incontro ha tracimato. Ora di pranzo. Il presidente del Censis si accende il primo mezzo toscano della giornata. «Ho cominciato a 65 anni, mai fumato prima». E quindi? «Dal sommerso arrivano solo preoccupazioni, lo abbiamo visto. Ma questa è una società che sa evolvere, senza mai capire come. Confido nell’abbandono al divenire dell’italiano medio. Il divenire collettivo non ci ha mai spaventato». Pausa. «Ma io un po’ di conflittualità la vedrei bene».
Simona Marchini (Getty Images)