2025-08-22
Giorgia irritata dall’inflessibile Bibi. «La presa di Gaza aggrava la crisi»
Giorgia Meloni (Getty Images)
Bibi Netanyahu autorizza i negoziati per la liberazione degli ostaggi ma non frena sul piano di occupazione. Già conquistati i quartieri periferici. «Smantelliamo Hamas e i suoi intermediari in Medio Oriente».Mentre le diplomazie regionali tentano di reggere un equilibrio sempre più fragile tra negoziati e guerra aperta, la crisi di Gaza appare ormai vicina a una svolta. Nelle ultime settimane Egitto e Qatar hanno intensificato le pressioni su Israele, cercando di ottenere una risposta positiva all’ultima proposta di tregua approvata da Hamas. L’iniziativa prevedeva un cessate il fuoco temporaneo accompagnato dal rilascio parziale degli ostaggi israeliani. Da Gerusalemme, tuttavia, è arrivata una decisione diametralmente opposta: il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ordinato alle Forze di difesa israeliane (Idf) di accelerare le operazioni per conquistare Gaza City, considerata la principale roccaforte ancora in mano al movimento islamista. L’annuncio, arrivato al termine di una riunione di governo, ha confermato la linea dura intrapresa da Israele. Netanyahu ha ribadito che l’esercito assumerà il controllo totale della Striscia, indipendentemente dal destino dei negoziati. «Lo faremo comunque, non ci sono dubbi: Hamas non resterà a Gaza», ha dichiarato in un’intervista a Sky News, aggiungendo che il conflitto si sta ormai avvicinando alla fase conclusiva. Per il premier, la guerra non si limita a Gaza ma si combatte su «sette fronti», includendo l’Iran e le milizie che operano come suoi proxy in Medio Oriente. Poi in serata Netanyahu ha confermato di aver anche autorizzato l’immediato avvio di negoziati: «Ho dato disposizioni affinché inizino subito le trattative per garantire il rilascio di tutti i nostri ostaggi e arrivare alla conclusione della guerra con condizioni accettabili per Israele, sconfiggere Hamas e ottenere la liberazione dei nostri cittadini sono obiettivi indissolubilmente legati», ha concluso il primo ministro. Possibile che questa svolta impovvisa sia avvenuta su pressione di Donald Trump.Ieri mattina l’Idf ha confermato l’avvio dell’offensiva su Gaza City, precisando che le truppe avevano già consolidato posizioni nei quartieri periferici. L’obiettivo dichiarato è procedere all’espugnazione progressiva delle aree urbane, fino a smantellare le ultime strutture di comando di Hamas ed eliminare la sua leadership politica e militare. La decisione israeliana è maturata mentre i mediatori regionali segnalavano spiragli nei colloqui, alimentando l’ipotesi di un accordo sugli ostaggi. Fonti vicine al governo hanno però chiarito che, almeno nell’immediato, Gerusalemme non intende inviare delegazioni né al Cairo né a Doha. La proposta di Hamas, nota come «quadro Witkoff», prevedeva la liberazione di dieci ostaggi vivi e la restituzione dei corpi di diciotto israeliani in cambio di una tregua di sessanta giorni e della scarcerazione di centinaia di prigionieri palestinesi. Una formula che Israele ha giudicato del tutto inaccettabile, al punto da rifiutarsi persino di discuterla. Come ribadito dal ministro per gli Affari strategici Ron Dermer durante un incontro a Parigi, l’unico scenario che Israele considera praticabile è la liberazione simultanea di tutti gli ostaggi unita alla resa completa di Hamas. La posizione di Israele ha provocato reazioni anche in Europa. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso «profonda preoccupazione» per le decisioni assunte da Gerusalemme riguardo a Gaza e Cisgiordania, riaffermando «l’impegno dell’Italia a favore della pace, della sicurezza e del rispetto del diritto internazionale». Per Meloni, «la scelta di procedere con l’occupazione di Gaza, in risposta al disumano attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, costituisce un’ulteriore escalation militare che non potrà che aggravare una situazione umanitaria già drammatica». Il premier ha indicato come via alternativa un «impegno collettivo per giungere a un cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi, rafforzando al tempo stesso lo sforzo internazionale per assicurare gli aiuti umanitari indispensabili alla popolazione civile della Striscia». Ha quindi ribadito che «l’Italia continuerà a sostenere i mediatori e si renderà disponibile a fare la propria parte in uno scenario post-conflitto». Ben più dura la posizione il segretario del Partito democratico Elly Schlein, che ha accusato Meloni di aver rotto «tardivamente il suo silenzio» su Gaza limitandosi a parole da «opinionista». Secondo Schlein, occorrono «azioni immediate e concrete»: interrompere la cooperazione con Israele, introdurre «sanzioni nei confronti di Netanyahu e dei suoi ministri» e «riconoscere senza indugio lo Stato di Palestina», così da «schierare l’Italia dalla parte della giustizia e della legalità internazionale». Parallelamente all’offensiva, Israele ha avviato contatti con funzionari sanitari e Ong per organizzare l’evacuazione dei civili da Gaza City verso sud. Negli ospedali meridionali sono in corso lavori di potenziamento e forniture aggiuntive per accogliere feriti e malati. Un ufficiale ha precisato che, in caso di ingresso delle Idf a Gaza City, sarà disposta un’evacuazione totale. Accanto al fronte militare e a quello umanitario, resta centrale anche la dimensione comunicativa. Il ministero degli Esteri israeliano, guidato da Gideon Saar, ha lanciato un’iniziativa diplomatica senza precedenti: entro dicembre arriveranno circa 400 delegazioni con oltre 5.000 partecipanti tra funzionari governativi, giornalisti, accademici, influencer ed esponenti religiosi. Tutti saranno coinvolti in programmi mirati a promuovere la narrativa israeliana e a contrastare la crescente propaganda anti-israeliana diffusa a livello globale iniziata l’8 ottobre 2023. L’obiettivo dichiarato è informare correttamente l’opinione pubblica, rafforzare la rete di sostegno politico internazionale e consolidare il fronte diplomatico in una fase considerata cruciale del conflitto. In ogni caso serviranno anni per riparare ai danni prodotti dalle menzogne diffuse su scala mondiale da chi ha gestito la propaganda di Hamas: non semplici volontari mossi da idealismo, ma professionisti della comunicazione ben retribuiti e capaci di orientare il dibattito internazionale proprio vantaggio.