2025-09-10
Ecco i dividendi della guerra. La Germania venderà a Kiev i sistemi di difesa anti droni
Per ripristinare le scorte Berlino vuol comprare Patriot Usa per 1,5 miliardi. All’Italia 15 miliardi di fondi Ue per il riarmo. La Kallas: stop al greggio di Mosca (ma dal 2027).Intanto Friedrich Merz prevede tensioni con i socialdemocratici. Ma pure la sua base è in rivolta.Lo speciale contiene due articoli.Dietro le famose garanzie di sicurezza per l’Ucraina e l’afflato bellicista dell’Ue c’è sempre il solito movente: il denaro. Come quello che incasserà la tedesca Rheinmetall, pronta a vendere a Kiev il meccanismo Skyranger per contrastare le incursioni dei droni, che i russi scagliano in quantità letteralmente industriali. «Il relativo contratto», ha dichiarato l’amministratore del colosso tedesco delle armi, Armin Papperger, «sarà firmato alla fiera della difesa Dsei di Londra e i primi sistemi saranno consegnati entro quest’anno». Il manager ha un nomen omen, perché è proprio di questo che si tratta: pappare miliardi, alimentare un business. Pure attingendo a risorse pubbliche, come i 150 miliardi del fondo Safe che, ieri, la Commissione Ue ha stanziato in forma ufficiale, esortando gli Stati membri a predisporre «i loro piani di investimento nazionali» e a indicare «l’utilizzo della possibile assistenza finanziaria» entro la fine di novembre. I primi esborsi arriveranno già a inizio 2026: la farraginosa eurocrazia, sui razzi, procede a razzo. Tra i 19 Paesi che percepiranno i contributi comunitari c’è anche l’Italia, che riceverà 15 miliardi - per la precisione, 14,9. La Germania, invece, fa da sé, con i quasi 1.000 miliardi in deficit che ha dedicato al progetto per ricostruire l’esercito più forte del continente. A riprova che non esistono riarmo europeo e difesa comune, ma soltanto il riarmo, la difesa ed eventualmente la geopolitica dei singoli Stati.Il segreto del dopoguerra in Ucraina è che non ci dev’essere alcun dopoguerra. È il bluff delle truppe che l’agonizzante Emmanuel Macron sostiene di voler spedire al fronte per intimidire la Russia. Ovvero, per dimostrare al mondo che la Francia è ancora capace di una proiezione militare, dopo le figuracce in Africa. Su un programma così ambizioso e rischioso, nemmeno il britannico Keir Starmer lo segue fino in fondo, mentre da Berlino hanno ribadito più volte che faranno «la loro parte», la quale non sembra comprendere l’invio di contingenti. Semmai, l’invio di armamenti, debitamente retribuiti: il ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha comunicato che Volodymyr Zelensky avrà due lanciatori per i Patriot e che la Germania aumenterà il sostegno all’approvvigionamento dei droni, stipulando contratti per 300 milioni con l’Ucraina. Furbescamente, i teutonici puntano a riscuotere grazie alla macroscopica partita di giro che si va profilando: l’Unione europea presta i soldi a Kiev, Kiev li reinveste per acquistare i sistemi d’arma fabbricati dai tedeschi. Che comunque stanno ben attenti alla banderuola Donald Trump, la cui politica dei dazi prende di mira soprattutto loro. Loro lo sanno e, perciò, la Bundeswehr vorrebbe compensare comprando negli Usa altri 300 Patriot per la difesa aerea. Esborso: 1 miliardo e mezzo di euro, con la collaborazione della Norvegia, che ci metterebbe 200 milioni l’anno, evidentemente in cambio dell’ombrello tedesco.L’Europa con l’elmetto viaggia sempre più a due velocità: c’è chi, tramite la Nato, dovrebbe acquistare Oltreoceano per dare all’Ucraina; e chi acquista in America per sé stesso, così da ripristinare le scorte consumate a beneficio della resistenza antirussa. Nel frattempo, infatti, l’esercito della Germania si procurerà anche tre unità Heron di droni israeliani, per 600 milioni, con consegna al 2028. E poi torna in ballo Rheinmetall: la ditta ha ottenuto un appalto da 400 milioni per realizzare 24 unità mobili di pronto soccorso, utilizzabili in uno scenario bellico. O durante un’epidemia?Se Berlino corre, Bruxelles procede con andatura incostante. Il Parlamento Ue, ieri, ha adottato una risoluzione per chiedere l’apertura dei negoziati di adesione dell’Ucraina. Il commissario all’Allargamento, la slovena Marta Kos, ha avuto il coraggio di affermare che Mosca «teme le aspirazioni europee degli ucraini». Ma Vladimir Putin ha chiarito cosa pensa: dell’ingresso della nazione nemica nell’Unione non gli interessa nulla, piuttosto gli preme non avere l’Alleanza atlantica, cioè gli statunitensi, alle calcagna.L’irriducibile Kaja Kallas, dinanzi alla plenaria di Strasburgo, ha ribadito la propria posizione oltranzista: «Finché la Russia proseguirà la sua guerra illegale, dobbiamo farlo anche noi». Si combatte fino all’ultimo ucraino. E i più fortunati lucrano. L’Alto rappresentante ha lanciato il diciannovesimo - difficilmente decisivo - pacchetto di sanzioni contro la Federazione, però ha dovuto certificare l’incapacità dell’Ue di interrompere subito le importazioni di idrocarburi russi. Non siamo più i principali acquirenti, ha rivendicato la politica estone, ma il flusso sarà interrotto solo «entro il 2027». Lo zar ha margine per occupare l’intero Donbass...Tanto più che, nonostante la promessa di Donald Trump di consultarsi con gli alleati e di reagire ai violenti attacchi di Mosca sull’Ucraina, Washington non usa il pugno duro. Secondo il Financial Times, anzi, il Pentagono avrebbe rallentato le spedizioni di aiuti militari: «È solo questione di tempo», hanno dichiarato al quotidiano britannico alcuni funzionari e analisti, «prima che le munizioni finiscano». L’autocrate che doveva capitolare nel giro di due settimane, al contrario, ha ancora parecchi colpi in canna.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/germania-vendera-kiev-patriot-2673976518.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-intanto-merz-convoca-la-cdu-per-decidere-i-tagli-al-welfare" data-post-id="2673976518" data-published-at="1757445725" data-use-pagination="False"> E intanto Merz convoca la Cdu per decidere i tagli al welfare François Bayrou è appena caduto a Parigi. E, a Berlino, anche Friedrich Merz non gode politicamente di ottima salute. Il cancelliere tedesco è infatti alle prese con l’avvicinarsi di un autunno particolarmente caldo. Secondo la Bild, il diretto interessato avrebbe organizzato, lunedì sera, un incontro segreto in cancelleria con gli alti esponenti della Cdu, per discutere delle riforme dello stato sociale in Germania. Era del resto il 30 agosto, quando Deutsche Welle riportò che il cancelliere fosse intenzionato a portare avanti delle riforme piuttosto drastiche nei mesi autunnali: riforme che, secondo la testata, potrebbero portare a delle significative fibrillazioni in seno all’attuale coalizione di governo, costituita dalla stessa Cdu e dalla Spd. «Le sfide sono significative: l’economia tedesca si trova ora ad affrontare il terzo anno senza crescita del Pil, lo stato sociale e il sistema pensionistico non riescono a tenere il passo con le sfide demografiche e il bilancio federale ha un buco di circa 172 miliardi di euro per il periodo 2027-2029», riferiva Deutsche Welle.Per Merz si tratta di un grattacapo notevole. Se dovessero innescarsi delle tensioni con la Spd, la sua coalizione potrebbe impantanarsi come accaduto a quella del suo predecessore, Olaf Scholz, che vedeva alleati i socialdemocratici con verdi e liberali. L’attuale cancelliere potrebbe del resto trovarsi a dover giustificare dei tagli al welfare proprio mentre la Germania, secondo Defense News, ha annunciato di voler impiegare 649 miliardi di euro in Difesa nei prossimi cinque anni: una cifra poderosa che, secondo la stessa testata, avrebbe irritato una parte della Spd. Ma non è tutto. Ieri, lo Spiegel riportava che il leader della Cdu del Baden-Württemberg, Manuel Hagel, ha chiesto a Merz un rinvio dell’eliminazione graduale, teoricamente prevista per il 2035, delle automobili con motore a combustione interna. «Il divieto imposto dall’Unione europea sui motori a combustione interna deve essere eliminato. Danneggia l’innovazione, indebolisce la nostra industria, mette a repentaglio migliaia di posti di lavoro e non fa nulla per il nostro clima», ha dichiarato Hagel, per poi aggiungere: «Ora si tratta di rappresentare gli interessi tedeschi. Per farlo, abbiamo bisogno di un cambio di rotta nella politica automobilistica europea». Anche qui si configura una possibile grana politica per il cancelliere: la Spd, spalleggiandosi con i verdi, si è infatti dichiarata contraria al rinvio del divieto. Per Merz si prospetta quindi un dilemma di difficile soluzione: accontenterà l’ala destra della Cdu o tenderà la mano ai socialdemocratici? In entrambi i casi, rischia seriamente di far scivolare la propria coalizione in una situazione di stallo. Senza contare i possibili attriti con la Commissione europea.Insomma, la Germania si sta trovando ad affrontare dei seri problemi. E il suo cancelliere appare sempre più in difficoltà. Il rischio che possa impantanarsi come Scholz è quindi tutt’altro che remoto. Di certo, poi, la bufera politica che sta investendo la Francia preoccupa seriamente Berlino, che, con la recentissima crisi di Bayrou, ha visto cadere a Parigi il quarto premier in meno di due anni. L’asse franco-tedesco scricchiola, mentre la strategia della conventio ad excludendum di Emmanuel Macron appare ormai prossima al collasso definitivo. Siamo d’altronde lontani dal novembre 2011, quando l’allora cancelliere tedesco, Angela Merkel, e l’allora presidente francese, Nicolas Sarkozy, espressero congiuntamente la «volontà di sostenere e aiutare il governo italiano presieduto da Mario Monti». Abituate a sentirsi le padrone dell’Unione europea e particolarmente avvezze a bacchettare l’Italia, Germania e Francia si stanno ritrovando progressivamente con le spalle al muro.E attenzione: il problema non è soltanto socio-economico ma anche geopolitico. Parigi e Berlino stanno facendo sempre più fatica a toccare palla nell’agone internazionale. In particolare, la Francia ha notevolmente perso influenza politico-militare sul Sahel dal 2022: Mali, Burkina Faso e Niger sono infatti ormai saldamente entrati nell’orbita di Mosca. E comunque di questa situazione complessiva Francia e Germania devono «ringraziare» i partiti e gli esponenti di establishment che le hanno guidate negli ultimi anni. Macron è all’Eliseo da maggio 2017. In Germania, Cdu e Spd hanno invece governato assieme dal 2013 al 2021 e da maggio 2025 a oggi. Tutto questo per dire che il populismo, usato sovente come spauracchio per spiegare ogni possibile problema, non c’entra un bel nulla con questi disastri. Piaccia o meno, il paradigma sta mutando. Sarebbe forse ora che qualcuno a Bruxelles inizi a rendersene conto.