- Con l’inverno in Finlandia le temperature sono scese anche a -40 gradi portando i consumi ai massimi: la produzione di eolico e idroelettrico è crollata e i prezzi sono schizzati. Senza lo zoccolo duro di nucleare e gas, sistema sociale saltato e gente al freddo.
- Una parte consistente di CO2 finisce in Cina. Così il governo spinge le fonti green.
Con l’inverno in Finlandia le temperature sono scese anche a -40 gradi portando i consumi ai massimi: la produzione di eolico e idroelettrico è crollata e i prezzi sono schizzati. Senza lo zoccolo duro di nucleare e gas, sistema sociale saltato e gente al freddo.Una parte consistente di CO2 finisce in Cina. Così il governo spinge le fonti green.Lo speciale contiene due articoli.Il freddo inverno nordico sta gettando nel panico il sistema elettrico scandinavo. Con temperature comprese tra -15 e -40 gradi, per il quinto giorno i prezzi dell’energia elettrica sono saliti e il prezzo medio in Finlandia per le consegne di ieri si è attestato al record di 890,54 euro al megawattora, superando il precedente massimo del 2010 di 505,68 euro a megawattora. Il prezzo orario massimo è stato di 1.896 euro per megawattora per le consegne delle ore 18. Valori così alti hanno provocato conseguenze anche sui prezzi dei tre paesi baltici, con Lettonia e Lituania che hanno fatto segnare un prezzo di 670 euro per megawattora e l’Estonia arrivata a quota 890 euro. Impatti anche sui prezzi di Danimarca, Norvegia e Svezia, ovvero i Paesi che fanno parte del mercato Nord Pool interconnesso.Per oggi, giorno non lavorativo, i prezzi in Finlandia sono rientrati verso un più normale 167 euro per megawattora, sempre altissimo per le medie del mercato nordico. Di conseguenza, si sono alzati i prezzi spot un po’ in tutta Europa ed anche quelli dei prodotti con consegne future hanno avuto conseguenze. L’aumento dei prezzi è dettato dalle particolari condizioni in cui si trova il sistema elettrico finlandese. Il periodo è freddo e asciutto, il che significa che vi è meno produzione idroelettrica e meno produzione eolica, mentre l’abbassamento delle temperature provoca un aumento dei consumi. L’offerta di energia elettrica fa dunque fatica a fornire la domanda. L’operatore della rete elettrica Fingrid e il governo giovedì hanno esortato cittadini e imprese a ridurre i consumi di elettricità, per evitare blackout soprattutto nelle ore di punta, quelle del tardo pomeriggio. La Finlandia dispone di circa 4.350 megawatt di potenza elettrica da fonte nucleare, dopo l’entrata in esercizio del tanto discusso reattore nucleare Olkiluoto3. Senza questa potenza continua, che fornisce la base dei consumi anche notturni, il sistema finlandese sarebbe già saltato. La Finlandia ha anche circa 3.800 megawatt di potenza elettrica alimentata a gas, che al pari del nucleare soddisfa la domanda funzionando a pieno regime, più circa 800 megawatt di capacità tra carbone e olio.Gli impianti eolici finlandesi in questo periodo funzionano poco o per nulla, per l’assenza di vento ed anche per le condizioni di freddo intenso. Dei circa 7.000 megawatt installati si sono visti rari istanti in cui vi erano circa 3.000 megawatt in funzione. Per la maggior parte del tempo la potenza in produzione è inferiore a 1.500 megawatt. Nel tempo restante, il profilo di produzione eolica risente della erraticità del vento e in alcuni momenti l’energia eolica è stata praticamente pari a zero.Con picchi di domanda che hanno toccato i 15.000 megawatt ciò che manca per coprire il profilo di consumo arriva dalle importazioni dai paesi interconnessi. L’idroelettrico finlandese è tutto ad acqua fluente, non ci sono bacini, quindi l’energia va prodotta quando il flusso d’acqua c’è, se la domanda di energia è capiente e se non ci sono altri vincoli, ad esempio di rete o di prezzo. Sì, perché vi è una ulteriore complessità, in tutto questo, data dal fatto che si tratta di un mercato. Entra in gioco quindi non solo la disponibilità effettiva di capacità di produzione, ma anche il prezzo a cui questa viene offerta. Poiché inoltre si tratta di un mercato interconnesso, che comprende tutti i Paesi scandinavi e quelli baltici, anche i flussi di import ed export (vincolati dalla capacità di trasporto dei cavi) giocano sulla disponibilità di capacità elettrica di produzione. Non è questione di poco conto. Il soddisfacimento della domanda in un sistema elettrico è affidato al mercato. Il bilanciamento fisico del sistema (cioè l’energia effettivamente prodotta e consumata istante per istante) è un’attività che compete ai gestori di rete. Ma la fornitura fisica di energia è un affare commerciale. Per questo i prezzi salgono in queste situazioni: l’energia è un bene a domanda rigida, cioè di norma si è disposti a pagarla anche a prezzi altissimi pur di averla. Soprattutto in situazioni estreme come il freddo intenso. Per cui, i produttori in questi casi mettono a disposizione la propria capacità a prezzi molto alti per incamerare quanti più margini possibili. Tale prezzo è tanto più alto quanto più quella capacità è necessaria a soddisfare la domanda, che è disponibile a comprare quasi a qualsiasi prezzo. Il limite a questa strategia è che ci può essere un altro operatore che pur di vendere la propria energia la offre a un prezzo più basso, spiazzando il produttore più avido.Tecnicismi a parte, la situazione finlandese mette in evidenza la fragilità dei sistemi elettrici attuali. Ma c’è ben di più. La insostenibilità di un sistema basato al 100% sulle fonti rinnovabili diventa evidente. Senza potenza elettrica alimentata a gas e senza quella nucleare i finlandesi sarebbero al freddo e non ci sono accumuli di rete che possano gestire situazioni di lungo periodo come queste.Ancora una volta, si tratta di usare il buon senso, senza crociate né da una parte né dall’altra. La priorità deve essere la sicurezza del sistema e la sua economicità. Questa è una scelta politica e non tecnica. Serve un mix di produzione equilibrato che fornisca sicurezza dell’approvvigionamento senza che i cittadini debbano svenarsi ad ogni stormir di fronde.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gelo-nord-scopre-bluff-rinnovabili-2666884342.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="berlino-esporta-le-emissioni-in-asia-e-poi-si-vanta-di-averle-tagliate" data-post-id="2666884342" data-published-at="1704535970" data-use-pagination="False"> Berlino esporta le emissioni in Asia e poi si vanta di averle tagliate La Germania si fa bella di aver ridotto le emissioni di anidride carbonica, ma omette un piccolo particolare. È uno dei maggiori esportatori di CO2 in Europa. Tutte emissioni che da Berlino vanno dritte in Asia e in particolare in Cina. Solo nel 2021, ultimi dati disponibili secondo il World integrated trade solution, Berlino ha esportato 45.746 tonnellate di anidride carbonica. Grazie a questo «trucco» uno studio pubblicato in questi giorni spiega che le emissioni della più grande economia europea sono scese al livello più basso degli ultimi sette decenni, grazie a un calo inaspettato dell’uso del carbone nel 2023. Certo, dati in calo perché le emissioni sono finite in gran parte in Asia. Con ogni probabilità, se si sommassero le esportazioni di CO2 con quelle rimaste in patria i dati della locomotiva tedesca sulle emissioni potrebbero non essere così incoraggianti. Senza dimenticare che uno studio delle Nazioni Unite fa sapere che a livello mondiale le emissioni del 2023 saranno maggiori dell’1,1% rispetto a quelle del 2022. Questo significa che i tagli della Germania sono serviti a ben poco. Ciononostante, uno studio del think tank berlinese Agora energiewende ha fatto sapere che le emissioni di CO2 nella più grande economia europea sono scese l’anno scorso a 673 milioni di tonnellate, il livello più basso dagli anni ‘50, il 46% in meno rispetto al 1990 e battendo l’obiettivo climatico del governo per il 2023 di 722 milioni di tonnellate. Un dato che, secondo l’istituto tedesco, sarebbe merito dell’aumento di elettricità prodotta con fonti di energia rinnovabile. Giusto martedì scorso, l’agenzia federale della rete tedesca aveva dichiarato che le fonti di energia rinnovabili rappresenteranno più della metà della produzione energetica del Paese nel 2023. Le fonti rinnovabili sono salite al 56% della produzione energetica, dal 47,4% del 2022. Allo stesso tempo, la produzione di elettricità da carbone è scesa all’8,9% dal 12,8% e quella da lignite al 17,4% dal 21%.In realtà, a dare una mano all’indagine, ci sarebbe la crisi dei prezzi dell’energia elettrica che ha investito Berlino e dintorni con valori che sono arrivati a 61 centesimi per kilowattora, più di tre volte rispetto a quello che pagano i californiani.Non è un caso, infatti, che molti cittadini tedeschi abbiano criticato la decisione di chiudere le ultime tre centrali nucleari del Paese nell’aprile del 2023 dopo che i prezzi dell’energia sono arrivati alle stelle per via della guerra in Ucraina.Del resto, non è un segreto che la Germania negli ultimi mesi abbia registrato la peggiore performance tra le principali economie sviluppate, penalizzata proprio dagli alti prezzi dell’energia, dalla debolezza economica globale e dagli aumenti dei tassi di interesse per combattere l'inflazione. Il Paese è infatti sede di molte aziende ad alta intensità energetica, tra cui l'industria chimica e metallurgica.Infatti, lo studio di Agora fa sapere che solo il 15% circa dei risparmi sulle emissioni dello scorso anno costituiscono «riduzioni permanenti delle emissioni derivanti da una capacità aggiuntiva di energia rinnovabile, dall’aumento dell'efficienza e dal passaggio a combustibili che producono meno CO2 o ad altre alternative rispettose del clima». Inoltre, il rapporto afferma che «la maggior parte dei tagli alle emissioni previsti per il 2023 non sono sostenibili dal punto di vista industriale o della politica climatica».La strada della Germania per l’annullamento delle emissioni di anidride carbonica appare dunque lunga e tortuosa, oltre che costellata da una cospicua fetta di emissioni che viene portata in Cina per poter sostenere che le aziende di Berlino e dintorni vanno ad energia pulita. Una favola che ogni giorno che passa appare sempre meno sostenibile.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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