2023-11-27
Francesca Reggiani: «Oggi la satira è meno libera perché c’è paura di offendere»
Francesca Reggiani (Ansa)
L’attrice: «Si rischia il pensiero unico. L’imitazione di Giorgia Meloni? Disse che si divertiva. Volevo essere un’interprete drammatica, poi Gigi Proietti mi aiutò a capire la mia strada».La sua imitazione di Giorgia Meloni e Concita De Gregorio in una doppia intervista è diventata un cult. Dal 21 dicembre Francesca Reggiani sarà al teatro Off-Off di Roma con lo spettacolo «Agitarsi prima dell’uso». E da poco è uscito in libreria Spettacolare, finché c’è vita c’è satira (La Lepre edizioni). Un libro «catartico» sulla sua carriera, che non sbrodola mai - «ma sa che non è la prima che me lo dice? Sono contenta, di non aver infilato pagine superflue» -, un libro che non le manda a dire e che inizia definendo la vita come un palcoscenico, dove ciascuno è chiamato a recitare una o più parti, ogni giorno in una nuova replica. «L’attore, in fondo, è colui che decide di trasformare in professione una condizione esistenziale».Aveva 19 anni quando suo padre, che con Fausto Ferzetti e Fernando Ghia aveva fondato la prima grande agenzia di cinema in Italia, la portò fuori a cena per domandarle cosa le sarebbe piaciuto fare da grande.«E io non osai dirgli più che “mi piacerebbe fare… il mimo”». Era vero?«Io non l’avevo mai nemmeno visto un mimo, se non al circo. Era il massimo che potessi azzardare, per fargli capire che desideravo fare qualcosa che riguardasse vagamente le tavole del palcoscenico, il mestiere dell’attore. Lo spettacolare, appunto». Si chiarì, poi. «Questa storia della carriera da mimo è andata avanti almeno qualche mese, fin quando non divenne evidente che aspiravo a fare l’attrice. Mio padre a quel punto ne fu quasi sollevato, e da persona pratica qual era mi disse: “Francesca, questo è un mondo in cui o si entra in serie A, o non ci si entra affatto. Quindi se vuoi provaci, ma devi studiare”».Lo prese in parola?«Venne il 1983 e mi candidai tra altri mille per 28 posti alla scuola di Gigi Proietti».Uno su mille…«Accadde che sul palco l’agitazione si trasformò in energia positiva, incontenibile. Proietti, che fino a quel momento era sempre rimasto seduto in platea, dopo un po’ che iniziai a parlare si alzò e mi raggiunse sul palco, mostrandomi quello che avrebbe voluto vedere da me. Fu lì che capii che in qualche modo l’avevo interessato... Poi, nello scendere nuovamente in platea, disse a voce alta: “Ahó, io degli occhi così grandi su un palcoscenico non li ho mai visti”».Occhi grandi che le portarono fortuna.«Non sempre, a dire il vero. A scuola i professori erano forse indispettiti dal mio modo di guardare. Convocavano mio padre - arrivavo al massimo alla sufficienza stirata, allora - e gli dicevano sempre: “Sa, sua figlia non parla mai, ha gli occhi grandi, sgranati, e ci fissa in continuazione. Non riusciamo a capire il pensiero che c’è dietro a quello sguardo”».Oggi invece parla molto, per lavoro.«E attraverso il mio lavoro penso di essere abbastanza eloquente. Pure se non mi schiero politicamente, perché non lo ritengo necessario. Anche se ho iniziato a esibirmi da sola nel one-woman show senza troppa consapevolezza o convinzione».Eppure funzionava.«Vero. Ma non ho mai amato troppo le imitazioni. Mi sentivo un’attrice drammatica, e forse un ruolo diretto da un grande regista è quel che ancora mi manca. Pian piano però ci ho preso gusto. Mi aiutò a capire Proietti. Era un uomo intelligente e colto, che aveva una dolcezza speciale nell’esprimere autorevolezza sul palco. Entrava in scena, ed emozionava. Mi disse: “Francé, non ti devi offendere se ti affido pezzi brillanti e ironici - lui non usava il termine comico -, perché tu hai mercato”».In cosa ha trovato poi gusto?«Nel sapore di libertà di espressione che lo show ti dà. Perché solo in questo particolare genere l’attore è il capocomico di sé stesso e non deve rendere conto a nessun altro: può dire esattamente quello che vuole e pensa».Nel libro fa l’elenco però delle diverse umanità di cui il comico sembra dover tenere conto. Dagli irsuti ai presbiti, da chi fa parte di una minoranza ai miliardari. E scrive di sperare di non aver tenuto fuori qualcuno, che poi magari si offende. Si può ridere di tutto?«Uno dei più grandi stand-up comedian britannici è Ricky Gervais, che ha raggiunto un grande successo con una comicità cruda, tagliente, che non fa sconti a nessuno. Parla di transgender, gay, eterosessuali, nazismo, neri, bianchi, olocausto, Aids, cancro. Chi si offende, secondo Gervais, prende sul personale qualcosa che personale non è».Sottoscrive?«Siamo formalmente liberi di dire ciò che pensiamo, ma non ci sentiamo davvero liberi di farlo per paura di offendere qualcuno, soprattutto oggi che gli haters hanno il click pronto per criticare e condannare qualsiasi posizione si prenda: se uno dice “viva le taglie forti” c’è l’associazione dei magri che va giù a parolacce, se uno dice “viva i magri” c’è una quantità di persone sovrappeso che si risente». Le è successo?«Un giorno ho pubblicato sui social una battuta: “La vita è una questione di culo... O ce l’hai, o te lo fanno”. Sintesi mirabile, no? Ma una signora ha scritto nei commenti: “Lei alle persone che si fanno realmente il culo nella vita non ci pensa?”. Se davvero un comico si ritrova a dover spiegare e giustificare le proprie battute, con atteggiamento di scusa, nulla farà più ridere, e nella paura di offendere non si avrà più la libertà di dire ciò che si pensa. Ci ritroveremo in un mondo piatto e omologato su un pensiero unico».Quando sale sul palco ci pensa?«No, anche perché amo l’improvvisazione. Ben venga quando c’è la scrittura, ma per spettacoli come i miei, nei quali si fa intrattenimento senza la quarta parete, ritengo che ci sia un momento necessario di uno spazio intimo con il pubblico, a tu per tu. Una forma di creatività che fa parte del mio carattere».Il piccolo schermo per lei ebbe inizio con la Tv delle ragazze.«Mi notò Serena Dandini. Era in platea a un evento con Valentina Amurri e Linda Brunetta. Dovevano mettere su un cast con una quindicina di attrici per un nuovo programma di Rai 3. Con me anche Angela Finocchiaro, Iaia Forte, Cinzia Leone, Sabina Guzzanti, Maria Amelia Monti e altre. Angelo Guglielmi, allora direttore di rete, diede carta bianca, ci concesse di dimostrare che anche la donna può avere una visione ironica della realtà».La prima imitazione?«Katia Ricciarelli, moglie di Pippo Baudo. Non avevo la più pallida idea di come parlasse, me la sono inventata, costruendo meccanismi comici sul minimalismo. I miei personaggi sono così: non esattamente delle imitazioni, piuttosto delle interpretazioni».Domanda abusata: c’è un personaggio preferito?«No, a loro modo sono tutti significativi per me».Il più difficile?«Alba Parietti. Una donna come Susanna Agnelli aveva una parlata riconoscibile, la Parietti no. Mi sono inventata un fischio nella parlata, ci ho lavorato parecchio».Giorgia Meloni vs Concita De Gregorio è stata molto apprezzata da Dagospia, che l’ha fatta diventare virale. «Inizialmente i miei autori, Valter Lupo e Gianluca Giugliarelli, non erano convinti. Ho insistito: sono due donne agli opposti, e questo racconto degli estremi è il sale della comicità».Francesca Reggiani assomiglia a una delle due?«Non sono nessuna delle due, no. Non sto neanche nel mezzo». Meloni si è offesa?«Non credo. La incontrai quando la imitavo che era ancora onorevole. Venne a teatro, all’Olimpico, e a fine spettacolo fu molto gentile, mi disse che il meccanismo la aveva molto divertita».La De Gregorio?«Non l’ho sentita. Sarà che un tempo c’era più partecipazione di ora. Quando imitai Ombretta Fumagalli Carulli mi telefonò, pure lei gentile. Così come la signora Ciampi». Cosa ama della satira politica?«Non vedo distinzione tra la satira politica e quella di costume. Mi interessa l’attualità che è sotto gli occhi del pubblico. Mi sembra che siano tempi duri, però, per la satira, ne vedo poca».Serve?«Lo chiede a una il cui nonno e un prozio fondarono il Marc’Aurelio negli anni Trenta, un giornale satirico ai tempi del regime. I loro bersagli non erano mai nominati direttamente, ma traslati nell’Antica Grecia. La satira è fondamentale perché non ci sia un appiattimento delle opinioni. Un personaggio ben riuscito può essere strumento intelligente per non appiattirsi».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.