2025-10-10
«Forse andrò a Gaza». La mossa di Trump che pensa già a intestarsi il Nobel
Donald Trump (Getty Images)
Pure il «Nyt» spinge per l’onorificenza al presidente americano: da «reietto» è diventato il mediatore in grado di portare la pace.Glielo darebbe volentieri anche Hamas. I fondamentalisti palestinesi sì, Laura Boldrini e Francesca Albanese no. L’ipotetico premio Nobel per la pace a Donald Trump trova lo sponsor più inatteso e il comunicato dei terroristi non lascia dubbi: «Apprezziamo gli sforzi dei fratelli mediatori in Qatar, Egitto e Turchia, così come valorizziamo l’impegno del presidente americano Donald Trump volto a fermare definitivamente la guerra e a garantire il completo ritiro dell’occupazione dalla Striscia di Gaza».Glielo darebbe volentieri anche Hamas ma è più difficile che lo ottenga dai pacifisti per decreto. Jorgen Watne Frydnes, presidente del comitato per la Pace, prova ad allontanare l’uomo della Casa Bianca dal viaggio premio a Oslo il 10 dicembre: «La notizia degli accordi per Gaza è eclatante ma le candidature si sono chiuse a fine gennaio scorso. E poi lui ha sempre praticato una leadership divisiva». Come a dire, per quest’anno è andata, vedremo l’anno prossimo.Stamane va in scena l’ultima riunione con l’annuncio ufficiale. Trump ci tiene, è stato il perno centrale delle trattative e ha già fatto sapere: «Andrò presto a Gaza». Domenica lo attendono in Israele per chiudere la pratica. Tutto ruota attorno al Nobel e all’urgenza di riaprire i giochi. Da quando (nel 2009) il premio è stato regalato in periodo di saldi a Barack Obama, Trump se n’è fatto una piccola ossessione: «Lui non sapeva neppure per quale motivo l’ha ottenuto, se mi chiamassi Obama me lo avrebbero dato in dieci secondi. Io ho chiuso sette guerre in sette mesi». Dato da prendere con le pinze, visto che ha inserito anche quella in Ucraina.In queste ore di post, meme e apparizioni Tv, per lui il riconoscimento internazionale più prestigioso per uno statista diventa centrale, peraltro meritato se davvero gli accordi di pace a Gaza dovessero reggere nel tempo. L’annuncio su Truth chiarisce il concetto: «Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno firmato la prima fase del nostro piano di pace. Ciò significa che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le proprie truppe su una linea concordata come primo passo verso una pace forte, duratura e perpetua». Finale inequivocabile: «Blessed are the peacemakers», che siano benedetti gli operatori di pace. E l’operatore principale di pace sarebbe lui medesimo, che dopo aver chiuso degli accordi di Abramo nel primo mandato, caratterizza il secondo con questo epocale exploit.Voleva essere anche il primo a gridarlo al mondo e lo ha fatto, sollecitato dal segretario di Stato Marco Rubio con un pizzino diventato virale mentre era impegnato in un summit nella sala ovale. Foto immediatamente utilizzata come termine di paragone con l’amministrazione precedente. In un post della Casa Bianca su X si vede infatti Joe Biden con in mano un identico foglietto. Il commento è urticante: «Signore c’è qualcosa sul suo mento» vs «Siamo molto vicini a un accordo di pace». Morale: «Non siamo uguali».Nelle ultime ore sono stati in tanti a sostenere la candidatura di Trump al Nobel. Benjamin Netanyahu ha mandato in rete una foto realizzata con l’intelligenza artificiale in cui il tycoon si mette al collo il sigillo, il presidente israeliano Isaac Herzog ha scandito: «Se non lo danno a lui, non lo merita nessuno». Di Hamas abbiamo detto. Armenia e Azerbaigian, che nell’agosto scorso grazie al suo intervento hanno raggiunto obiettivi di pace dopo 30 anni di guerra, sponsorizzano l’inquilino narciso della Casa Bianca. Il Pakistan si è aggiunto ai tifosi con Cambogia, Ucraina (Volodymyr Zelensky lo appoggia), Svezia.La vera sorpresa arriva dai due giornali americani più ostili all’era Trump. Il New York Times: «È un risultato enorme, rappresenta la prova definitiva del suo obiettivo di mediatore e pacificatore. Donald vale Barack Obama e Theodore Roosevelt». Il Washington Post: «Questo è il più grande successo del suo secondo mandato. Riaprite i giochi a Oslo». Il problema è convincere il comitato norvegese e molto in fretta. Anche se rimane scolpito nella pietra un dubbio, sottolineato dall’editorialista del Nyt David Senger: «Molto potrebbe ancora andare storto nei prossimi giorni, in Medio Oriente spesso è così».Trump è sulle spine, convinto (con ragione) che in Scandinavia siano troppo multilateralisti e terzomondisti per prenderlo in considerazione, pure a tempo scaduto. Mesi fa aveva detto: «Merito il Nobel per la pace ma non me lo daranno mai. Tutti dicono che dovrei averlo ma lo daranno a qualcuno che non ha fatto un dannato niente. E questo sarebbe un grande insulto per il nostro Paese». Poi ci ha messo del suo. Ribattezzando il Pentagono «dipartimento della guerra» non ha indirizzato i parrucconi scandinavi sulla strada giusta.Nell’attesa, ieri si sono mossi i bookmakers che hanno posto in cima alla lista (338 pretendenti) la rete sudanese Emergency Response Rooms, mentre The Donald è quotato più o meno alla pari con la vedova di Navalny e l’ormai impresentabile Greta Thunberg. In fondo un Nobel per la pace non si nega a nessuno; lo portò a casa perfino Mikhail Gorbaciov come ringraziamento occidentale per avere distrutto l’Unione sovietica. Ma Ronald Reagan e Papa Wojtyla non furono neppure menzionati. Così Nina Grager, direttrice dell’Istituto di ricerca per la Pace di Oslo mette le mani avanti: «Se il piano di Trump porterà ad una pace duratura e sostenibile, quasi certamente il comitato dovrà prenderlo in considerazione nel 2026». Lo dice come se fosse un appuntamento dal dentista.