
Niente nome del governatore uscente nel simbolo del Carroccio e cancellata l’idea di una lista personale: così il centrodestra ha chiuso la pratica Regionali. Ma la Lega frena sulla Lombardia «promessa sposa» di Fdi: «Si vota tra tre anni, è un’eternità».Un passo indietro per farne tre in avanti: dopo il via libera alla candidatura del leghista Alberto Stefani in Veneto, Luca Zaia rinuncia a presentare una propria lista che, secondo gli ultimi sondaggi del Gazzettino, avrebbe preso il 42%, ma in realtà trasforma la Lega in una sorta di Lista Zaia, senza il nome nel simbolo ma con lui stesso capolista in tutte le province. In giro ci sono già i manifesti che non esplicitano la sua candidatura ma chi conosce bene le dinamiche politiche del Veneto garantisce che correrà, trainando così la lista del Carroccio e scongiurando la prospettiva di un consiglio regionale a maggioranza Fratelli d’Italia.Non solo: Zaia controllerebbe così più di mezza giunta, mettendo Stefani in minoranza su ogni decisione, mentre la sua presenza in Consiglio, come è inevitabile, avrebbe l’effetto mediatico e politico di oscurare la figura del neo (probabilissimo) presidente. Zaia avrebbe, inoltre, in mano più di mezza giunta, di fatto mettendo sempre Stefani in minoranza su ogni decisione. Una sorta di quarto mandato mascherato: il presidente uscente continuerà, se i risultati elettorali saranno quelli previsti, a dare le carte in Veneto.«È stata accolta la nostra istanza», dice Zaia, «quindi Alberto Stefani sarà il nuovo candidato presidente. Io gli darò una mano, è ovvio. Si farà bene nella linea della continuità. È una scelta di continuità. Stefani lo sento spesso, anche stamattina, non ha bisogno di consigli, è una persona che sa ascoltare. Io non ho mai creduto al Grande fratello. Sono stato presidente in Provincia, non sono più entrato in Provincia dopo la mia uscita. Idem col ministero e idem farò qui, nel senso che se non ho un coinvolgimento con cariche, trovo assurdo che ci sia qualcuno che è convinto da fuori di governare. È una roba anche meschina. Non l’avrei accettato io, non capisco perché qualcuno lo debba accettare».Già, il coinvolgimento con cariche: capogruppo del partito di maggioranza relativa in Consiglio regionale, ad esempio? Zaia lascia un po’ di suspense sulla sua candidatura. Capolista? «Questo non ve lo so dire», gigioneggia Zaia, «ancora non sono in condizione di dire come sarà la mia corsa, se la farò. Quindi, c’è solo da prendere qualche giorno, poi vi dirò. Il mio nome sul simbolo della Lega? Non so nulla di questo, visto e considerato che siamo in una fase ancora pre, c’è da capire se sarò capolista o no. La lista civica non ci sarà, ma questo penso sia ormai un dato assodato. Dopodiché vedremo di capire come decideremo di fare la corsa con la lista della Lega, Quando verrà sciolto questo nodo? Penso che ci verranno un po’ di giorni. Si tratta di costruire la lista», aggiunge Zaia, «e capire quale possa essere la migliore condizione, per cercare di portare a casa consenso e parlare ai cittadini».Pur di toglierselo di torno, gli offriranno la candidatura alla Camera alle suppletive che si renderanno necessarie nel caso dell’elezione a presidente di Stefani, ma Zaia non sembra entusiasta: «Queste sono tutte scelte che non devo fare», risponde, «perché oggi non sono sul campo. Direi di concentrarci sulla campagna delle regionali, perché abbiamo molto da portare come contabilità di 15 anni fatti». Infine, sulle tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia per la presidenza della Lombardia: «Ho letto qualche notizia», commenta Zaia, «si cercherà, poi, di capire quale sarà la decisione finale. Ovvio che io sostengo sempre la Lega e basta».L’accordo che ha sbloccato la candidatura di Stefani in Veneto prevede, infatti, che il candidato a presidente della Lombardia spetti a Fratelli d’Italia. Un accordo scritto sull’acqua: il mandato di Attilio Fontana scade nel 2028 e i leghisti lombardi non accettano di essere sacrificati sull’altare dell’accordo per il Veneto: «È una questione tutt’altro che chiusa», dice alla Verità il capogruppo del Carroccio al Senato, Massimiliano Romeo, segretario della Lega in Lombardia, «tre anni sono una eternità. Certo, Fratelli d’Italia ha il diritto di rivendicare la presidenza, così come noi abbiamo il diritto-dovere di continuare con il buon governo della Lega». Sulla questione interviene anche Matteo Salvini (che proprio ieri ha ha nominato coordinatore e responsabile della campagna elettorale della Lega in Veneto il sindaco di Bassano del Grappa Nicola Finco, ndr): «Dovrei dire di ragionare dell’esistente», argomenta, «non del futuro; è chiaro che se Fdi sarà il primo partito, ha tutto il diritto di rivendicare la guida di alcune Regioni, compresa la Lombardia. Le elezioni immediate sono Toscana, Veneto, Puglia e Campania. Poi da qui al 2026, 2027, 2028, 2029, abbiamo tempo».Per il resto, Fdi ha strappato a Forza Italia la candidatura in Campania, storica roccaforte del partito di Silvio Berlusconi, con Edmondo Cirielli. La partita contro il centrosinistra guidato da Roberto Fico è assai difficile ma non impossibile. In Puglia a sfidare Antonio Decaro sarà il civico Luigi Lobuono, ma per il centrodestra le possibilità di vittoria in questa Regione sono ridotte al lumicino.
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