Crolla l’export tedesco verso gli Stati Uniti, cresce quello verso la Russia. In cifre assolute non c’è paragone, ma il segnale politico è esplosivo. Resta la grana gas: con gli stoccaggi ai minimi si teme un inverno da incubo.
Crolla l’export tedesco verso gli Stati Uniti, cresce quello verso la Russia. In cifre assolute non c’è paragone, ma il segnale politico è esplosivo. Resta la grana gas: con gli stoccaggi ai minimi si teme un inverno da incubo.Quando sono scattati i dazi di Donald Trump, l’Europa ha iniziato a ripetere un mantra: bisogna cercare nuovi mercati. E la Germania, al solito, non ha aspettato i tempi di Bruxelles. Anzi, sembra stia già trovando un nuovo cliente: la Russia.Lo svelano i dati dell’Ufficio di statistica tedesco, Destatis: le esportazioni verso il Paese di Vladimir Putin sono aumentate del 53,5% tra luglio e agosto scorsi e del 31,8% su base annua. L’import, al contempo, è calato: -8,5% in un mese, -27,1% in un anno. Nei confronti di Mosca, insomma, Berlino ha riprodotto lo stesso squilibrio commerciale che vantava nei confronti degli Stati Uniti e che, per effetto delle tariffe e delle pressioni della Casa Bianca, si sta attenuando. Secondo l’Istat tedesco, se l’export verso gli Usa è sceso del 2,5% tra luglio e agosto e del 20,1% su base annua, l’import è invece salito del 3,4% in un mese e del 68,5% in un anno. La Germania resta in vantaggio, con 10,9 miliardi di euro di vendite contro gli 8 di acquisti da Washington. L’export ha però toccato il valore più basso da novembre 2021, quando gli americani comprarono dai teutonici 10,3 miliardi di euro di beni.In cifre assolute, i rapporti con Mosca non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli con l’America: parliamo di 800 milioni di esportazioni ad agosto e 100 di importazioni; in tutto il 2024, il volume di merci consegnate ai russi ha fruttato poco meno di 8 miliardi e mezzo. Il segnale, però, è esplosivo.Intanto, per la tipologia dei prodotti venduti: ci sono i farmaci, ma ci sono pure macchinari e reattori nucleari, a testimonianza di una collaborazione che è sopravvissuta alla guerra in Ucraina. Inoltre, Berlino consegna apparecchiature ottiche e prodotti chimici, essenziali anche per alimentare l’industria bellica dello zar. Il paradosso è che, con il ricavato degli interscambi, i tedeschi potrebbero contribuire a finanziare l’apparato militare che le loro classi dirigenti immaginano schierato contro la stessa Russia.C’è poi una questione più interna all’Ue, che riguarda l’impatto del conflitto sui rapporti tra la Germania e i Paesi del fianco orientale. In primis la Polonia. Qualche giorno fa, le tensioni con Varsavia sono state riacutizzate dall’intervista che Angela Merkel ha rilasciato a un canale YouTube ungherese, nella quale l’ex cancelliera ha accusato baltici e polacchi di aver sabotato il dialogo diretto con Putin, spianando la strada allo scontro armato. Donald Tusk ha reagito con un post su X, in cui ha praticamente rivendicato l’attentato al gasdotto Nord Stream del 2022: «Il problema», ha scritto, «non è che sia stato fatto saltare in aria, ma che fosse stato costruito». Il premier polacco ha aggiunto che estradare uno degli ucraini sospettati del sabotaggio, tale Volodymyr Z., attualmente detenuto in Polonia, cozza con gli interessi di Varsavia. Della quale, peraltro, si è ventilato un possibile coinvolgimento nella missione.La squadra che piazzò gli esplosivi nel Mare del Nord dovrebbe aver avuto connessioni con i servizi segreti di Kiev; l’allora capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, avrebbe approvato l’operazione; e Volodymyr Zelensky ne sarebbe stato al corrente, benché lui, smentendo quando aveva riportato Der Spiegel, abbia sempre negato.Dopodiché, mentre l’Italia ha restituito alle autorità tedesche uno degli ucraini coinvolti nel raid, la Polonia continua a fare muro. È un altro cortocircuito geopolitico: l’Alleanza atlantica si prepara ad abbattere i jet russi che dovessero sconfinare nel suo spazio aereo; l’Ue lavora a un muro anti-droni; eppure, finora, l’unico Paese ad aver attaccato uno Stato membro della Nato è proprio l’Ucraina. Forse con l’aiuto della Polonia. Se non, addirittura, con la collaborazione del Regno Unito.D’altronde, non è un mistero che recidere i legami economici con Mosca sia costato molto caro alla Germania. Ieri, l’Handelsblatt ha pubblicato in esclusiva un’analisi del portale Verivox: il documento stima che, tra il 2020 e il 2025, il prezzo del riscaldamento sia schizzato dell’86% per chi usa il gas e del 131% per chi utilizza il gasolio. L’elettricità necessaria ad alimentare le pompe di calore è rincarata solo - si fa per dire - del 15%. Ma c’è di peggio: stando a uno studio commissionato dalla compagnia energetica Uniper Se, citato da Bloomberg, l’economia tedesca potrebbe subire perdite per 40 miliardi di euro, se la prossima stagione dovesse rivelarsi particolarmente rigida. La causa? Gli stoccaggi di metano più bassi del solito. Persino con le riserve al 90%, un clima severo presenterebbe un conto da 14 miliardi. Il ministero dell’Economia ha rassicurato: non facciamo affidamento solo sugli accantonamenti, ma anche sul Gnl e sui combustibili fossili.Rimane un fatto: è sempre il generale inverno l’arma più micidiale della Russia.
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