2025-10-10
Prevost conciliatore ridà voce a Bergoglio. Prima Esortazione con la «doppia firma»
Il testo scritto in gran parte da papa Francesco prima di morire Al centro la Chiesa per i poveri. Poche le mediazioni di Leone.Nel segno di una continuità, la prima Esortazione apostolica di Papa Leone XIV, Dilexi te, si presenta come una sorta di atto di gratitudine al suo predecessore. Il testo - come trapela da più fonti in Vaticano - era stato pensato e in gran parte scritto negli ultimi mesi di vita di papa Francesco, con l’apporto fondamentale alla bozza preliminare da parte di monsignor Vincenzo Paglia, figura storica della Comunità di Sant’Egidio e tra i suoi più stretti collaboratori nella riflessione sul tema della misericordia.Leone XIV lo ammette fin dall’inizio: «Papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’Esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri, intitolata Dilexi te […]. Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio - aggiungendo alcune riflessioni - e di proporlo ancora all’inizio del mio pontificato». Parole che rivelano la scelta del nuovo pontefice di non imporsi su un testo che chiaramente «ha il profumo» del predecessore. Secondo indiscrezioni interne, la revisione di papa Leone XIV sarebbe stata minima. E in effetti, leggendo l’Esortazione, si ritrovano le coordinate più tipiche del magistero di papa Bergoglio: la centralità dei poveri, la critica all’indifferenza e all’autoreferenzialità, la denuncia di una cultura che scarta. Il cuore del testo è nel richiamo evangelico che attraversa tutta la riflessione: «I poveri li avete sempre con voi» (Matteo 26,11). Utilizzata come una chiave teologica. Scrive il Papa: «Il contatto con chi non ha potere e grandezza è un modo fondamentale di incontro con il Signore della storia. Nei poveri Egli ha ancora qualcosa da dirci».È il linguaggio e la prospettiva di Francesco, ripresa quasi senza mediazioni. L’attenzione ai poveri non è trattata come un capitolo di dottrina sociale, ma come un luogo teologico in cui si manifesta il cuore di Cristo. C’è l’eco della «Chiesa in uscita», la stessa che denunciava «una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame».Al centro dell’Esortazione c’è una parola che da mezzo secolo divide e ispira la Chiesa: «Opzione preferenziale per i poveri». Leone XIV ne offre una lettura nello stile del predecessore: «Si può anche teologicamente parlare di un’opzione preferenziale da parte di Dio per i poveri […]. Questa “preferenza” non indica mai un esclusivismo o una discriminazione verso altri gruppi […]; essa intende sottolineare l’agire di Dio che si muove a compassione verso la povertà e la debolezza dell’umanità intera». Una formulazione che riprende il linguaggio del post-Concilio e lo rilegge in chiave evangelica, come segno della compassione divina e non come categoria politica. Tuttavia, non si può dimenticare che tale espressione, resa celebre dalla teologia della liberazione latinoamericana, fu oggetto di chiarimenti e cautele da parte della Congregazione per la dottrina della fede negli anni Ottanta, quando l’allora prefetto Joseph Ratzinger invitava a non confondere la liberazione cristiana con la lotta di classe.In questo quadro, Dilexi te accoglie anche un altro tema caro al pontificato di Francesco, quello dei «movimenti popolari». Il Papa li aveva definiti «poeti sociali», riconoscendo in essi una forza di trasformazione dal basso. Una prima loro grande riunione voluta da papa Bergoglio si tenne a Roma nel 2014, alla presenza, tra gli altri, del presidente della Bolivia Evo Morales, allora leader dei coltivatori di coca e simbolo della sinistra populista latinoamericana. Per Francesco, questi gruppi - che spesso non hanno nulla di visibilmente cattolico e che in parte ereditano lo spirito delle adunate anticapitaliste - rappresentano quella moltitudine di reietti da cui egli, forse in maniera un po’ romantica, vedeva prorompere «quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino del pianeta».Dilexi te riporta riferimenti alla tradizione cattolica, vengono citati i Padri della Chiesa, i santi della carità e la tradizione monastica come testimoni di una fede concreta, che traduce il grande comandamento dell’amore in gesti quotidiani di servizio e misericordia, non solo materiale. È un modo per ricordare che la cura dei poveri non è una novità, ma appartiene al cuore del cristianesimo. Tra le pratiche concrete emerge anche il richiamo all’elemosina, gesto spesso trascurato nella spiritualità moderna.Ovviamente, è difficile dare un giudizio globale su Leone XIV a partire da un documento che ha ereditato. Dilexi te è un testo «a quattro mani», come a quattro mani fu la prima enciclica di papa Bergoglio, Lumen fidei (2013), scritta da e per papa Ratzinger. Era facile che accadesse nella transizione tra Benedetto XVI e Francesco, perché Benedetto era presente e vivo. Ora Leone XIV, con una scelta che appare in un certo senso di governo, ha deciso di fare la stessa cosa. Anche nella più umile delle parrocchie non si denigra mai il proprio predecessore. E soprattutto al vertice della Chiesa, una delle responsabilità principali di chi ricopre la carica papale è quella di garantire che la sede di Pietro sia tenuta in rispetto e affetto.Non è un mistero per nessuno il fatto che il pontificato di Francesco sia stato tumultuoso, prova ne è stato, a suo modo, lo stesso conclave che ha eletto papa Prevost, alla ricerca com’era di un candidato «moderato». E il Papa, nel suo ruolo di pastore capo, ha ora la responsabilità di riunire il più possibile tutta la Chiesa. Per raggiungere questo obiettivo, deve ottenere tale fedeltà al di là dei confini delle fazioni, dove esiste una serie di preferenze teologiche e culturali.Così Leone XIV imbocca la strada cattolica della prudenza, e in questa via fa suo il testamento del predecessore in questa Esortazione Dilexi te. Un testo che non è propriamente di Leone XIV - per questo bisognerà attendere la sua prima Enciclica - quanto un documento che potremmo definire di transizione.
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