Il prezzo del gas scende, dopo l’annuncio del piano di pace per l’Ucraina, ma l’energia elettrica resta costosa, visti gli aumenti della CO2. Il future mensile relativo al gennaio 2026 è sceso martedì a un minimo giornaliero di 27,52 €/MWh, che rappresenta il valore più basso dal febbraio 2024, compatibile con i valori invernali del periodo prebellico.
Si tratta di un valore significativo, perché è relativo al periodo più freddo dell’anno, quando normalmente la domanda aumenta e i prezzi salgono. In questo caso invece, nonostante il periodo freddo alle porte, i prezzi continuano a scendere, anche se gli stoccaggi europei non presentano la stessa abbondanza raggiunta negli ultimi anni.
Il punto di svolta nell’andamento dei prezzi si colloca attorno al 19-20 novembre, subito dopo la diffusione del piano di pace statunitense per la risoluzione del conflitto in Ucraina. Da allora il prezzo del future mensile è sceso di circa il 13%.
La pubblicazione del documento e l’avvio dei contatti diplomatici legati alla sua discussione coincidono temporalmente con un’accelerazione del calo dei prezzi del gas in Europa. Pur nell’incertezza della trattativa, la possibilità che si arrivi almeno a una sospensione del conflitto pare convincere il mercato. Le aspettative giocano un ruolo fondamentale e questo si vede anche dai prezzi relativi al prodotto annuale. Il future annuale 2026 è sceso a 26,99 €/MWh, prima di risalire un poco ieri.
Chi ha un contratto di fornitura di gas indicizzato al mercato vedrà i benefici in bolletta, con un calo netto dei costi per materia prima.
La sola prospettiva di una trattativa ha ridotto sensibilmente la percezione del rischio sui mercati energetici, già orientati ad un calo per via della maggiore stabilità dell’offerta.
Il mercato globale, infatti, mostra un’offerta molto ampia di gas naturale liquefatto. Gli Stati Uniti continuano a espandere la loro capacità di esportazione. Nel mese di novembre 2025 le esportazioni dagli Usa hanno raggiunto 10,9 milioni di tonnellate, segnando il nuovo record storico mensile (+40% rispetto a novembre 2024). Gli impianti di liquefazione statunitensi operano a ritmi elevati, favoriti dal freddo sulla costa del Golfo che permette maggiore efficienza, cioè minori perdite e minori costi.
Al quadro di abbondanza si aggiungono ulteriori intese internazionali. Poche settimane fa è stato annunciato un accordo tra la Grecia, tramite la società energetica statale Depa, e l’Ucraina, attraverso Naftogaz, per consentire forniture di Gnl statunitense verso il territorio ucraino.
Il gas verrà importato nei terminali greci e inoltrato attraverso le infrastrutture balcaniche, con avvio previsto già dall’inverno 2025-2026. La Grecia ha altresì autorizzato l’esplorazione di giacimenti nelle proprie acque, mentre la società tedesca Sefe (di proprietà del governo di Berlino) ha firmato con una compagnia argentina un accordo di fornitura di due tonnellate all’anno di Gnl per otto anni. Intanto Eni ha inaugurato un nuovo impianto di trattamento del gas in Angola, con una capacità di circa quattro miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Di contro, martedì l’Unione europea ha trovato l’accordo nel trilogo sul regolamento che prevede la progressiva uscita dalle forniture di gas dalla Russia, via gasdotto e sotto forma di Gnl, con un divieto completo previsto al più tardi entro il 1° novembre 2027. L’Ue riceve ancora circa il 13% delle sue forniture di Gnl da Mosca, rendendo la Russia il secondo fornitore per l’Europa dopo gli Stati Uniti.
In questo contesto, l’eventualità che un accordo di pace possa rimettere sul mercato globale maggiori volumi di gas russo non implica necessariamente un ritorno delle forniture verso l’Europa. Una maggiore disponibilità complessiva di offerta sui mercati mondiali è sufficiente a far calare i prezzi anche in Europa, visto che ormai il mercato continentale è influenzato massicciamente dalle dinamiche del mercato Gnl.
Le spedizioni russe verso la Cina, ad esempio, risultano già in aumento: a settembre 2025 le importazioni cinesi di Gnl russo sono cresciute del 73 per cento su base annua, mentre il totale dei flussi di gas russo verso la Cina, inclusi quelli via gasdotto, ha raggiunto oltre 4 miliardi di metri cubi nello stesso mese.
Dunque, l’espansione della capacità di esportazione da parte degli Stati Uniti, i nuovi progetti produttivi in Africa, gli accordi intraeuropei per l’instradamento del Gnl e i livelli di stoccaggio europei (non record ma comunque adeguati) fanno da contorno alla notizia del piano di pace statunitense. In pochi giorni il mercato ha registrato un calo brusco delle tensioni, che segue la notizia della proposta diplomatica sull’Ucraina.
Dall’altra parte però il prezzo dell’energia elettrica a breve termine non scende. Il prezzo sul mercato spot in Italia per oggi è stato fissato ieri a 129,55 €/MWh, ancora alto.
Anche se il prezzo del gas è sceso, infatti, quello della CO2 è salito ed è arrivato in questi giorni a 82 euro a tonnellata. Questo significa che il solo costo dei permessi di emissione incide sul prezzo dell’elettricità per circa 32 €/MWh. Immaginando un’efficienza del 50% nella trasformazione del gas, un impianto termoelettrico ha un costo variabile di produzione teorico di 99€/MWh, compreso il costo della CO2. Come può scendere il prezzo sotto questo valore? Il 33% del prezzo è fatto da una tassa sul nulla. Per come è fatto il sistema, se cala il prezzo del gas, sale quello della CO2. Infatti, da aprile scorso il prezzo di questa è salito di oltre il 35%, mentre il gas al Ttf è sceso del 26%. Un altro grande successo dell’Unione.



