2025-09-12
La flotta italiana ora ha «strizza»: «Chiediamo immunità diplomatica»
Le navi ad Augusta e Siracusa non sono ancora partite, ma la portavoce Delia pretende protezione dal governo, «come fa la Spagna». Intanto il pentastellato Croatti si dà alla diretta social per i follower.Mentre l’Europarlamento approva una mozione promossa dalla sinistra in cui se ne valuta il riconoscimento, Netanyahu è secco: «Non ci sarà una nazione palestinese».Lo speciale contiene due articoli.Quando hanno contato le navi della flotta italiana in partenza da Augusta e Siracusa e hanno scoperto che sono 17, ammiragli, tenenti di vascello e mozzi sono corsi a ingaggiare un gozzo, un gommone, il piccolo naviglio di Stanlio e Ollio, qualsiasi cosa galleggiasse per evitare l’impatto con il drone più pericoloso di tutti: il malocchio. Poi la filiale progressista della Global Sumud Flotilla (sumud significa resilienza in arabo) ha deciso di prendere il largo stamane all’alba per non interrompere l’emozione di un presidio democratico a Ortigia, trascorso a ripassare gli insulti al «genocidio perpetrato dagli israeliani».Il momento è topico e intenso, è dai tempi dell’impresa di Alessandria d’Egitto (ma lì c’era la Decima Mas, ben altra flottiglia, meglio soprassedere) che l’Italia non mostra i muscoli nel Mediterraneo orientale. La rotta è definita: le imbarcazioni con 120 militanti raggiungeranno fra un paio di giorni in un punto misterioso il grosso del convoglio (totale 55 barche, 600 persone in crociera) salpato da Tunisi, per poi fare rotta verso le infide acque internazionali dove - secondo una narrazione degna di Zerocalcare - sarebbero attese dalle cannoniere brunite della perfida marina israeliana, intenzionata a impedire la consegna degli aiuti umanitari nella striscia di Gaza. Dopo la faccenda dei droni fantasma, derubricati a razzi segnalatori cascati male e addirittura a fantasmagoriche molotov volanti in arrivo dalla spiaggia, la Flotilla procede con prudenza. Spiega la portavoce, Maria Elena Delia: «È stata un’intimidazione che ci dà ancora più forza. L’unica contromisura che stiamo prendendo è quella di continuare a chiedere al governo l’immunità diplomatica, come ha fatto la Spagna…». Necessaria per alimentare il marketing politico Pro Pal con qualche nuance di provocazione, nella speranza che gli israeliani ci caschino. Poiché le navi sono mediamente piccole (dagli 11 ai 15 metri e non commerciali), i famosi aiuti stivati ammontano a 350 tonnellate di materiale, che sarebbe arrivato facilmente a destinazione attraverso i canali ufficiali della cooperazione. Basti pensare che ogni giorno gli stessi israeliani e le Ong americane fanno entrare a Gaza 850 tonnellate di generi di prima necessità. Uno scenario che trova del tutto contrari i quattro politici italiani a prua in rappresentanza dell’opposizione. Annalisa Corrado (europarlamentare Pd), Benedetta Scuderi (europarlamentare Avs), Arturo Scotto (deputato dem) e Marco Croatti (senatore M5s) si marcano stretto. Gli altri tre non vedono di buon occhio la sovraesposizione di quest’ultimo, che ha assicurato ai suoi follower la diretta video della kermesse umanitaria con gamberetti e protezione 30. È proprio Croatti a sottolineare, confondendo mare e terra come in certe pizzerie: «Questa non è un’azione politica, ma di cittadinanza che sta riempiendo le piazze in maniera importante e deve essere supportata». L’azione dimostrativa prosegue, attivisti e militanti sperano di riuscire ad arrivare vicino alle spiagge di Gaza per consegnare gli aiuti alle associazioni umanitarie, affiancati da una nutrita delegazione araba, dettaglio che non depone a favore di un’evoluzione pacifica. Sulle barche italiane ci sono anche il presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche (Ucoii) Yassine Lafram, accompagnato dal vice Kheit Abdelhafid, imam della moschea di Catania. «Diventa un atto di dignità collettiva partire con una flotta di civili per rompere l’assedio, portare gli aiuti e tornare a casa sani e salvi». Auguri. Poiché quel tratto di mare è stato dichiarato «territorio bellico» da Israele, il momento più delicato sarà quando la Global Flotilla, per moltiplicare l’effetto mediatico, tenterà di forzare il blocco in vigore dal 2007. Non serve essere Horatio Nelson per capirlo, basta avere fatto un corso accelerato di strategie leonka a Milano.Negli ultimi due tentativi di mostrare i muscoli (giugno e luglio scorsi), le navi Madleen e Handala sono state abbordate e i membri dell’equipaggio prima arrestati e poi espulsi da Tel Aviv. Per chiarire ancora meglio la situazione, il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir (un falco) ha avvertito che «Israele tratterà gli attivisti alla stregua di terroristi». Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito che «i nostri concittadini avranno tutto il supporto diplomatico, anche se ribadisco che avvalersi dei canali umanitari, già attivi ed efficaci, eviterebbe di esporre i partecipanti ai rischi derivanti dal recarsi in una zona di crisi».Mentre i cuori impavidi si apprestano a bordeggiare verso levante, la Commissione europea ha negato il supporto di Bruxelles con parole dure: «Azioni di questo genere rischiano di portare a un’escalation». Una posizione che chiama in causa con corresponsabilità pesanti leader politici come Elly Schlein e Giuseppe Conte in caso di incidenti. Peccato che Ursula von der Leyen, nelle pieghe degli 800 miliardi del progetto ReArm Europe, non abbia trovato qualche spicciolo per salvaguardare l’incolumità del Frente popular a bagnomaria. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/flotta-italiana-ora-ha-strizza-2673986475.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bibi-affossa-la-soluzione-a-due-stati" data-post-id="2673986475" data-published-at="1757647465" data-use-pagination="False"> Bibi affossa la soluzione a due Stati Per la prima volta dall’inizio della guerra esplosa dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, il Parlamento europeo ha deciso di affrontare direttamente la questione palestinese. A Strasburgo è stata approvata una risoluzione dal titolo eloquente: «Gaza al limite: l’azione dell’Ue per combattere la carestia, l’urgente necessità di liberare gli ostaggi e procedere verso una soluzione a due Stati». Il documento, promosso dai gruppi S&D, Verdi e Renew, è stato approvato con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. La parte più controversa resta l’invito agli Stati membri a «valutare la possibilità di riconoscere lo Stato di Palestina», con l’obiettivo di rilanciare la prospettiva dei due Stati come soluzione al conflitto. Ma la questione solleva nodi sostanziali: la Palestina non ha confini riconosciuti a livello internazionale, non esiste un accordo sulle linee territoriali definitive e ogni proposta negoziale è naufragata. La Cisgiordania è frammentata, sotto un’Autorità nazionale palestinese senza reale legittimazione e incapace di controllare vaste aree, mentre Gaza è governata da Hamas, gruppo armato responsabile del massacro del 7 ottobre. Parlare di «Stato palestinese» significa dunque prescindere dai requisiti fondamentali del diritto internazionale: confini definiti e piena sovranità. Il voto ha diviso profondamente sia la maggioranza sia l’opposizione. All’interno della coalizione di governo, Forza Italia ha votato a favore, Fratelli d’Italia si è astenuta e la Lega ha espresso voto contrario. Spaccature anche nel fronte progressista: il Partito democratico ha sostenuto la risoluzione, mentre il Movimento 5 stelle si è opposto. Leoluca Orlando, unico verde italiano presente, ha votato no, mentre per Sinistra italiana risulta astenuta Ilaria Salis. Decisiva, in questo quadro, la cancellazione della parola «genocidio» dal testo finale.In netto contrasto con la linea europea, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che non ci sarà alcuno Stato palestinese. «Manterremo la nostra promessa che non ci sarà uno Stato palestinese, questo posto ci appartiene», ha dichiarato, intervenendo alla cerimonia di firma di un progetto di insediamento a Maale Adumim, colonia israeliana nella Cisgiordania occupata, a Est di Gerusalemme. Intanto, Hamas ha diffuso le immagini del funerale delle vittime dell’attacco israeliano di martedì a Doha. Nelle foto si vedono soltanto due alti funzionari del movimento: Osama Hamdan e Izzat al Rishq. Quest’ultimo figurava tra gli obiettivi del raid dell’Idf. Assenti invece Khalil al Hayya - indicato dal presidente israeliano Isaac Herzog come il principale bersaglio dello strike «perché ostacolava l’accordo di tregua e rilascio degli ostaggi» - e altri dirigenti di peso come Khaled Mashal. Khalil al-Hayya è il leader ad interim di Hamas nella Striscia di Gaza dopo l’eliminazione di Yahya Sinwar. Vive in Qatar dopo anni di attività a Gaza. Si è unito ad Hamas durante la Prima Intifada, è stato imprigionato in Israele negli anni Novanta ed è sopravvissuto a diversi tentativi di assassinio. Nessuna conferma ufficiale sulla loro sorte, ma il silenzio di Hamas alimenta i sospetti che possano essere rimasti uccisi. Sul fronte diplomatico, il Qatar ha smentito con decisione le indiscrezioni di Axios secondo cui l’attacco israeliano avrebbe incrinato i rapporti con Washington. In un comunicato, Doha ha definito la partnership con gli Stati Uniti «più forte che mai e in continua crescita». Nel frattempo, la guerra continua e secondo il Times of Israel, cinque divisioni dell’Idf - decine di migliaia di soldati - sono pronte per l’offensiva su Gaza City. La 36ª divisione è stata ritirata da Khan Younis, nel Sud della Striscia, dopo mesi di operazioni, per essere ridispiegata verso il nuovo fronte. Contestualmente, Netanyahu ha convocato una riunione ristretta con i vertici della sicurezza per discutere un piano di «emigrazione volontaria» dei palestinesi dalla Striscia di Gaza. Secondo fonti citate dal Times of Israel e confermate da Channel 13, il progetto prevede la possibilità per i civili di lasciare l’enclave già dal prossimo mese, attraverso corridoi aerei e navali.
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