
Dopo il tentativo andato a vuoto in Italia a fine 2021, la proposta di indire un referendum che chiedeva l'annullamento delle modifiche alla legge sulla caccia federale è fallita pure nel Paese elvetico.Prima in Italia, ora in Svizzera. Il tentativo del mondo animalista-ambientalista di abolire la caccia ha trovato ancora una porta chiusa. Se a fine 2021 a sbarrare la strada alla raccolta firme che avrebbe dovuto portare al referendum nel nostro Paese è stata l'enorme quantità di sottoscrizioni non ritenute valide, stavolta in Svizzera è stato determinante il mancato appoggio da parte delle più importanti associazioni e organizzazioni ambientaliste elvetiche per la conservazione della biodiversità, dal Wwf Svizzera a Birdlife, fino a Pro Natura e al Gruppe Wolf Schweiz, il Gruppo lupo svizzero, che si sono dette tranquille in quanto ritengono «possibile la coesistenza tra uomo e lupo, sulla base della legge rivista e modificata il 16 dicembre 2022». Un mancato appoggio che non ha permesso il raggiungimento delle firme necessarie per arrivare al referendum che chiedeva l'annullamento delle modifiche alla legge sulla caccia federale. Per ottenere il passaggio al referendum sarebbero servite 50.000 firme ma, secondo quanto comunicato dal comitato referendario, ne sono state raccolte appena due terzi. Una raccolta firme che era stata lanciata lo scorso 29 dicembre da alcune organizzazioni in difesa del lupo, in seguito alla revisione della legge sulla caccia adottata dal Parlamento svizzero che, stando alle organizzazioni animaliste, diminuisce di molto la protezione del lupo, aumentando le autorizzazioni agli abbattimenti e alle uccisioni preventive. «Ci sono diversi motivi per cui non abbiamo raggiunto le 50.000 firme necessarie al referendum» - hanno spiegato in una nota i promotori del comitato referendario Wolfs-Hirten - «Semplicemente ci è mancato il sostegno delle organizzazioni e dei partiti per la conservazione della natura, che hanno considerato questo referendum senza speranza, o addirittura, controproducente». Organizzazioni animaliste che lamentano come con questo mancato referendum «nulla ostacolerà più un vero massacro dei lupi» e promettono ancora battaglia: «Non ci arrenderemo, ma continueremo a lavorare per i lupi e per la protezione delle greggi. Tuttavia, il governo federale e le grandi organizzazioni per la protezione della natura hanno ora il dovere particolare di lavorare per mettere in pratica la regolamentazione della caccia che tenga adeguatamente conto della protezione dei lupi. Noi sicuramente continueremo a seguire questo sviluppo». Il punto è che le stesse organizzazioni animaliste che si sono astenute dall'appoggiare questa raccolta firme, hanno ritenuto le modifiche apportate alla legge sulla caccia lo scorso dicembre, un buon compromesso, in considerazione del fatto che la legge non mette in pericolo la specie. Va poi ricordato come già nel giugno del 2021, circa l80% degli elettori svizzeri aveva respinto un altro tentativo di referendum contro la caccia, così motivato dal governo: «L'iniziativa si basa su una posizione critica rispetto alla caccia. Essa si pone contro la caccia quale istituzione. L'iniziativa si fonda sulla convinzione espressa in modo trasparente dai promotori secondo la quale la caccia sarebbe sbagliata e la caccia privata dovrebbe essere respinta. Di conseguenza, l'iniziativa scardina l'attuale sistema di caccia e non raggiunge in parte di gran lunga i propri obiettivi di protezione degli animali. Riducendo la pressione venatoria l'iniziativa indebolisce il bosco e la biodiversità, mettendo in pericolo la protezione della popolazione e degli animali. Per tutti questi motivi il Gran Consiglio respinge l'iniziativa». Intanto in Italia, è stato presentato alla commissione Agricoltura della Camera un dossier sul controllo e il contenimento della fauna selvatica, con particolare riferimento al lupo e al cinghiale. Un documento redatto dall'ufficio Ricerche della Camera, che contiene un'analisi comparativa della normativa e delle politiche in tutti i paesi dell'Unione europea e che punta a raggiungere e mettere in atto un piano di gestione spalmato nell'arco di cinque anni.
Francesca Albanese (Ansa)
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