2025-04-19
Esposto su De Pasquale «recidivo»
Il pm ignora la condanna per rifiuto di atti d’ufficio e rilancia le accuse (già cadute) nello stralcio del processo Eni-Nigeria. Una anomalia segnalata a Carlo Nordio e al Csm.La parabola del magistrato Fabio De Pasquale si arricchisce di un nuovo, controverso capitolo. Dopo la condanna in primo grado per rifiuto di atti d’ufficio nel processo Eni-Nigeria, la mancata conferma da parte del Csm nel ruolo di procuratore aggiunto e la recente bocciatura del ricorso al Tar del Lazio, in molti si sarebbero aspettati un passo indietro. Al contrario, De Pasquale non solo rimane operativo, ma continua a condurre in aula un procedimento che ha le sue radici nello stesso impianto accusatorio già demolito in due gradi di giudizio. Il processo è quello contro Aliyu Abubakar, uomo d’affari nigeriano, escluso dal primo processo per un vizio procedurale ma soprattutto già assolto in Nigeria dalla corte federale di Abuja. Eppure, L’11 aprile scorso, De Pasquale ha chiesto per lui una condanna a 5 anni di reclusione (sentenza 14 luglio). E proprio in questa cornice si riaffaccia una questione che ha già segnato la carriera di De Pasquale: la gestione di atti potenzialmente favorevoli alla difesa, documenti che - secondo i giudici di Brescia - avrebbero potuto mutare l’esito del processo principale, se solo fossero stati depositati in tempo. I documenti in questione, forniti a suo tempo dal collega Paolo Storari, furono ritenuti decisivi per valutare la credibilità del grande accusatore, Vincenzo Armanna, ex manager Eni. La sentenza del tribunale di Brescia è stata netta: se quegli atti fossero stati messi a disposizione della difesa «già all’udienza preliminare», il processo Eni-Nigeria non sarebbe nemmeno cominciato. Anche il Tar del Lazio ha ribadito poche settimane la gravità della condotta di De Pasquale, definendola incompatibile con il dovere di imparzialità e correttezza richiesto a un magistrato.Nel procedimento contro Abubakar, tuttavia, la scelta di non depositare di nuovo quegli atti solleva quindi più di un dubbio. La decisione di De Pasquale potrebbe costituire una condotta dolosa, anche perché sull’operato del magistrato c’è già una sentenza che ha definito «di particolare gravità» il suo comportamento «omissivo» nel primo processo. Per di più, il giudice dell’udienza preliminare, che ha ricevuto la richiesta di condanna da parte di De Pasquale, e soprattutto il procuratore capo di Milano, Marcello Viola (da cui De Pasquale dipende), potrebbero trovarsi nella scomoda posizione di dover valutare se trasmettere gli atti alla Procura di Brescia per eventuali approfondimenti. Anziché presentare una denuncia, al momento gli avvocati di Abubakar, Roberto Rampioni e Carlo Farina, hanno presentato un esposto indirizzato ai vertici della giustizia italiana - dal ministro della Giustizia Carlo Nordio al Consiglio superiore della magistratura - chiedendo come sia possibile che De Pasquale continui a sostenere un’accusa in un processo nel quale è già stato giudicato non imparziale e non rispettoso delle regole fondamentali del giusto processo. Un altro elemento rilevante è che, nel merito dell’intera vicenda Opl 245, nessuna delle accuse originarie ha retto in giudizio. Del miliardo di dollari circa versato dalla compagnia Malabu per la concessione del giacimento, 200 milioni sono stati sequestrati a Londra, mentre i restanti 800 milioni sono confluiti su conti in Nigeria. Gran parte di queste somme è risultata riconducibile a Dan Etete, ex ministro del Petrolio, che le avrebbe utilizzate per acquisti personali - fra cui sette veicoli blindati, un jet privato da 30 milioni di dollari, immobili di lusso a Dubai. Non è emersa alcuna prova concreta del pagamento di tangenti a pubblici ufficiali. L’unico sospetto, un presunto pagamento per l’acquisto di una casa destinata all’ex ministro della Giustizia Adoke Bello, è stato smentito in giudizio sia in Italia che in Nigeria. Un carabiniere indagato viene sospeso. Un magistrato condannato per violazioni professionali resta in aula. Per molti osservatori non è solo un’anomalia, è una crepa nel sistema della giustizia.