2025-04-09
«Musk invoca lo stop alle tariffe». E dopo insulta il consigliere di Donald
Secondo il «Washington Post», il magnate chiede di cambiare strategia economica. Su X, spara a zero sul consulente per il commercio, che lo ha accusato di essere un «assemblatore di pezzi» prodotti altrove.Secondo due fonti anonime consultate dal Washington Post, nel fine settimana Elon Musk avrebbe cercato di convincere Donald Trump a fare marcia indietro sui dazi. Un tentativo che, evidentemente, non ha ottenuto i risultati sperati. Il patron di Tesla, intanto, dopo aver mandato messaggi più o meno subliminali per alcuni giorni, ieri ha esternato i suoi malumori insultando Peter Navarro, consigliere per il Commercio della Casa Bianca. Questi, durante un’intervista a Cnbc, ha affermato che il magnate non è un produttore di automobili, bensì un assemblatore di pezzi prodotti in Giappone, Cina e Taiwan. E il diretto interessato non l’ha presa bene.Secondo alcuni media statunitensi, il disaccordo sui dazi sarebbe la prova definitiva della frattura tra Trump e Musk. Un matrimonio complicato fin dalle origini, visti gli interessi economici di cui è portatore l’uomo più ricco del mondo, ma che finora ha retto su molti temi. Il proprietario di X, negli ultimi giorni, ha lasciato intendere di non condividere l’approccio dell’amministrazione al commercio internazionale. Lo ha fatto, con discrezione, pubblicando un video di Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976, in cui vengono celebrate le virtù del libero mercato. Lo ha ribadito nel fine settimana, durante il suo intervento al congresso della Lega, dove ha auspicato un futuro senza imposte indirette di alcun tipo nel commercio tra Usa e Ue. Tutto ciò, in linea teorica, non smentisce la strategia del presidente degli Stati Uniti, il cui obiettivo è chiaramente quello di riequilibrare in modo meno sfavorevole al suo Paese gli scambi internazionali. Una volta ottenuto ciò - se, cioè, i partner si decidessero a varare misure di rilancio dei redditi interni, riallineando così naturalmente i conti con l’estero - nulla vieterebbe di tornare a dazi inferiori (o addirittura nulli). Questa, d’altra parte, è la vera carta che gli europei dovrebbero giocarsi al tavolo delle trattative.Ed è anche quello che si augurano molti repubblicani. Ieri, infatti, i senatori del Grand old party hanno esortato il rappresentante per il commercio Usa, Jamieson Greer, a negoziare accordi con i leader mondiali. «Tutti quelli con cui parlo sono grati che stiamo effettivamente affrontando la questione del deficit commerciale e cercando di abbattere le barriere al commercio», ha detto il senatore James Lankford a Greer, ma «vogliono anche avere una tempistica» su quando le misure verranno revocate. Se guardiamo soltanto a Tesla, l’azienda da inizio anno ha perso circa il 40% del suo valore azionario e ha visto crollare vertiginosamente le vendite in Europa (solo in Germania, nel primo trimestre, il calo delle immatricolazioni è del 62,2% rispetto all’anno precedente). Musk rimane un imprenditore e ieri, di fronte a un attacco personale da parte di un alto funzionario della Casa Bianca, ha esternato la sua irritazione. «Quando si parla di dazi e commercio», ha affermato Navarro in un’intervista a Cnbc, «tutti noi alla Casa Bianca capiamo - e anche il popolo americano lo capisce - che Elon è un produttore di auto, ma in realtà non è un produttore di auto. È più che altro un assemblatore di auto, in molti casi. Se vai al suo stabilimento in Texas, una buona parte dei motori che utilizza, che nel caso dei veicoli elettrici sono le batterie, proviene dal Giappone e dalla Cina. L’elettronica arriva da Taiwan». «Quello che vogliamo noi», ha aggiunto, «e qui sta la differenza nel nostro modo di pensare rispetto a quello di Elon, è che le gomme vengano prodotte ad Akron, le trasmissioni vengano fatte a Indianapolis, i motori costruiti a Flint e Saginaw. Vogliamo che le auto siano fabbricate qui». Il consigliere di Trump, nel suo intervento, ha continuato con un esplicito riferimento alla Germania (che, come sempre sostenuto da questo giornale, è il vero obiettivo dei dazi imposti all’Ue): «Questo modello di business in cui Bmw e Mercedes arrivano a Spartanburg, in South Carolina, e ci fanno assemblare motori tedeschi e trasmissioni austriache non funziona per l’America. È dannoso per la nostra economia, è dannoso per la nostra sicurezza nazionale. Vogliamo che vengano qui. Con Elon è tutto a posto. È una persona che si occupa di auto, vuole componenti straniere a basso costo e lo capiamo. Ma noi li vogliamo a casa». La risposta di Musk non si è fatta attendere. «Navarro è proprio un imbecille», ha scritto su X commentando una clip dell’intervista: «Quello che dice qui è dimostrabilmente falso». «Tesla ha le auto più americane in assoluto», ha aggiunto sotto, pubblicando uno studio secondo cui, tra le dieci auto con più pezzi statunitensi, nelle prime quattro posizioni compaiono solo modelli di Tesla: «Navarro è più stupido di un sacco di mattoni». Poi, con uno dei suoi giochi di parole, ha rinominato il consigliere «Peter Retarrdo».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
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