2024-07-21
Elly qui è pop ma in Ue prende sberle
Schlein, dipinta come leader delle piazze, a Strasburgo fa flop: oltre alla guida del gruppo socialista, il Pd perde la commissione Regi, promessa ad Antonio Decaro. Riciclato all’Ambiente.C’è da dire che i giornali da sempre benevolenti con quell’area ribattezzata pretenziosamente «lib-lab», di fatto mestamente sinistrorsa, hanno una lunga tradizione manipolativa nei confronti dell’immagine dei segretari del Partito democratico. Nei lontani anni Duemila sono riusciti, senza peraltro l’aiuto dei social, a trasformare in carismatica icona pop perfino «sleepy» Walter Veltroni e il suo esotismo caritatevole. Impossibile dimenticare le lenzuolate a nove colonne nelle quali, pur di glorificare il padre di quel baraccone dispendioso che è stato per Roma la Festa del Cinema, veniva scomodato nientemeno che John Fitzgerald Kennedy; dimenticando - in ognuna delle carezze mediatiche dispensate a piene mani in favore del segretario - i suoi fallimenti politici. Stesso fortunato destino sembra essere toccato in sorte all’attuale segretaria Elly Schlein, esaltata in un generoso pezzo sulle pagine di Repubblica nelle stesse ore in cui nel Pd a Strasburgo regna il caos e la delegazione italiana dentro al gruppo dei Socialisti & Democratici prende l’ennesimo schiaffo.All’Europarlamento si stanno definendo i cosiddetti «top jobs», ossia la spartizione delle poltrone più importanti. Il Pd, che costituisce con i suoi 21 eurodeputati la delegazione più numerosa all’interno dei Socialisti & Democratici (S&D), che è il secondo gruppo più numeroso dell’Europarlamento dopo il Ppe, ha volontariamente rinunciato alla presidenza del gruppo. Avrebbe avuto legittime aspirazioni per ambire a fare la staffetta con i popolari per la presidenza del Parlamento europeo, che dura cinque anni (di solito divisi in due anni e mezzo al Ppe e gli altri due anni e mezzo a S&D), ma Pina Picierno, che ha ottenuto una delle tante vicepresidenza dell’Eurocamera, ha già annunciato che non sarà un piddino a diventare presidente. Fuori due. In questi giorni si stanno chiudendo gli accordi per la composizione e le presidenze delle commissioni parlamentari: Elly Schlein aveva rassicurato i suoi rivelando di aver stretto un accordo di ferro con il premier rumeno per realizzare una staffetta alla guida della commissione per lo sviluppo regionale (Regi), affidando i primi due anni e mezzo all’ex sindaco di Bari, Antonio Decaro. Giovedì scorso quell’accordo è diventato carta straccia e il Pd ha perso anche quella poltrona, che pur le spettava da manuale Cencelli: fuori tre. A condimento del pasticcio in salsa europea, l’ex sindaco è stato ricompensato con la presidenza della commissione Ambiente, ambita (comprensibilmente, dopo i disastri in Emilia Romagna) dalla segretaria Schlein, a discapito però di un’altra piddina, Alessandra Moretti, che era riuscita a ottenere l’incarico dopo una disputa interna con le colleghe di partito Annalisa Corrado e Irene Tinagli. A Strasburgo i piddini stanno litigando malamente e si sono già divisi in fazioni: schleiniani da una parte e riformisti dall’altra, ma anche peones e vecchia guardia, per non parlare della guerriglia scattata per riconfermare Pina Picierno alla vicepresidenza dell’Europarlamento, anche stavolta a discapito del «povero» Decaro. Di questo gran guazzabuglio, lo spazio dedicato dai media tradizionali è stato esiguo: vuoi mettere quanto è più gustoso stendere articolasse sull’ira di Giorgia Meloni che non ha ottenuto il rappresentante speciale per il fianco Sud della Nato? In tutto questo, il Pd a Strasburgo è ancora senza un capodelegazione. La segretaria, del resto, ha di meglio da fare: l’altroieri - riferisce Repubblica - a corredo di un articolo sulla segretaria «scesa in piazza» per firmare contro l’autonomia differenziata («Noi del Pd testardamente unitari», titola il quotidiano, sic), un bel ritratto sulla rivalsa pop di Schlein «tra calcio, abbracci e una chitarra»: così la segretaria, scrive Repubblica, «diventa la leader pop che si prende la piazza». Ed ecco che, «mentre Giorgia diventa Meloni, Schlein diventa Elly». Elly che «si fa prendere in braccio dai gemelli di Avs Bonelli e Fratoianni», come un tempo Benigni prendeva in braccio Berlinguer (perfino a noi pare un sacrilegio). Elly che - straordinario! - indossa «jeans e camicetta», mentre «Meloni è in tailleur» (ovviamente, «griffato»). Elly che - fenomenale! - «sbarca su TikTok», social network che esiste dal 2016 e che perfino Silvio Berlusconi aveva scoperto ben prima di lei, già due anni fa. Val poco ricordare che la classifica Sensemaker dei politici sui social vede Meloni (e non Elly) protagonista indiscussa: 14,4 milioni di interazioni e 72 milioni di visualizzazioni video soltanto nel mese di giugno. Elly Schlein in quella classifica, che misura la vera popolarità nell’era digitale, è ottava. Però vuoi mettere, Elly «suona la chitarra, (…) sfila, manifesta, lancia referendum e richieste di dimissioni». Dal Nazareno? Macché, Elly ormai è icona pop, di conseguenza è «sempre rigorosamente in piazza», mentre «Meloni è nel palazzo». E gli eurodeputati che si vedono sfilare tutti gli incarichi di rilievo a Strasburgo? «Mangino brioches», par rispondere Marie Antoinette Schlein.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)