
Una donna inglese sfrutta le leggi sul gender per farsi identificare come uomo sui documenti ufficiali. Poi, con la fecondazione assistita, mette al mondo un figlio. Ora pretende di essere riconosciuta come il padre del piccolo, e le istituzioni vanno in tilt.Stanno trasformando la vita in una faccenda di burocrazia, per cui una carta bollata vale più della biologia e dell'ordine naturale. Ecco perché bisogna fare attenzione anche ai minimi dettagli. Anche in Italia, ormai, è possibile cambiare sesso sui documenti ufficiali anche se non si è completato il processo di transizione. Bastano un po' di scartoffie e il gioco è fatto: sulla carta d'identità la donna può dichiararsi uomo e viceversa.Qualcuno dice: sono solo formalità, che ve ne importa? E invece no. Non si tratta semplicemente di questioni di principio. Nel mondo ribaltato che sorge sotto i nostri nasi il cavillo regna e può produrre mostri come quello spuntato di recente in Gran Bretagna. Ecco la storia.Comincia, come ormai accade di frequente, con una donna intenzionata a cambiare sesso. La signora in questione, diversi mesi fa, ha deciso di diventare uomo. Per cui si è rivolta alle autorità britanniche chiedendo di essere ufficialmente riconosciuta come maschio.Benché il suo corpo fosse ancora quello di una femmina, costei ha ottenuto un Gender recognition certificate, poiché le leggi inglesi consentono il mutamento di genere anche prima che l'iter chirurgico della transizione sia concluso.Così, agli occhi dello Stato, la nostra donna è diventata un uomo trans di nome TT. E qui arriva il bello. Appena dopo aver ottenuto la certificazione di virilità (non erano nemmeno passati dieci giorni), all'inizio del 2018, la signora ha deciso di avere un figlio. Ha fatto ricorso a una banca del seme e ha approfittato dei suoi attribuiti femminili per restare incinta. Nove mesi dopo, la natura - che è testarda e si indigna a funzionare nello stesso modo da sempre - le ha permesso di dare alla luce un bambino.Risultato: il signore trans chiamato TT ha partorito un figlio (la stampa inglese lo chiama YY). Non è la prima volta che accade: di trans che sfornano bambini ce ne sono parecchi in giro per il mondo. Solo che il caro TT è diverso dagli altri. Quando si è trattato di registrare il figlio all'anagrafe, non ha voluto essere indicato come madre del piccolo, ma come padre.I funzionari dell'anagrafe sono rimasti di stucco e hanno fatto presente a TT che la legge parla chiaro: chi partorisce un bambino ne è a tutti gli effetti la madre e così va registrato sui documenti. Niente da fare: TT ha spiegato che la società è cambiata e che bisogna adeguarsi: passare per madre lede i suoi «diritti umani».Così si è rivolto a un avvocato e ha fatto ricorso alla High court britannica. Il suo avvocato, Hannah Markham, ha spiegato che le leggi sulla natalità non sono «più compatibili» con la società moderna e con le numerose espressioni dell'identità di genere. Verrebbe da dire che la biologia se ne frega abbastanza della società moderna e pure del genere, e infatti quello che per lo Stato inglese e la sua burocrazia è un uomo ha potuto partorire un bambino. Ma queste sono considerazioni troppo conservatrici, troppo arretrate: non sono gradite ai fautori dei diritti trans.La palla, dunque, è passata ai giudici del Regno Unito. I quali si sono trovati parecchio in difficoltà. Da una parte avevano TT che gridava alla «discriminazione». Dall'altra c'erano i funzionari dell'anagrafe che non sapevano quali pesci pigliare: il trans aveva partorito, ma era in possesso di una carta ufficiale che ne certificava il sesso maschile.Sulle prime, hanno provato a cavarsela con un compromesso, ovvero hanno proposto di registrare TT come «madre maschio» o «genitore gestante» del piccolo YY. Ma il pastrocchio non è stato approvato, perché appunto il diritto non lo consente.Insomma, non resta che attendere la decisione della High court per capire che cosa sarà scritto sul certificato di nascita del bambino. Sir Andrew McFarlane, il giudice supremo, ha voluto però chiamare in causa il governo britannico, poiché la vicenda apre almeno un paio di enormi questioni politiche.La prima riguarda la possibilità per i trans di fare ricorso alla fecondazione assistita. In effetti viene da chiedersi per quale motivo una donna che vuole diventare uomo dovrebbe poter diventare madre. Se rifiuti la femminilità dovresti rigettarla in toto, non solo a pezzetti.Poi, ovviamente, la storia di TT tira in ballo le leggi inglesi sul diritto di famiglia e, in particolare, le norme sulla natalità. La Corte deciderà nei prossimi giorni, e il piccolo YY rischia di diventare il primo bambino nella storia a non avere una madre. Il primo nato dal ventre di suo padre. Del resto, grazie al fuoco del progresso, tutto è possibile, e la biologia è ridotta a una mera opinione. Molto meglio le carte bollate della natura, no?
Vincenzo Bassi, presidente della Fafce (Ansa)
Ursula von der Leyen chiude i rubinetti alla cattolica Fafce. Carlo Fidanza: «Discriminazione ideologica».
Dica l’associazione candidata se al centro della propria attività figura la promozione della disparità di genere. Se non c’è, niente finanziamenti Ue. È quanto si è vista rispondere la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche europee (Fafce), incredibilmente esclusa dai fondi per progetti europei perché, secondo la Commissione Ue, pone la promozione della famiglia composta da uomo e donna al centro della propria attività e dunque «fornisce informazioni limitate sulla disparità di genere», contravvenendo alle «misure europee per l’uguaglianza».
Kaja Kallas (Ansa)
I ministri della Cultura lanciano un appello per far fronte alla presunta minaccia di Vladimir Putin, invocando perfino l’uso del cinema per promuovere i valori dell’Unione. E Kaja Kallas manipola la storia: «Russia mai attaccata negli ultimi 100 anni». Scorda i nazisti...
Il circolo culturale di Bruxelles è salito in cattedra. Non trovando una strada percorribile e condivisa per mettere fine alla guerra in Ucraina, l’Unione europea ha deciso di buttarla sulla Storia, sulle infrastrutture culturali, sulla «resilienza democratica», «sui contenuti dai valori comuni». Armiamoci e studiate. Così ti viene il dubbio: stai a vedere che Fedor Dostoevskij torna ad essere praticabile nelle università italiane e il presidente Sergio Mattarella fra otto giorni va alla prima della Scala ad applaudire Dmitrij Sciostakovic. Niente di tutto questo, con la Russia non si condivide nulla. Lei rimane fuori, oltrecortina: è il nemico alle porte.
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.
Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.
Sergio Mattarella (Getty Images)
Rotondi: «Il presidente ha detto che non permetterà di cambiare le regole a ridosso del voto». Ma nel 2017 fu proprio Re Sergio a firmare il Rosatellum a 4 mesi dalle urne. Ora si rischia un Parlamento bloccato per impedire di eleggere un successore di destra.
Augusto Minzolini riferisce una voce raccolta da Gianfranco Rotondi. Durante un incontro tenuto con l’associazione che raggruppa gli ex parlamentari, Sergio Mattarella si sarebbe lasciato andare a un giudizio tranchant: «Non permetterò che si faccia una legge elettorale a ridosso del voto. Abbiamo avuto l’esperienza del Mattarellum, che fu approvato poco prima delle elezioni, e diversi partiti arrivarono alle urne impreparati. Bisogna dare il tempo alle forze politiche di organizzarsi e prepararsi alle nuove elezioni». Lasciamo perdere il tono usato dal capo dello Stato («non permetterò…» sembra una frase più adatta a un monarca che al presidente di una Repubblica parlamentare, ma forse l’inquilino del Quirinale si sente proprio un sovrano) e andiamo al sodo.






