
Il Mercosur, così com’è, non s’ha da firmare, né domani né mai. Ursula von der Leyen viene messa all’angolo e sabato non potrà volare come sperava e come ha promesso agli industriali tedeschi, desiderosi di vendere le auto che lei ha bloccato in Europa con lo sciagurato green deal ad argentini, brasiliani, paraguaiani e uruguagi (ammesso che questi ultimi abbiano i soldi), a Foz do Iguaçu, in Brasile, dove l’attende uno smanioso Lula da Silva. Emmanuel Macron - in patria ha una situazione disastrosa: gli agricoltori gli bloccano il Paese per il Mercosur ma anche per l’epidemia di dermatite nodulare che minaccia le mandrie e Sébastien Lecornu, il primo ministro, non riesce a far passare la legge di bilancio - non può permettersi un passo indietro e ripete: il conto non torna, l’accordo non si può firmare.
È l’unico modo che ha per tenere a freno la rabbia delle campagne e non scoprirsi politicamente: tre quarti dello schieramento transalpino è contro l’accordo e da fronti opposti Jaen-Luc Mélenchon e Marine Le Pen lo attaccano. Si accodano alla posizione francese l’Irlanda, l’Austria e la Romania mentre la Polonia e l’Ungheria sono pronte a mettere il veto. La posizione italiana è decisiva: l’apporto di Roma può costituire una minoranza di blocco che immobilizza la Commissione (ieri, secondo l’Agi, la Von der Leyen avrebbe annunciato ai leader Ue la decisione di posticipare a gennaio la firma dell’accordo). Il ministro per la Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, aveva anticipato: di Mercosur si parla solo se ci sono garanzie per gli agricoltori.
Ieri Giorgia Meloni - su cui fa molta pressione la Francia - ha affidato a una nota ufficiale di Palazzo Chigi ciò che Roma vuole: «In merito all’accordo sul Mercosur, come già dichiarato in Parlamento dal presidente Meloni e ribadito anche al presidente del Brasile, Lula, il governo italiano è pronto a sottoscrivere l’intesa non appena verranno fornite le risposte necessarie agli agricoltori, che dipendono dalle decisioni della Commissione europea e possono essere definite in tempi brevi». Lula da Siva ha fatto sapere che ha avuto una telefonata con Giorgia Meloni che gli avrebbe chiesto «di avere pazienza una settimana, dieci giorni, quanto serve per arrivare alla firma». L’indiscrezione, anticipata da Le Figaro, non trova conferma, ma è indice che il presidente brasiliano vuole forzare l’accordo in ogni modo.
È, invece, la Von der Leyen che, rimangiandosi i tagli alla Pac e accogliendo in toto la posizione espressa tre giorni fa dall’Eurocamera, se vuole può sbloccare l’accordo. Il Parlamento europeo ha sancito con ampia maggioranza (Ecr-Fdi si è astenuto mentre i nazionalisti che comprendono anche la Lega e i lepenisti hanno votato contro) che di Mercosur si parla solo a due condizioni: controlli stringenti sui requisiti ambientali, di benessere animale, di salubrità, di rispetto etico e di sicurezza alimentare dei prodotti importati (è la clausola di reciprocità); con una clausola di salvaguardia sulle importazioni di prodotti sensibili tra cui pollame o carne bovina. Se l’import aumenta del 5% su una media triennale, si torna ai dazi. Le indagini devono essere fatte entro tre mesi e la sospensione delle agevolazioni deve essere immediata. Il fatto è che il presidente della Commissione non ha accusato ricevuta e sembra voler andare dritta per la sua strada sempreché i 10.000 agricoltori che ieri hanno messo a ferro e a fuoco Bruxelles assediando palazzo Berlaymont gliela lascino imboccare.
La baronessa, impegnatissima a sostenere l’imminenza del pericolo russo e perciò la necessità di armarsi, cerca disperatamente di far vedere che l’Europa conta. Per lei il Mercosur, il mega accordo commerciale con Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay più annessi che deve creare un’area di libero scambio da 700 milioni di persone, è il segno della potenza europea. Ha anche un’altra esigenza: rispondere a Donald Trump andando nel suo giardino di casa a stringere accordi doganali. La Von der Leyen vuole impedire che Javier Milei, il presidente argentino, faccia totalmente rotta su Washington e che il Brasile si leghi con la Cina. Anche il presidente del Consiglio europeo, il portoghese Antonio Costa, che ha qualche nostalgia commerciale verso la ex colonia brasiliana, ha fatto molte promesse agli industriali tedeschi, moltissime alla Danimarca - attuale presidente di turno dell’Ue - e all’Olanda che aspetta l’arrivo a Rotterdam delle navi brasiliane.
Ma Roma vuole per sé l’autorità doganale europea in modo da controllare le merci in arrivo. Tutti elementi di cui la Von der Leyen non si è curata e che mettono il Mercosur su un binario morto.






