
Finora non abbiamo imparato niente dall'epidemia. Questa è l'occasione per ritrovare il timore sacro della morte e diventare padroni di noi stessi. Dalla sovranità personale nasce quella nazionale. Mentre lo schiavo baratta la libertà con la sicurezza.Non mi sembra che, almeno fino a ora, si siano tratte chissà che lezioni dall'incontro ravvicinato con il Covid-19, il micro organismo venuto per uccidere, che in poche settimane ha rovesciato il mondo intero, mietendo vittime con sorprendente facilità. Forse anche perché abbiamo speso un paio di secoli costruendo culture apposite per fare dimenticare la morte, descritta fino a qualche settimana fa anche da autorevoli scienziati come l'ormai prossima vittima del vittorioso cammino della scienza (e la gente ci aveva creduto).Peccato che invece la miglior difesa della vita sia, da sempre, la conoscenza della morte e il timore sacro (il rispetto) nei suoi confronti. L'assoluta impreparazione che ha colto il mondo dopo decenni che nei grandi laboratori scientifici si studiava il coronavirus attraverso i suoi numerosi fratelli (Sars eccetera) , e si sapeva e scriveva che sarebbe arrivato e avrebbe messo in ginocchio il mondo, è innanzitutto una sconfitta culturale. Poco serve che la scienza sappia e scopra, se poi non c'è una cultura umana che faccia la sintesi di quei dati e quelle ipotesi. Come i dati già raccolti nei computer sui terroristi non sono bastati ad evitare l'attentato alle Torri Gemelle, perché nessun decisore politico li aveva letti e interpretati. Poi però, oggi, bisogna svegliarsi.È indispensabile ora smettere di restare lì sul ring a prendere pugni dai virus, ma anche da autorità politiche, scientifiche, religiose tristemente ignoranti, il cui mestiere sarebbe quello di proteggerci dal male, ma che non sono state in grado di preparare un'efficace e informata difesa di una consistente fetta di viventi: i seniores, i più anziani, spesso depositari di saperi e di memorie di vita utilissime, che purtroppo vanno perdute (e si vede). Né sono riusciti in cose più semplici; tipo, in tre mesi di pandemia procurare ai cittadini almeno le mascherine per proteggersi. Di fronte ad autorità politiche, scientifiche e amministrative combinate in questo modo diventa indispensabile, vitale, tirare i remi in barca, ritirare ogni tipo di delega, e cercare di ritrovare un proprio equilibrio, personale e di gruppo, che ci aiuti a rimetterci in piedi. Si tratta di un capovolgimento psicologico profondo, questo del ritorno ad assumere una piena responsabilità personale e di gruppo: una vera rivoluzione culturale e spirituale. Un fenomeno parallelo, d'altra parte, alla generale scoperta della necessità di recupero della sovranità, non solo politica ma personale, e indispensabile all'altra. È il servo a rinunciare volontariamente alla sovranità, per venire protetto: ma, come tutti abbiamo visto in questi anni e ultimi giorni, non lo sarà. Come racconta Georg Wilhelm Friedrich Hegel nel suo saggio su servo e padrone, è chi si prende la responsabilità della sua vita rischiando la morte che diventa libero e padrone della propria esistenza.Ciò però non è più avvenuto, in fondo, nel mondo intero da 75 anni, la fine della seconda guerra mondiale. Questo lungo periodo è stato interamente dedicato prima alla ricostruzione poi allo sviluppo, al cui centro non era più la persona umana, ma l'economia, non la vita, ma la sopravvivenza. E alle diverse ideologie a questo asservite. Ciò ci ha reso più ricchi, ma, anche molto più deboli (anche fisicamente e moralmente) e di sicuro non felici. Il '68 è stato un primo segnale di qualcosa che non funzionava, anch'esso del resto rapidamente riassorbito nel primato dell'economia, in seguito ancora rafforzato dopo la caduta dell'Urss e con la globalizzazione.La vita umana però, e la sua cultura, vale a dire la riflessione su cosa essa sia e cosa ci rende più forti e più felici, non può essere ridotta a una passeggiata nel welfare state, nella società dell'abbondanza e della sicurezza (clamorosamente smentita dalle pandemie). Abbondanza e sicurezza sono allegati promozionali dell'attuale modello economico del consumismo industriale e dei miti a esso indispensabili per funzionare. Che però non funziona, proprio perché è basato sulla deresponsabilizzazione dei cittadini, ridotti appunto a produttori consumatori, privati però delle decisioni significative sulla propria vita, delegate ad autorità sempre più lontane, e quindi parzialmente invisibili e irraggiungibili. L'Unione europea (che naturalmente non è l'Europa, entità territoriale, culturale e spirituale molto concreta) è nata proprio così, con le infinite carte del trattati, per togliere forza e influenza, anche con le sue migliaia di funzionari, a quell'altra, l'Europa millenaria dei popoli e delle culture. La quale invece fin dalla filosofia stoica latina, Seneca e Marco Aurelio, e ancora prima quella greca con Socrate, sapeva bene come la libertà e la responsabilità dell'individuo fosse l'unica forma per costruire una vita buona e felice (per quanto possibile).Sapevano anche (su questo è costruita la grandezza dell'Occidente) che la pienezza della vita umana è fondata sulla capacità di trascendersi, di donarsi, di custodire il mondo e la vita come qualcosa di prezioso, di cui, appunto, abbiamo la personale responsabilità. Una visione attiva, fondata sul fare e far crescere, e non sul conservare e goderne. Al centro della quale sta il coraggio e il dono di sé. Per capirci: il contrario dei Giuseppi. Impossibile dunque mettere a frutto qualcosa dell'esperienza con il Covid-19 senza vedere l'accaduto come una guida di cosa non fare. E quindi scegliere la decisione e la responsabilità contro il rinvio; il coraggio contro la paura; la franchezza contro l'ambiguità; il diritto contro il buonismo filomafioso che ti fa mandare a casa i delinquenti. Tutto ciò però si nutre d'altro, diverso, che non ha nulla a che fare con i giochi di potere e di interesse della politica, e della cieca subalternità che essa chiede, e qualche volta pretende, come ha fatto in molti passaggi del confinamento. È qualcosa che si nutre della responsabilità e l'amore verso i luoghi dove la vita si forma e cresce: ad esempio la natura, che non è uno slogan politico ma un'esperienza esistenziale, e i bambini. Per nulla rispettati dal modo di gestire l'epidemia. Ho sotto gli occhi l'ultimo numero Lancet dedicato ai problemi di bambini e adolescenti durante la pandemia. In esso scienziati di centri di cultura di tutto il mondo (tranne l'Italia) presentano linee guida per ottenere comportamenti sani nei bambini durante il confinamento, che sono state completamente disattese nella gestione italiana di questi mesi. Abbiamo chiuso i bambini (poco o mai sensibili al virus) per mesi nelle case abbandonandoli davanti ai vari schermi video invece di organizzarne gli sport e i giochi all'aria aperta, abbiamo vietato i campi giochi e i parchi, esponendo i bimbi al rischio di deficit della vitamina D, fondamentale nello sviluppo, di disturbi mentali, miopia e depressione. Il tutto generando gravi disturbi nel sonno, esperienza fondamentale per il bambino. E ancora si resiste a rimetterli in libertà, persino dove il virus non c'è...E si canta: «Bella ciao!».
Mattia Furlani (Ansa)
L’azzurro, con 8,39 metri, è il più giovane campione di sempre: cancellato Carl Lewis.
iStock
L’azienda sanitaria To4 valuta in autonomia una domanda di suicidio assistito perché manca una legge regionale. Un’associazione denuncia: «Niente prestazioni, invece, per 3.000 persone non autosufficienti».
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Le motivazioni per la revoca di alcuni arresti: «Dalla Procura argomentazioni svilenti». Oggi la delibera per la vendita di San Siro.