2018-06-28
Dove finiscono i soldi dell’accoglienza: «Faccio un milione e vado in Grecia»
Intercettati, i gestori delle Onlus arrestati a Latina parlavano di come usare i quattrini incassati per i migranti Uno: «Compro casa al mare». L'altro: «Io mi prendo un bazar». Intanto lasciavano gli «ospiti» senza i bagni.Intanto Luigi Manconi, ex senatore del Pd, usa l'Ufficio antidiscriminazioni presso Palazzo Chigi per far propaganda su Ong, rom e accoglienza. E invita alla «resistenza» contro Matteo Salvini e il governo. Forse è l'ora di togliergli il megafono.Lo speciale contiene due articoliLa Dionea o Venere acchiappamosche è una pianta carnivora la cui voracità fa pensare a quella dei gestori e dei soci delle cooperative La Ginestra e Azalea, arrestati l'altro ieri, a Fondi nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Procura di Latina e condotta dalla squadra mobile della Questura del capoluogo pontino e dal commissariato di Fondi sulla gestione di alcuni centri di accoglienza straordinaria tra Lenola, Monte San Biagio e Fondi. Sei persone in manette, due, in carcere, tutti ai vertici delle Onlus composte da familiari che facevano affari con l'accoglienza e, quindi, sulla pelle dei migranti attraverso stipendi esagerati, affidamento di pulizie mai effettuate e canoni di affitto per immobili sempre di famiglia. In poco più di due anni e mezzo sui conti correnti dei «benefattori» sono arrivati 4 milioni e 100.000 euro di fondi statali per l'accoglienza. La parte del leone la fa la onlus La Ginestra del presidente Luigi Macaro. Per gli investigatori sarebbe lui, 35 anni, a gestire diversi centri, tra i quali Villa Luda, situato in Via Zara, a Fondi, per la quale paga 6.000 euro al mese di affitto, quattro volte di più di altre case anche più grandi, semplicemente perché è dei suoi genitori. Non solo. È lui che, sempre secondo gli inquirenti, ammasserebbe nelle case il triplo o il quadruplo di immigrati rispetto l'effettiva capienza sempre in nome del Dio denaro. A leggere le carte della Procura la famiglia Macaro intasca «per la gestione degli stranieri 537.000 euro nell'arco di 30 mesi, tra il febbraio 2015 e l'agosto 2017: 102.000 euro a lui in qualità di presidente, 141.000 ai genitori Cinzia Agresti e Mauro Macaro per l'affitto dell'immobile di via Zara e 294.000 alla madre in qualità di presidente della Coop Villa Lu.Da Onlus (con soci il fratello e uno zio) che ha l'appalto delle pulizie. E sono proprio le condizioni igieniche quelle nel mirino dei sopralluoghi degli inquirenti che riscontrano «la presenza di sporcizia ovunque, di ratti nei pressi degli avanzi del cibo lasciato in giacenza, nonché cibo avariato negli armadi, muffa ovunque e un forte sgradevole odore«.Del resto in una telefonata intercettata tra il padre di Macaro e Luigi Panozzo si parla della situazione dei bagni inesistenti e della fossa biologica aperta in una struttura da pulire ogni 5 giorni perché «sverza e puzza». Una situazione che «manco a li cani» dicono al telefono. Neanche la onlus Azalea è in regola con gli immobili e anche qui il presidente Panozzo chiama Orlando una persona di fiducia. Luigi: «Ma il bagno a Valle Marina?». Orlando: «lo faccio, la settimana prossima». Luigi: «Così stiamo coperti perché se vengono a fare i controlli... di 5 bagni .... se no stiamo fuori fuori fuori».Luigi: «Orla' facciamolo se no finiamo in mezzo a un bordello...per una cazzata del genere chiudiamo... sull'igiene... su sta cosa qua non si scherza. Possiamo farli restare senza mangiare ma su sta cosa qua non c'è niente di opinabile. Hai capito? La fogna sta fuori... e noi lo prendiamo in culo, hai capito?».In base alle intercettazioni si scopre invece che Macaro vorrebbe investire i soldi che guadagna comprando una villa a Fondi e creando una società per comprare un negozio di alimentari. Luca:» Piero buongiorno. Dobbiamo fare questa società per aprire un negozio».Piero: «Prendo appuntamento col notaio».Luca: «Ci serve qualche zona libera».Piero: «Ok per aprire un bazar...».Luca: «Bazar, alimentari, cose di casa...questi fatti qua».Il 20 marzo parla con il suo agente immobiliare dell'acquisto di un'abitazione: «La casa l'ho chiusa a 314.000 e non 325: 110.000 tra mutuo e contanti... 200.000 con 48 cambiali.. .come hai detto tu... se mi mandi un documento di riconoscimento e codice fiscale… ti preparo la proposta».Anche il presidente di Azalea, Panozzo, vuole investire visto che la sua onlus ha incassato 630.000 euro che però non lo fanno dormire: comprare una casa in Grecia a Missolungi, famosa perché vi morì Lord Byron.Donatella: «Non dormi più tranquillo non stai a vivere più tranquillo…». «Eh, lo so» risponde Panozzo «ne vale la pena fino a quando mi sono messo da parte 1.000.000 di euro».Telefona allo zio Marco: «Mica mi puoi vedere una cosa giù da comprare...».«Ce n'è tante di case belle in vendita adesso», replica lo zio.E poi telefona alla zia Carmina: «Zia, ho chiesto a zio che mi vede… mo' mi compro una casa a Missolungi».La zia: «Li devi giustificare questi soldi… dove li hai presi, capito? (…) Stai attento a come ti muovi». Luigi: «No a chi?».La zia «Mmmm».Luigi: «A chi? La?».La zia: «E non lo so...».Luigi: «No no niente... comunque la prendo, tra due anni me ne vado là… me ne vado in pensione là».In un'altra telefonata Orlando Tucci parla con il proprietario di una abitazione a proposito delle proteste degli immigrati, che paralizzarono mezza Fondi, per il pocket money, la diaria di 2,50 euro giornalieri per le piccole spese.D:»In poche parole queste ragazze si sono spogliate in mezzo all'Appia... solo col perizoma... a' ciammotta da fuori... porco...hanno fatto un macello».Tucci: «Scusa noi non c'entriamo per niente».D: «Ho capito. Sono arrivato là ho visto la polizia ... i carabinieri e queste che strillavano «pocket money, pocket money»... mi chiedevo, ma voi a sti ragazzi questi pocket money ce li avete dati o non ce li avete dati?...no ma voi siete mongoloidi...».Tucci: «Ma di fronte alla Questura non ce li hanno dati?».D.: «Non ce li hanno dati. So dovuto andare al bancomat a prendere 450 euro e darceli ... ma voi che cazzo ci tenete dentro le cervella?».Tucci: «Scusami se mi hanno detto...ma io ho visto i prelevamenti dei soldi e che ci hanno fatto?»D: «Li hanno dati ai maschi ieri...»Tucci: «Ho capito ai maschi ...ma pure loro... a me mi hanno fatto fare la cosa...»In un'altra telefonata viene fuori la paura dei boss. Un socio infatti avverte: «Cercate di fare meno telefonate possibili».Sull'insospettabile giro di guadagni illeciti nel nome dell'accoglienza e della solidarietà è partita l'operazione Dionea. Ma come ha detto il procuratore di Latina Carlo Lasperanza: «L'inchiesta non è chiusa».Sarina Biraghi Fabio Amendolara<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dove-finiscono-i-soldi-dellaccoglienza-faccio-un-milione-e-vado-in-grecia-2581867409.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="manconi-allunar-per-parlare-male-del-governo" data-post-id="2581867409" data-published-at="1758080927" data-use-pagination="False"> Manconi all'Unar per parlare male del governo Poiché il Partito democratico ha deciso di non ricandidarlo alle Politiche, a Luigi Manconi bisognava per forza trovare un posticino. Così, il 2 febbraio del 2018, l'allora premier Paolo Gentiloni ha deciso di piazzarlo, come coordinatore, all'Unar, ovvero l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali istituito nel 2003 presso la presidenza del Consiglio. Manconi ha preso servizio il 24 marzo di quest'anno e va ricordato che il suo incarico è a titolo gratuito. Beh, ci mancherebbe pure che fosse pagato dallo Stato. Non è ben chiaro, infatti, quale sia il beneficio che il nostro Paese trae dall'esistenza dell'Unar. Dopo gli scandali legati alle associazioni gay che, nel 2017, hanno portato alle dimissioni del direttore Francesco Spano, si poteva cogliere l'occasione per trasformare questo ufficio in un ente pubblico serio, levando di mezzo un po' di ideologia. Ovviamente, le cose sono andate in modo molto diverso. È stato scelto Manconi, che dell'ideologia è un vero campione. Non per nulla, la sua attività in questi primi si può riassumere in una sola parola: propaganda. Per la precisione, propaganda contro il governo (di cui l'Unar, per altro, sarebbe una sorta di emanazione). Facciamo qualche esempio. Un paio di giorno dopo il putiferio scoppiato sulle frasi di Matteo Salvini riguardo il «censimento» dei rom, il Comune di Roma ha deciso di sgomberare il Camping River. Una struttura di cui si discute inutilmente da anni, che i «nomadi» avrebbero dovuto lasciare il 15 giugno. Manconi non ha perso l'occasione per diffondere un comunicato stampa. «Un'ora fa, alla notizia dello sgombero di una parte dei rom residenti nell'insediamento Camping River di Roma», ha scritto, «avevo chiesto che ciò avvenisse nel pieno rispetto dei diritti fondamentali delle persone. Sembra proprio che così non sia avvenuto. Immagini e foto drammaticamente lo confermano. Si deve constatare ancora una volta, e dolorosamente, che alle situazioni emergenziali non si trovano alternative serie, capaci di rispettare la dignità delle persone». Bene, bravo. Ma a parte dire che lo sgombero viola i diritti umani (cosa del tutto opinabile), che cosa ha fatto concretamente il capo dell'Unar? Niente. Del resto, sembra che la sua unica funzione sia proprio questa: gridare alla discriminazione e al razzismo, indignarsi per le decisioni della Lega o dei 5 stelle. Dopo essersi stracciato le vesti per la sorte dei rom di Roma, Manconi si è dedicato al tema migranti, uno dei suoi cavalli di battaglia. Il 21 giugno - in occasione della Giornata mondiale del rifugiato - ha partecipato come relatore al convegno «Voci di confine», organizzato dall'Amref in collaborazione con il Comune di Milano nell'ambito dell'iniziativa «Insieme senza muri». Ovvero la rassegna pro accoglienza che si è conclusa sabato scorso con il pranzo-pic nic dei migranti al parco Sempione di Milano. Insomma, trattasi di un evento politico con un orientamento molto preciso. Più o meno come il convegno organizzato il 25 giugno dall'associazione Carta di Roma, il cui scopo è quello di «vigilare» sulla deontologia professionale dei giornalisti italiani. Manconi ha partecipato a un'iniziativa sulle parole utilizzate per raccontare le migrazioni. Lo scopo della serata, manco a dirlo, era quello di dimostrare che termini come «invasione» siano clamorosamente sbagliati. «Al centro di tutto ci sono le parole che si inseguono nella narrazione giornalistica delle migrazioni», spiegava il comunicato stampa. «Quelle usate male nella cattiva comunicazione, quelle che costruiscono la percezione allarmistica di un fenomeno che, guardato in silenzio, ha un aspetto diverso e sorprendente». All'evento in questione, oltre a Manconi, hanno partecipato pure Laura Boldrini, Gad Lerner, Giusi Nicolini (ex sindaco di Lampedusa), l'attivista Yvan Sagnet e Carlotta Sami dell'Unhcr. Praticamente un concentrato del pensiero dominante in materia di migrazioni. Lo stesso pensiero che Manconi esprime praticamente ogni volta che prende la parola. Sull'ultimo numero dell'Espresso (quello che invita alla mobilitazione dei «Partigiani» democratici contro l'attuale esecutivo), il coordinatore dell'Unar ha vergato un pregevole articolo in cui si strugge per la sorte della nave Aquarius, ripetendo i consueti luoghi comuni sull'Italia che si gira dall'altra parte, le onde spaventose e il vento a 35 nodi. Non stupisce che Manconi si schieri tra i sedicenti partigiani. Il 26 giugno ha partecipato a una presentazione del libro Non lasciamoli soli. Storie e testimonianze dall'inferno della Libia (Chiarelettere) dei giornalisti di Repubblica Alessandra Ziniti e Francesco Viviano. Appena ha preso la parola, Manconi ha chiarito subito la sua posizione: «Siccome ho avuto occasione di intrattenere acerrime polemiche con il ministro dell'Interno, Marco Minniti, non sono disposto a condividere l'affermazione che Minniti e Salvini pari sono. [...] Esiste il peggio e il meno peggio. Gli individui razionali cercano sempre il meno peggio rispetto alla prospettiva del peggio e del pessimo», ha detto. Poi ha aggiunto: «Bisogna provare a immaginare delle soluzioni, delle forme di difesa. Utilizzo un termine delicatissimo ma in questo caso necessario: resistenza». Già, Manconi vuole fare la resistenza dall'interno di un organismo che fa capo alla presidenza del Consiglio. L'Unar è, in pratica, il suo megafono, per altro nemmeno troppo efficace. E allora domandiamo: per che diamine ci ostiniamo a tenere in piedi questo inutile carrozzone? Di produttori seriali di ideologia, in giro, ce ne sono già abbastanza. Riccardo Torrescura