
Dopo quasi dieci anni, aumentano in Italia le infezioni da HIV, molte delle quali diagnosticate in fase già avanzata (AIDS), soprattutto tra le persone eterosessuali.Lo rivela l'ultimo report del Centro Operativo AIDS (COA), le diagnosi di Hiv sono in crescita in Italia. Nel 2023 sono stati registrati 2.349 nuovi casi, che arrivano a circa 2.500 tenendo conto delle segnalazioni ancora da registrare. Ogni giorno sette persone hanno scoperto di essere sieropositive, di cui quattro già in una fase avanzata dell’infezione.Il picco era stato raggiunto nel 2012 con 4.000 nuovi casi, da lì in poi la situazione stava migliorando quando con l'arrivo del Covid-19, si registra uno dei dati più bassi di sempre. Ora la curva torna a crescere in modo inquietante in particolare tra le persone eterosessuali e tra quelle di età compresa tra i 40 e i 49 anni. E mentre per quanto riguarda l'incidenza delle nuove diagnosi in Italia è stata di 4,2 casi per 100.000 residenti, inferiore alla media di 6,2 registrata nei paesi dell'Europa occidentale, sulle diagnosi tardive il dato si inverte, l'Italia supera la media di Europa occidentale, centrale e anche orientale. Il 60% delle diagnosi di HIV arriva quando il virus ha già danneggiato gravemente il sistema immunitario. Questo danno si misura attraverso la conta dei linfociti CD4, che il virus usa per replicarsi: quando scendono sotto le 350 unità per microlitro di sangue, la diagnosi è considerata tardiva, poiché le difese dell'organismo sono già state compromesse e aumenta il rischio di infezioni e altre patologie. Una persona su quattro riceve la diagnosi già in stato di AIDS, cioè con una conta di CD4 inferiore a 200 o con la presenza di sintomi caratteristici di un sistema immunitario compromesso. Le conseguenze delle diagnosi tardive sono inevitabilmente gravi: aumenta il rischio che le terapie antiretrovirali siano poco efficaci, che si sviluppi una resistenza al trattamento o che insorgano altre complicazioni. È anche una questione di salute pubblica, perché favorisce la diffusione del virus, che invece non viene trasmesso dalle persone in terapia antiretrovirale efficace.Altro aspetto rilevante è che le infezioni riguardano soprattutto le fasce di popolazione adulta, in prevalenza eterosessuale, sia maschi che femmine che, ci dicono i dati, sembrano più esposti ad errate percezioni del rischio e dunque anche al rischio di infezione e di gravi ritardi nelle diagnosi. La maggior parte delle nuove infezioni, l’86,3%, è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, soprattutto tra persone eterosessuali: il 26,6% maschi eterosessuali e il 21% donne; gli MSM (uomini che fanno sesso con uomini) rappresentano, nel 2023, il 38,6% di tutte le nuove diagnosi. Le persone che consumano droghe per via iniettiva (IDU) costituiscono il 3,4% del totale. Va segnalato nel 2023 un aumento delle donne con nuova diagnosi di HIV: stabile da anni intorno al 21% del totale la percentuale è salita fino al 24% nell’anno in esame un dato che si riferisce a tutte le modalità di trasmissione. Più di un terzo (il 35%) di chi ha effettuato il test lo abbia fatto perché già presentava sintomi correlati ad una infezione avanzata. Altre statistiche ci raccontano che prima del 2020, l'incidenza più alta si registrava tra le persone di 25-29 anni. Oggi il picco si osserva nella fascia 30-39 anni, che comprende il 28% delle diagnosi del 2023; subito dopo viene il gruppo 40-49 anni. Inoltre in dieci anni sono quasi raddoppiate le diagnosi a persone con età compresa tra i 50 e i 59 (dal 12% al 20% del totale) e agli over 60 (dal 5% al 9%). In entrambe le fasce d'età il rischio di diagnosi tardiva è particolarmente elevato: tre persone su quattro scoprono di aver contratto l'infezione in fase avanzata e il 40% è già in stato di AIDS. Al crescere dell’età, aumenta anche la differenza di genere: il divario più alto si registra tra gli over 70, con l'85% di uomini e il 15% di donne.La regione che ha segnalato più casi è stata la Lombardia (377), seguita da Lazio (348), Emilia Romagna (253) e Campania (228). Nelle province di Roma e Milano (quelle con incidenza più alta), dopo una diminuzione durata fino al 2020, da un triennio si osserva invece un marcato aumento.
Federico Cafiero De Raho (Imagoeconomica)
Giovanni Russo avrebbe scritto al suo capo che il finanziere Pasquale Striano andava allontanato dalla Direzione nazionale antimafia.
«Procuratore, il problema è questo qua. In un assetto così gerarchizzato ma nello stesso tempo così stretto come la Direzione nazionale antimafia […] tutti i soggetti apicali in qualche modo sono fuori controllo». Giovanni Russo, già procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, braccio destro di Federico Cafiero De Raho (ora parlamentare pentastellato) lo precisa il 21 maggio 2025 davanti ai magistrati della Procura di Roma titolari dell’inchiesta sulle spiate nelle banche dati investigative ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo, che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate. Russo non risparmia «Franco Roberti», poi diventato parlamentare europeo del Pd.
Matteo Salvini (Ansa)
Il ministro: «Le toghe politicizzate sono una minoranza pericolosa da isolare per il bene della democrazia». L’ex membro Csm: «Le opinioni dell’Anm si riverberano sulle inchieste». Ambrogio Cartosio: «Ricostruzioni fantasiose».
La verità fa male: lo scoop di ieri del nostro giornale, con l’intervista del vicedirettore Giacomo Amadori al giudice Anna Gallucci, fa tornare indietro di anni le lancette del rapporto tra politica e magistratura e scatena la inevitabile indignazione di Matteo Salvini. La Gallucci ha rivelato, tra le altre cose, un episodio inquietante accaduto a Termini Imerese e risalente al 2018: «ll procuratore (Ambrogio Cartosio, ndr), titolare per legge dei rapporti con i cronisti», ha raccontato tra l’altro la Gallucci, «mi autorizzò a partecipare con lui a una conferenza stampa, all’indomani delle elezioni politiche del 2018.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».






