2025-10-20
I dem appioppano le bombe alla destra, ma Ranucci frena sulla pista politica
Il volto di «Report» spazza via le teorie del Pd e degli intellò sul legame tra l’attentato e la presunta deriva autoritaria.Dunque in Italia esiste un serio problema di mancanza di democrazia. Il dibattito pubblico è viziato e violento, l’informazione è sotto ricatto, la libertà di espressione è minacciata. E questo clima, dicono illustri pensatori, favorisce il manifestarsi di eventi estremi come la bomba che ha attentato alla vita di Sigfrido Ranucci e della sua famiglia. Di questo clima, ci viene ripetuto, sono responsabili le destre e più genericamente i populisti. «Nel nostro Paese», scrive Ezio Mauro su Repubblica, «da anni è in corso una forma sottile di delegittimazione populista prima e reazionaria poi, che assimila totalmente il giornalismo all’élite maledetta (i “pennivendoli”), lo iscrive automaticamente alla classe dirigente condannata in via di principio (“i poteri forti”), lo banalizza come struttura servente del potere invece che come infrastruttura della democrazia (i “giornaloni”), quasi fosse un’industria della menzogna e non una professione che testimonia a nel suo piccolo un impegno civile».Certo, dice Mauro, anche la sinistra ha qualche responsabilità perché quando governa si cimenta nella «lottizzazione burocratica». Ma sono appunto i populisti a mostrare «feroce disprezzo per la democrazia». Quanto alla destra di governo, dimostra un «impeto autoritario» che «sfugge al libero confronto fatto di domande e risposte, reagisce con il vittimismo alle critiche e soprattutto non tollera l’esistenza di una cultura concorrente e indipendente, considerando ogni rilievo giornalistico come una manifestazione antagonista e addirittura anti patriottica». Tutto ciò, conclude l’ex direttore di Repubblica, è «un vizio congenito, che nasce dalla tendenza a scambiare il governo per una missione, dall’abitudine di scegliere la divisione del Paese come strumento del proprio insediamento, dall’incapacità di parlare a tutti e ascoltare le diverse opinioni: e infine dall’errore di considerare la volontà popolare incompatibile con la sua delimitazione costituzionale: con la conseguenza che il leader eletto, una volta giunto al governo, si considera sciolto dal rispetto dei limiti nell’esercizio del comando». Perfino Massimo Cacciari arriva a sostenere che vi sia un legame fra l’attacco al volto di Report e l’attuale contesto politico: «È un’intimidazione alla libertà di stampa che si colloca dentro questo stato di eccezione, di continua emergenza». Non vogliamo dire che non vi siano elementi di verità in ciò che sostengono i due lumi della sinistra italiana. È vero che vi sia stata una ruvida svalutazione del ruolo della stampa nel corso degli anni, ed è indubbio che a ciò abbiano partecipato i 5 stelle. I quali però, nonostante gli attacchi ai «giornaloni» e ai «pennivendoli», rimangono alleati del Partito democratico, che dovrebbe tenerli a distanza se davvero li considerasse responsabili di tali e tante nefandezze. Ed è forse anche vero che talvolta la destra insiste all’eccesso nelle esternazioni contro «una certa sinistra», degnando di troppe attenzioni chi non le merita perché esangue. Ci sono tuttavia almeno due questioni non aggirabili nei ragionamenti sviluppati dai commentatori progressisti nelle ultime ore. Il primo è che il legame tra l’inaccettabile e preoccupante attentato a Ranucci e le presunte derive autoritarie della destra resta tutto da dimostrare. Anzi, lo stesso Ranucci, intervistato ieri a In Mezz’ora, indica tutt’altre ipotesi. «Tocchiamo talmente tanti interessi, talmente tanti argomenti, talmente tanti centri di potere che è un po’ impossibile capire chi ci sia dietro, ma io credo che sia un’opera di qualcuno legato alla criminalità o comunque di qualcuno che si serve della criminalità», dice il giornalista. «Non vedo scenari di mandanti politici, la politica ha altri strumenti se vuole fare male. Quindi sarei molto più con i piedi a terra, tuttavia è possibile che qualcuno possa pensare di fare un favore a qualche amico, questo sì. Abbiamo in ballo delle puntate molto delicate che riguardano interessi anche criminali e questo può farci pensare che l’origine sia quella, ma nessuno esclude che possa essere qualcosa invece di passato». Insomma, il diretto interessato non accredita la tesi delle responsabilità politiche e della deriva totalitaria. Ipotesi che, del resto, appaiono un po’ tirate per i capelli a chiunque abbia un filo di buonsenso.Se ogni querela diventasse un proiettile, tutte le redazioni avrebbero come sede il camposanto, e fra una polemica - per quanto violenta - e una bomba vi è un abisso. Per altro, risulta che la sinistra sia sempre pronta a negare ogni legame fra le proprie dichiarazioni e, ad esempio, le manifestazioni violente degli antagonisti. Perché, allora, se fra le parole e le spranghe non vi è legame dovrebbe invece essercene uno tra i comunicati stampa e gli esplosivi?Soprattutto, però, a Mauro e altri sembra sfuggire un particolare non secondario. Se si vuole individuare chi in questi anni ha fatto della divisione e della svalutazione e disumanizzazione dell’avversario un sistema di governo e di lotta politica, tocca per forza cercare in ambito progressista. La destra ha talvolta usato toni duri nei riguardi delle opposizioni, ma da sinistra sono giunte accuse costanti, sproporzionate e violentissime. Se per raccontare la storia italiana recente ci si basasse sugli editoriali di Repubblica, si dovrebbe affermare che in Italia ci sono ancora i fascisti al potere e che questi ultimi hanno fatto morire volontariamente migliaia di stranieri in mare, hanno oppresso e vessato le minoranze di ogni genere, hanno brigato per fare ammalare gli italiani di Covid, hanno perseguitato scrittori, registi e intellettuali di ogni sorta. Diciamo che il rispetto dell’avversario è cosa leggermente diversa. Senza contare, elemento ancora più pregnante, che è per lo meno dai tempi di Silvio Berlusconi che gli elettori di destra (e dei 5 stelle e di ogni altro movimento che sia estraneo all’area Pd-Avs) vengono raccontati come ignoranti, subumani e imbecilli pericolosi. A ciò vanno aggiunti gli innumerevoli tentativi di controllo del linguaggio, le continue richieste di censura di questo o quell’evento pubblico, il totale sostegno ai governi tecnici o scaturiti da manovre di palazzo, le ripetute svalutazioni dei voti «sbagliati», l’emarginazione costante delle voci critiche o semplicemente dissonanti, comprese quelle interne. Lo stesso Cacciari, in tempi non sospetti, è stato vilipeso per le sue idee sulla pandemia e le guerre in corso. E poi Agamben, Rovelli, addirittura Donatella Di Cesare solo per citare i venerati maestri che alla bisogna divengono paria. Evitiamo per pudore di citare l’elenco degli odiati di destra e di tirare nuovamente in ballo il caso Charlie Kirk e le velate apologie delle fucilate. Se questo non è disprezzo per la democrazia, forse è una strana forma di allergia sotto forma di «differenza antropologica». In ultimo, un dubbio: come mai questi allarmi sulla democrazia in pericolo arrivano solo se la sinistra non governa?