
Secondo Francesco «è meglio essere atei, che cristiani ipocriti» che vanno sempre a messa. Eppure i sacramenti sono un aiuto senza il quale chi sbaglia non può farcela. E i peccati mortali sono ben altri.Vangelo in pillole per principianti e poco dotati.Il Vangelo riporta le parole di Cristo. A Cristo o ci credete o non ci credete, ma non inventatevi che fosse panna montata e zucchero filato. In tutti i Vangeli si dichiara figlio del padre e il padre è il Dio degli eserciti e colui che ha distrutto Sodoma. Anche se adesso il cristianesimo è diventata una religione tutta panna montata e zucchero filato, nei suoi discorsi Cristo parla di punizione e castighi. Dal Vangelo di San Matteo. Nel dare le istruzioni ai dodici apostoli mandati per la prima volta a predicare e convertire i peccatori, Cristo dice a proposito di chi li rifiuta: «In verità vi dico: nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra sarà trattato meno severamente di quella città» (Matteo 10,15).Il concetto viene ribadito poco dopo. «Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i miracoli compiuti in mezzo a voi, già da gran tempo avrebbero fatto penitenza cinti di cilicio e ricoperti di cenere. Perciò vi dico: nel giorno del giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno severamente di voi. E tu Cafarnao, sarai esaltata sino al cielo? Tu discenderai all'inferno: perché se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli operati in te, oggi ancora sussisterebbe. E però vi dico, che nel giorno del giudizio il paese di Sodoma sarà trattato meno duramente di te», (Matteo 11, 21-24).Spiegazione in parole povere. Di panna montata e zucchero filato ce n'è onestamente poco. Qui c'è scritto che: il giorno del giudizio gli atei saranno trattati malissimo. Non sono andati verso Dio non hanno fatto il primo passetto (che è sufficiente), non lo hanno amato e così hanno violato il primo comandamento. Gli abitanti di Sodoma saranno trattati un po' meno peggio degli atei, ma andrà maluccio anche a loro. Agli ipocriti, maldicenti, infingardi che comunque si sono trascinati in Chiesa anche solo per mettersi le dita nel naso e commentare quanto è ingrassata la signora seduta in terza fila, andrà un po' meglio. E questi potrebbero anche farcela a scansare il fuoco eterno.Certo: perché Dio lo sa che valiamo poco, sa benissimo che a Messa pensiamo ai fatti nostri, che, anche se vorremmo, non riusciamo a smettere di sparlare, di essere avidi, mediocri, collerici, vili, pigri, inseguiti dalle dannate tentazioni che quasi sempre ci raggiungono perché davanti a loro corriamo poco. Dio lo sa che siamo imperfetti. Quello che vuole è che noi facciamo il primo passo verso di lui, che molliamo il televisore, Facebook, la serie televisiva e ci trasciniamo fino a una chiesa, dove, se siamo fortunati, troveremo un sacerdote che ci parla di lui, se siamo sfortunati troveremo un sacerdote che ci dice fesserie sui migranti, ma anche in questo caso al momento della consacrazione, Dio sarà in quella chiesa. E il fatto che noi ci siamo, insieme a lui, ci renderà migliori o un po' meno peggio di come saremmo se non ci andassimo. Dio vuole che andiamo a questo incontro.Andare in chiesa forse non basta, ci dicono che è meglio essere compassionevoli: occorre anche fare 10.490 aborti come dice la grande stampa italiana per essere «buoni»? Altrimenti siamo ipocriti? Occorre dissanguare una nazione allo sfascio non in grado di soccorrere i propri terremotati per spalancare le porte alla mafia nigeriana, come ci consiglia la grande stampa italiana? Se siamo perplessi davanti a questa necessità siamo ipocriti? O siamo odiatori, gente che odia. Ebbene, siamo odiatori. Noi odiamo vedere spacciatori nigeriani vendere eroina ai quindicenni, odiamo anche vedere i terremotati passare il terzo inverno in campi dove, se avessimo messo i migranti, giustamente, sarebbe intervenuta l'Onu. Se siamo allibiti davanti a gerarchie ecclesiastiche che dicono immani fesserie tradiscono, siamo ipocriti maldicenti? Questa compassione fatta di zucchero filato e panna montata avvolge gli atei, gli abitanti di Sodoma, sorvola con eleganza e diplomazia su terroristi islamici, assassini di cristiani e gentili regimi comunisti, ma si scatena ad azzannare in faccia noi poveri ipocriti e maldicenti. Perché a noi un po' di tenerezza non ce la date mai? Aver affermato ascoltando padre James Martin, il gesuita arcobaleno, che Sant Ignazio da Loyola si sta rivoltando nella tomba, ci ha spianato le porte dell'inferno più che aver bruciato i cristiani vivi nelle loro chiese in Nigeria o aver messo una ragazzina in due trolley? La maldicenza nei peccati che gridano vendetta a Dio non c'è, a me risulta un peccato veniale, senza contare che il limite tra maldicenza e il sacrosanto diritto di critica è molto sottile, e il divieto alla maldicenza, inventarsi che è un peccato mortale, sembra proprio un banale imbavagliare, un ulteriore calcio alla libertà di parola già sotto attacco, soprattutto quando si parla di abitanti di Sodoma e migranti. .Se non andassimo in chiesa saremmo peggio. Dio ci ordina di andare in chiesa perché ascoltare la parola e assistere al sacrificio ci rende migliori o se preferite meno peggio di come saremmo se non lo facessimo. Quando abbiamo smesso di andare in chiesa, siamo diventati peggiori: in Unione sovietica e nella Germania nazista i morti si sono contati a metri cubi, così ora contiamo a milioni le interruzioni volontarie di gravidanza, un gesto di compassione: metri cubi di di piccoli corpi, milioni di piccoli migranti che non sono riusciti a traversare il mare salato perché non sono stati accolti e sono diventati scarti insieme alle garze sporche.Andate in Chiesa perché Cristo ve lo ha ordinato per essere migliori. Chi contraddice Cristo non è con Cristo. Andateci più che potete . Alzatevi alle 5 per andarci. Ne vale la pena. Se poi vi addormentate con la testa sul banco non è grave. Il vostro angelo custode risponderà per voi e la messa varrà doppio. Se un attimo prima di morire qualunque sia la categoria di appartenenza, ci pentiremo, saremo salvi, ma senza quell'attimo finale di contrizione siamo fuori. Niente zucchero filato, ma vera misericordia.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





