2024-02-21
Dieci malori: farmaco bloccato. Ma sui vaccini Aifa non si muove
Pochi episodi in Francia e l’allerta dell’Ema spingono l’Agenzia a segnalare i rischi dei rimedi per raffreddori e riniti. Ma su fiaschi e controindicazioni di quelli per il Sars-Cov-2, l’Ente dormiva. O taceva deliberatamente.Due farmaci e due misure.Con gli effetti collaterali dei vaccini per il coronavirus sappiamo bene com’è andata: li hanno negati, minimizzati, snobbati. Il mantra dei medicinali «sicuri ed efficaci» non è stato scalfito nemmeno dalle trombosi e dalle miocarditi, benché si stiano moltiplicando gli studi in materia - l’ultimo, uscito questo mese, di cui vi diamo conto nella pagina accanto, è stato condotto su una coorte di 99 milioni di individui. Naturalmente, tra i Paesi esaminati non c’è l’Italia: a quanto pare, qui da noi non interessa a nessuno fare chiarezza. Lo si è capito da come è stata accolta la commissione parlamentare d’inchiesta, appena istituita. D’altronde, nel periodo della campagna vaccinale, nessuna autorità medica aveva suggerito dei distinguo: immunizziamo le categorie fragili, mentre sui giovani sani facciamo qualche riflessione in più.Guardate, invece, cos’è successo ai prodotti contenenti pseudoefedrina. Stiamo parlando dei comuni rimedi per i sintomi da congestione nasale, causati da raffreddori e allergie: spray, compressine di Aspirina complex, roba che tutti noi abbiamo usato, a cuor leggero, ogni volta che arrivavano i malanni stagionali, o quando i pollini di inizio primavera ci stordivano. Ebbene, sono bastati dieci casi di effetti indesiderati gravi a carico dei vasi sanguigni cerebrali, segnalati in Francia, perché l’Agenzia del farmaco transalpina chiedesse una revisione; l’Ema confermasse il collegamento con gli episodi di encefalopatia posteriore reversibile e sindrome da vasocostrizione cerebrale reversibile; e l’Aifa, lunedì, diffondesse una nota, nella quale ribadiva le indicazioni fornite da Amsterdam a fine gennaio, cioè di tenersi alla larga da quelle medicine se si soffre di ipertensione o insufficienza renale.Giusto così. È il modo in cui dovrebbe funzionare sempre la farmacovigilanza: antenne dritte, velocità d’intervento, a tutela della salute pubblica prima che degli interessi commerciali - benché legittimi - dei produttori. Soprattutto, un’attenta considerazione dei benefici e dei rischi connessi all’assunzione di qualsiasi sostanza. Ma allora perché, col Covid, non si è agito alla stessa maniera?È vero: nel 2021 c’era una pandemia. Esisteva un’emergenza Sars-Cov-2, mentre non c’è alcuna emergenza per i nasi che colano. Difficilmente il raffreddore ammazza qualcuno. In presenza di controindicazioni, è meglio sprecare qualche fazzoletto in più, che beccarsi una patologia neurologica che può durare fino a tre mesi. Ciò premesso, quale urgenza c’era, tre anni fa, di vaccinare professoresse trentasettenni in buona salute, come quella morta in seguito alla prima dose di Astrazeneca a Gela? Oppure, di spedire all’open day adolescenti, tipo la povera Camilla Canepa, stroncata da una trombosi a 18 anni, dopo che le avevano rifilato il preparato inglese, senza neppure verificare eventuali controindicazioni? Per quale motivo puntano note informative sui pericoli della pseudoefedrina, a fronte di dieci - dieci - casi di effetti collaterali su chissà quanti milioni di consumatori di spray per il muco, mentre gli esperti hanno fatto la gara a sdrammatizzare i problemi cardiaci provocati dai vaccini a mRna, che stando ai più recenti studi arrivano a tassi d’incidenza pari quasi a tre eventi ogni 100 punture?Sono interrogativi che ci piacerebbe girare all’Aifa, la quale, correttamente, si è attenuta alle istruzioni dell’Ema e ha sconsigliato l’impiego dei medicinali per la rinite a chi è affetto da alcune malattie. Non è proprio la stessa solerzia con cui ha portato avanti la sorveglianza sulle reazioni ai vaccini anti Covid.L’ultimo report pubblicato online risale a dicembre 2022. Il bilancio era di più di 140.500 sospetti effetti avversi, di cui circa il 19% gravi, su oltre 144.300.000 shot somministrati. Qualcosina di più dei dieci casi francesi, tenuto conto che la stima è quasi sicuramente calcolata per difetto: in questo Paese, di farmacovigilanza attiva, quella che si svolge monitorando costantemente i pazienti per diverse settimane, non c’è stata praticamente traccia. E come se non bastasse, l’Aifa scomputava le morti post vaccino, se si erano verificate oltre 14 giorni dopo la somministrazione.Dalle inchieste di Fuori dal coro, sappiamo poi che, durante la reggenza dello speranziano Nicola Magrini, l’ente mantenne il massimo riserbo sulle infezioni che colpivano i sanitari già sottoposti alle iniezioni, anche se, in un documento interno, il «fallimento vaccinale» veniva definito «un evento avverso di primaria importanza». A luglio 2021, qualche funzionario invitava a «non spingere sulla vaccinazione» dei ragazzini. In altre carte top secret i tecnici ammettevano: «Al momento c’è incertezza sulla frequenza delle reazioni a esito fatale nei soggetti dopo la seconda dose». Risultato? Un dirigente pretese la censura: «Il dato è preoccupante, lo toglierei». Ecco: all’epoca, la principale preoccupazione dei controllori sembrava essere quella di non scalfire la reputazione della pozione miracolosa. Lieti che ora la musica sia cambiata. Non vogliamo mica trattare la miocardite come un raffreddore e il raffreddore come una miocardite?
Jose Mourinho (Getty Images)