2021-04-18
I dem mandati in tilt dalla ripartenza si scusano e intanto incolpano la Lega
Il sindaco di Bari, Antonio Decaro (Ansa)
Le riaperture gettano nel caos i fan delle serrate. Antonio Decaro chiede perdono ai baresi: «Abbiamo sbagliato» ma poi si auto assolve. Mentre Francesco Boccia ne approfitta e attacca Matteo Salvini: «Non ha vinto, è un irresponsabile».Confusa e infelice, la sinistra si risveglia il giorno dopo la svolta sulle riaperture di Mario Draghi con il mal di testa di chi ha bevuto troppo la sera prima. Troppo veleno: Draghi, in un colpo solo, ha cancellato un anno e più di inefficienza, oscurantismo, chiusure indiscriminate e demagogia, caratteristiche del fu governo Conte, e ha ridato speranza (con la minuscola) agli italiani. Il simbolo della confusione in cui si trova in particolare il Pd è rappresentato dalla reazione opposta di due paladini del lucchetto: il sindaco di Bari e presidente dell'Anci Antonio Decaro e l'ex ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. Entrambi pugliesi, entrambi dem, durante il governo Conte si sono distinti in particolare come protagonisti della più tragicomica delle idee anticovid dell'esecutivo giallorosso: gli assistenti civici. Il 24 maggio 2020 Decaro e Boccia annunciarono con una nota congiunta un bando per 60.000 volontari che avrebbero dovuto «collaborare al rispetto del distanziamento sociale». Il nulla cosmico, rimasto per fortuna solo sulla carta: sconfessato in 48 ore dal suo stesso governo, Boccia dovette rimettere nel cassetto la pettorina azzurra con la quale si era presentato in tv, mentre Decaro fece finta di passare di lì per caso. Un po' come ieri, quando Decaro ha affidato a un post su Facebook la sua riflessione sulle riaperture decise da Draghi: un vero e proprio concentrato di demagogia, intitolato «Scene da un'altra vita. Guardo questa foto e vi chiedo scusa», che accompagna una immagine di Londra, con centinaia di persone tranquillamente sedute ai tavolini dei bar. «Questa foto», scrive Decaro, «non è di due anni fa. È del 12 aprile. E io non riesco a crederci. Centinaia di persone per strada, sedute ai tavolini, quasi tutte senza mascherina. Sembrano scene da un'altra vita. Invece è semplicemente Londra. Dove qualche giorno fa le autorità scientifiche hanno dichiarato raggiunta l'immunità di gregge». Punteggiatura a parte, fin qui ci siamo.«L'unica cosa che posso fare, io che rappresento un'istituzione», frigna Decaro, «è prendermela con me stesso. E chiedere scusa a tutti voi, miei concittadini. Vi chiedo scusa per gli errori che ho commesso, per le decisioni sbagliate, per quelle prese troppo tardi, per quelle non prese». Sembra il testo di una canzone bocciata a Sanremo e riciclata in occasione di una sagra paesana, dal titolo Decaro amico ti scrivo. Ma arriva il bello: «E potrei dire che un sindaco», dice Decaro, «non ha competenze in materia di vaccinazione, o non può costringere le aziende farmaceutiche a rispettare gli accordi, o non può far funzionare gli ospedali o far ripartire l'economia. Ma non voglio alibi», precisa Decaro, dopo aver elencato una sfilza di alibi, «perché se la situazione è ancora difficile, un uomo delle istituzioni ha il dovere di assumersene la responsabilità». Bene, quindi si dimette? Macché, arriva subito l'autoassoluzione: «Quello che posso dirvi», aggiunge Decaro, «è che, con tutti i miei limiti, io ce l'ho messa tutta, ogni giorno, da tredici mesi a questa parte, per provare a fare il possibile per contrastare questa maledetta sciagura. Ora i contagi stanno diminuendo e la campagna vaccinale finalmente sembra aver imboccato la strada giusta, ma io continuo a guardare questa foto e a chiedervi scusa. Perché quella è Londra e invece dovrebbe essere Bari», sottolinea Decaro, «quella è Inghilterra invece dovrebbe essere Italia». Acclarato, dopo aver letto l'indigeribile pippone di pseudoscuse del sindaco, che Londra non è Bari, passiamo a Boccia. La reazione alla svolta di Draghi dell'ex ministro è agli antipodi di quella di Decaro: al posto delle (demagogiche) scuse, arriva l'invettiva. Contro chi? Ovviamente, contro Matteo Salvini, che è al governo da due mesi, due. «Non ha vinto Salvini», dice Boccia alla Stampa, «perché se avesse vinto Salvini ci sarebbero scelte irresponsabili. Salvini ha negato il Covid fino a quando le terapie intensive non sono andate in crisi l'anno scorso. E di questi tempi sempre l'anno scorso si batteva per riaperture che se fossero state fatte quando lo diceva lui sarebbero state una carneficina». Le ha fatte Draghi, con il pieno appoggio del Pd, ma Boccia parla solo e soltanto del leader della Lega: «Salvini», aggiunge, «ha sempre fatto dell'alimentazione della rabbia il suo unico credo quotidiano. Io non sono contro le aperture ma contro chi calpesta la salute e mette la vita dopo le ragioni del business». Un'ossessione, quella di Boccia, che alla domanda: «C'è un problema Speranza nella maggioranza che sostiene Draghi?» risponde così: «C'è un problema Salvini». Altra domanda: «Crede che si potrà arrivare alla fine della legislatura?». Risposta di Boccia: «Non faccio previsioni e le dico che ne riparliamo a fine estate dopo la settimana di vacanza di Salvini al Papeete». Se avessero chiesto a Boccia chi vincerà lo scudetto, avrebbe risposto: «Dipende da Salvini». In realtà lo vincerà l'Inter, mentre Boccia è uno juventino sfegatato. Ma non chiedetegli come mai i bianconeri quest'anno vanno male, darebbe la colpa a Salvini.
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)