2020-03-21
Decreto ad aprile con i fondi «green» dell’Ue
I tecnici di Mef e Mise e le aziende di Stato, con l'ok dei dalemiani, vorrebbero anticipare la manovra 2021, usando 30 miliardi del piano verde europeo per la riconversione delle industrie messe in crisi dal morbo. Ma bisogna convincere Giuseppe Conte e Bruxelles.«Si naviga a vista. Ad aprile faremo un altro decreto», ha ammesso il vice ministro all'Economia, Antonio Misiani il giorno del varo del decreto Cura Italia. La sincerità dell'esponente dalemiano del governo lascia intendere due aspetti importanti. Il primo è che l'effetto e la somma stanziata, 25 miliardi, si esaurisce con il mese di marzo. Il secondo è che ministero dell'Economia e dello Sviluppo economico sono già al lavoro per preparare il testo che dovrà essere varato dopo il 3 aprile. Per adesso il contenitore è in gran parte da riempire, anche perché l'esecutivo non ha denaro da spendere. Ed è alla ricerca delle risorse per coprire le nuove misure. L'obiettivo è trovare almeno altri 30 miliardi, recuperando risorse dai fondi europei non spesi. Il decreto potrebbe tornare sul bonus da 600 euro previsto già dal Cura Italia, a favore di lavoratori autonomi e partite Iva. Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha voluto precisare che il click day proposto nelle scorse ore dal presidente dell'Inps Pasquale Tridico, non ci sarà. Arriverà, invece, una data, come ha confermato lo stesso istituto di previdenza, a partire dalla quale si potranno presentare le domande stando certi, ha assicurato la Catalfo, che le risorse basteranno per tutti. E se così non dovesse essere, ha aggiunto il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che per primo aveva escluso il click day, «il governo è pronto a rifinanziare l'indennizzo con il prossimo decreto previsto per aprile, che si punta a varare in una ventina di giorni». Se così fosse significa che le partite Iva potranno avere il bonus non prima del 10 aprile e intanto sarà passato più di un mese dalle prime serrate commerciali. Purtroppo le anticipazioni del governo, anche prese per buone, rappresentano dettagli e briciole. L'essenza nel decreto sta nel trovare i soldi senza chiederli alla Troika con tutto ciò che ne consegue. Così mentre il premier Giuseppe Conte, attraverso le colonne del Financial Times, si avventura in terre incognite e pericolose come quelle dell'utilizzo del Fondo salva Stati, Mes, per finanziare manovre aggiuntive, c'è anche chi lavora già da diverse ore a un piano bis. Tecnici del Mef, del Mise e anche le aziende di Stato stanno studiando la possibilità di sfruttare il blocco di parte della filiera produttiva e di una fetta di aziende per inserire già nel prossimo decreto l'uso dei fondi europei per la riconversione «green». È il tanto sbandierato piano di riconversione ecologica con cui la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha aperto la sua prima sessione plenaria. Si tratta di 1.000 miliardi di euro per sette anni da distribuire attraverso investEu, l'erede del fondo Feis. L'obiettivo è creare una leva da un punto di partenza di 270 miliardi. Nel frattempo a disposizione ci sono altri 50 miliardi nel fondo per l'innovazione e la modernizzazione, finanziati con i proventi del sistema di scambio delle emissioni. Ultima fiche a disposizione è quella nel Fondo per la transizione giusta che vale però solo 7,5 miliardi. Prima che la Commissione inizi la dislocazione dei fondi, l'idea dei tecnici sarebbe quella di anticipare la manovra 2021 e inserire già con aprile un nuovo budget di spesa per riconvertire le aziende italiane costrette a chiudere o - a maggior ragione - rimanere aperte e dedicarsi ad attività nuove per via del coronavirus. A gestire la filiera dei finanziamenti e delle riconversioni dovrebbero essere tutte le partecipate pubbliche che farebbero da garanti di seconda istanza. D'altronde in Italia non esiste la possibilità di opzionare scelte come quelle attivate ieri dalla Confederazione elvetica. Secondo il consigliere, Ueli Maurer, mercoledì la Svizzera consentirà alle piccole aziende di andare in banca per chiedere finanza e la banca la erogherà senza istruttorie perché sarà la Confederazione a garantire fino a 500.000 franchi svizzeri per azienda. È il loro modo per iniettare liquidità immediata. La Svizzera ha una sua banca centrale. L'Italia no. Così lo schema dei fondi «green» permetterebbe una erogazione immediata almeno di 30 miliardi, che potrebbero finire nelle casse delle aziende pronte a dimostrare di avere piani industriali adatti alle novità del coronavirus. Purtroppo la strada è complessa. Bisognerà convincere la Commissione e non è semplice. L'ala del Pd più vicina ai Ds e Massimo D'Alema potrebbe sostenere la scelta dei tecnici ma dovrebbe a sua volta superare le perplessità e l'ostilità del premier, che invece continua a battere la strada del Mes.
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