«Il cuoio toscano mantiene la tradizione artigiana ma punta sull’alta qualità»

Il Consorzio Cuoio di Toscana celebra quest’anno un traguardo importante: 40 anni di leadership nella produzione di cuoio da suola, emblema del Made in Italy nel mondo. Per l’occasione, il consorzio ha organizzato un evento esclusivo durante Pitti Uomo: un’esperienza immersiva in cui arte, sostenibilità e stile si incontrano e occasione per il lancio di una speciale limited edition, nata dalla collaborazione con un noto designer, che unisce la tradizione artigianale del consorzio a un’estetica contemporanea e innovativa. Ne parliamo con il presidente, Antonio Quirici.
Ci racconta come nasce il Consorzio e quale visione lo ha guidato fin dall’inizio?
«Il Consorzio nasce nel 1985 dalla volontà di unire le principali concerie del distretto toscano del cuoio, con l’obiettivo di tutelare e promuovere una filiera produttiva unica al mondo, fondata su qualità, artigianalità e sostenibilità. La visione che ci ha guidato fin dall’inizio è stata quella di costruire un marchio collettivo capace di rappresentare il meglio della tradizione conciaria toscana, proiettandola nel futuro con valori condivisi».
Quali sono stati, secondo lei, i passaggi chiave che hanno trasformato Cuoio di Toscana da realtà locale a riferimento internazionale nella produzione di cuoio?
«I passaggi chiave sono stati tre: l’adozione di una strategia di comunicazione forte e coerente, l’investimento costante in ricerca e innovazione per mantenere altissimi standard qualitativi, e la scelta di puntare su una produzione 100% Made in Italy certificata, che oggi rappresenta oltre il 95% del cuoio da suola prodotto nel nostro Paese».
In un settore così antico, quali tradizioni artigianali sono rimaste inalterate e quali invece si sono evolute nel tempo?
«La concia al vegetale, cuore della nostra tradizione, è rimasta inalterata nella sua essenza: un processo naturale, lento, rispettoso dei tempi della materia. Quello che è cambiato è il modo di integrarla con tecnologie moderne e sistemi di tracciabilità avanzati, mantenendo intatta l’anima artigianale ma rendendola sempre più efficiente e trasparente».
Quanto è stato importante il legame con il territorio toscano nella crescita e nell’identità del consorzio?
«Il legame con il territorio è tutto. Non solo per la materia prima e le competenze tecniche, ma anche per i valori culturali che ispirano il nostro lavoro: il rispetto per l’ambiente, la bellezza come principio guida, la cura del dettaglio. Cuoio di Toscana è espressione autentica di una terra che ha fatto dell’eccellenza manifatturiera il proprio tratto distintivo».
Il vostro cuoio è sinonimo di qualità ma anche di sostenibilità. In che modo avete anticipato il tema della sostenibilità ben prima che diventasse una priorità globale?
«La nostra scelta di lavorare esclusivamente cuoio al vegetale, utilizzando tannini naturali estratti da cortecce, legni e foglie e processi a basso impatto ambientale, ha radici centenarie. Il nostro processo produttivo è fondato su il recupero di un materiale di scarto dell’industria alimentare, altrimenti soggetto all’incenerimento con importanti costi ambientali ed economici, utilizziamo da sempre i tannini vegetali estratti da foreste non soggette a deforestazione, e ricicliamo acque e residui solidi di scarto e di produzione. Oggi è un tema di stretta attualità, ma per noi è sempre stato un valore fondante. Siamo stati tra i primi a parlare di filiera responsabile, a investire in energia da fonti rinnovabili e a certificare ogni fase della produzione».
Oggi più che mai si parla di filiera trasparente. Come garantite tracciabilità e responsabilità etica nella vostra produzione?
«Abbiamo sviluppato un sistema di tracciabilità avanzata che parte dall’acquisto del pellame fino al prodotto finito. Ogni conceria aderente al consorzio rispetta un disciplinare preciso e certificato, con controlli continui sul rispetto delle normative ambientali e sociali. La trasparenza è per noi una garanzia di fiducia verso il consumatore».
Cuoio di Toscana è diventato sinonimo di Made in Italy sostenibile anche nel mondo della moda e del lusso. Quali sono le collaborazioni più significative che avete portato avanti in questi anni?
«Negli ultimi anni abbiamo lavorato con maison come Marine Serre, Thebe Magugu, Federico Cina, Marco Rambaldi e Act N°1, ma anche con brand storici come Cividini e creativi come Tiziano Guardini. Ogni collaborazione è un’occasione per dimostrare che il nostro cuoio può dialogare con l’avanguardia della moda, rimanendo fedele ai suoi valori».
Guardando ai prossimi 40 anni, quali sono le sfide e le opportunità principali per il settore e per Cuoio di Toscana?
«La sfida più grande sarà continuare a innovare senza tradire la nostra identità. Il futuro ci chiede di essere sempre più sostenibili, tracciabili, trasparenti. Ma anche di saper comunicare questi valori ai nuovi consumatori, sempre più attenti ed esigenti. Le opportunità stanno nell’apertura a nuovi mercati, nella collaborazione con il mondo della moda e del design, e nel rafforzamento della nostra filiera come modello di eccellenza italiana».
Che messaggio vorrebbe lanciare oggi alle nuove generazioni che guardano alla manifattura e alla sostenibilità come valori da riscoprire?
«Vorrei dire loro che il futuro è nella consapevolezza. L’artigianato e la sostenibilità non sono nostalgie del passato, ma strumenti per costruire un domani più giusto, autentico e bello. Servono passione, studio e visione: ma lavorare con le mani e con la testa, nel rispetto del mondo in cui viviamo, è una delle scelte più moderne che si possano fare».






