2025-09-20
Frank Furedi: «Per i progressisti Kirk non era un essere umano»
L’intellettuale: «Chi, in America, gioisce per l’omicidio viene da una cultura della disumanizzazione del nemico ideologico».Frank Furedi è uno dei più originali intellettuali d’Occidente, leggere per credere il suo nuovo libro La guerra contro il passato (Fazi), dedicato alle storture della cancel culture. Questo volume si occupa anche delle cosiddette «guerre culturali» che hanno incendiato le università americane e in cui Charlie Kirk è stato molto impegnato. Guerre che gli sono costate la vita. «Penso che le guerre culturali siano nate perché le fondamenta della cultura occidentale, delle culture nazionali, si sono indebolite moltissimo, nel senso che non esiste più un accordo comune su cosa sia realmente la società», ci spiega Furedi. «E questo è un dato nuovo, inedito. Quando non si prendono più sul serio i valori delle generazioni precedenti, quando si considera non più rilevante la conoscenza acquisita dall’umanità nel corso dei secoli, allora si finisce quasi per creare artificialmente la propria cultura, la propria identità, le proprie norme. Ciò che succede una volta che ci si è distaccati dal passato, è che allora tutto è permesso. I nostri valori culturali sono diventati il fulcro della politicizzazione per la semplice ragione che l’ideologia non significa più nulla».Secondo lei la morte di Kirk dipende da queste guerre culturali? «L’omicidio di Kirk è il risultato del modo in cui l’identità ha assunto questa incredibile importanza, del modo in cui l’identità è diventata politicizzata. E una volta che l’identità è ritenuta così importante, quello che succede è che non consideri più il tuo avversario semplicemente come qualcuno con cui non sei politicamente d’accordo. Lo consideri moralmente inferiore, in qualche modo malvagio. E ciò che vediamo nell’esperienza di Kirk è il modo in cui entra in gioco la disumanizzazione del nemico. Perché agli occhi di chi lo odia, Charlie Kirk è qualcuno che in realtà non è un vero essere umano. È qualcuno che è giusto uccidere. E si può capire quanto questo sia importante dalla reazione dei cosiddetti identitari progressisti in America: quelli che sorridono, ridono e celebrano l’omicidio di Kirk».Non sono pochi purtroppo. «L’altro giorno stavo guardando un video in cui questa giovane donna inglese diceva: “Uccideteli tutti, uccideteli tutti, uccideteli tutti”. E si aveva quasi l’impressione che si trattasse di qualcosa uscito dagli anni Trenta, in cui si provava questo desiderio sfrenato e infantile di eliminare l’avversario piuttosto che discutere con lui. Credo che questa sia la tragedia di oggi. Siamo in un mondo in cui, invece di essere avversari ideologici, le persone diventano nemiche». Ci sono state reazioni odiose alla morte di Kirk da parte dell’universo progressista. Ma anche alcune reazioni di senso contrario sono contestabili. Ad esempio la sospensione di Jimmi Kimmel da parte della emittente Abc. «Sono davvero preoccupato per questo sviluppo, perché quello che è successo è che dopo l’omicidio di Charlie Kirk, alcuni suoi sostenitori di stanno iniziando a comportarsi esattamente nello stesso modo dei loro avversari politici. Quindi la cultura della cancellazione, che nasce a sinistra, improvvisamente viene abbracciata pure dai pro-Trump. anche in Inghilterra ho avuto discussioni con persone che sostanzialmente dicevano: “Frank, il dibattito è finito. Non discuteremo più con queste persone, perché uccidono e basta”. E io dico loro: “Se fate così, diventate l’immagine speculare dei vostri avversari. Adottate gli stessi standard e perdete l’autorità morale sulla libertà di parola, perché se credete nella libertà di parola, allora credete nella libertà di parola per tutti”. Non è qualcosa su cui si può essere selettivi. Se si pongono delle condizioni alla libertà di parola, allora, in un certo senso, è la fine della democrazia...». Lei ha insegnato a lungo in Gran Bretagna. Oggi il Regno Unito dei laburisti sembra un incubo distopico. Abbiamo visto arresti di persone per dei post su X, abbiamo visto le schedature dei colpevoli dei cosiddetti «episodi di odio e non criminali»... Insomma sembra che il wokismo lì sia ancora vivo e dilagante. «Penso che l’Inghilterra e la Gran Bretagna rappresentino un grosso problema, perché quello che è successo è che il governo si sente molto vulnerabile, molto fragile. E il modo in cui reagisce alla sua condizione, poiché è sotto forte pressione, è quello di cercare di limitare le libertà delle persone. Ogni settimana, circa 30 persone vengono arrestate dalla polizia in Inghilterra per ciò che hanno detto online su X o su qualche altro social media. Bisogna ricordare che la Gran Bretagna è la democrazia più antica del mondo, la più antica democrazia d’Europa. Improvvisamente, i diritti democratici fondamentali che per secoli si sono potuti dare per scontati vengono gradualmente eliminati e la libertà di parola è sottoposta a una tremenda minaccia da parte di questo particolare governo e delle istituzioni». Arriviamo al suo libro. Le chiedo di spiegare l’origine di questa paura del passato. Le dico quello che ho pensato leggendolo: tutti noi abbiamo bisogno di un’identità, però in Occidente sono state distrutte le grandi identità, quella religiosa, quella nazionale. Ma gli uomini hanno comunque bisogno di una identità e allora si affidano a identità più piccole ma anche molto più aggressive. «Penso che, in una certa misura, quello che lei dice sia assolutamente vero, perché in un certo senso ciò che è accaduto è che le élite culturali e politiche della società hanno rinunciato al proprio passato. Storicamente, se guardiamo agli ultimi 200 anni, queste élite trasmettevano le idee in cui erano state socializzate alla generazione successiva, e ogni generazione trasmetteva a sua volta quei valori. Questo processo si è interrotto da qualche parte tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta. E, in assenza di questi valori, ciò che accade è che le persone iniziano semplicemente a inventarsi cose, a cercare nuovi modi di costruirsi un’identità. È allora che assistiamo alla proliferazione di diversi gruppi identitari, è allora che ci troviamo in una situazione in cui improvvisamente tutto ciò che va oltre l’identità, una dimensione più ampia e fondativa, scompare. Le ideologie non esistono più o non hanno più alcuna forza reale. L’idea stessa di nazione, nel mondo angloamericano, è stata messa in discussione. Di conseguenza, ciò che otteniamo è un ambiente molto polarizzato lungo linee identitarie. Per tornare alla discussione su Kirk, ciò che colpisce è che, se osservi i due schieramenti, non solo hanno un diverso senso del passato, si vestono in modo diverso, mangiano cibi diversi, frequentano ristoranti diversi, guidano auto diverse, ascoltano musiche diverse, guardano media diversi. Sono mondi chiusi all’altro. E penso che questa sia una delle grandi tragedie, in particolare nel mondo angloamericano, ma lo si può già vedere anche in Germania e altrove». L’altro spaventa. «In sociologia, c’è un concetto chiamato muro dell’empatia. Fondamentalmente significa che le persone sui due lati del muro non sono in grado di provare empatia l’una per l’altra, non sono in grado di vedere i problemi e la condizione difficile che le altre persone affrontano, e penso che quel concetto di muro dell’empatia sia molto utile perché ci spiega che - per una varietà di ragioni - è quasi come se avessimo tipi diversi di persone. In inglese usiamo molto l’espressione these people are not like us (“queste persone non sono come noi”). Nel senso che gli altri sono moralmente diversi, che hanno sistemi di valori diversi, e perfino le piccole cose possono essere una grande questione. Il fatto che uno mangi carne o non mangi carne può improvvisamente esplodere in una questione esistenziale». Tra i vari muri eretti c’è quello che separa i buoni e i cattivi. Coloro che sono politicamente corretti e coloro che non lo sono. «Sono abbastanza vecchio da ricordare quando la correttezza politica è arrivata, e, in un primo momento, rifletteva un tentativo di dare un senso al mondo. Un mondo in cui le ideologie stavano semplicemente perdendo terreno, e in cui le persone non erano davvero sicure di chi fossero, e reagirono sviluppando una forma molto negativa di ideologia. Penso che una delle cose interessanti della correttezza politica sia che ciò che la tiene insieme come sistema coerente è che essa odia tutto ciò che viene dal passato. Ma non odia semplicemente ciò che è accaduto nel passato, odia anche il linguaggio, il linguaggio antiquato che le persone usano. Odia le usanze, odia il modo in cui le persone erano solite mangiare, odia il modo in cui le persone si vestivano». Sembra però che molti oggi rifiutino questa ideologia. «Spesso mi hanno detto: “Sai, Frank, questa è la fine del politically correct”, ma oggi è più forte che mai. La correttezza politica poi si è spontaneamente trasformata in quello che chiamiamo wokismo. In un certo senso è molto simile, in un certo senso è la stessa cosa, ma con il woksimo si ha una visione del mondo molto più sicura di sé rispetto a quella che aveva la correttezza politica. Il woke dice anche: siamo migliori del resto delle persone, siamo dalla parte giusta della storia. L’espressione che usano è “noi siamo consapevoli e loro no”. E spesso vanno in giro a dire a persone come me: “Sai, Frank, devi educare te stesso”. E quello che realmente intendono con educare te stesso è che devi pensare come pensano loro».
Norma Cossetto. Nel riquadro la targa in suo ricordo vandalizzata
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro il consigliere Pd Mattia Abdu