2020-06-16
Cuciniamo insieme: crespelle alla crema di albicocche
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Una golosissima occasione per fare festa con un dolce di facile esecuzione che esalta la frutta di stagione. In questo caso vi proponiamo, le albicocche ma potete sostituirle anche con le pesche. C'è qui una particolare attenzione al miele che troppo spesso dimentichiamo di usare in cucina. E invece è ottimo come ingrediente, ma anche un toccasana per la salute. Grazie dunque alle nostre amiche api e alla pazienza e perizia degli apicoltori.Ingredienti per 8 persone - Per le crespelle: 100 grammi di farina, 2 uova, 2,5 dl di latte fresco intero, 35 grammi di burro. Per la farcia: un chilogrammo di albicocche mature e sode, 250 grammi di mascarpone, 2 dl di panna, 6 cucchiai di miele di acacia o di fiori di arancio, 3 cucchiai di zucchero, zucchero a velo.Procedimento - Per le crespelle mescolate tutti gli ingredienti amalgamandoli ben bene e fate riposare per un'ora (serve per evitare che durante la cottura si formino grumi e bolle). Nel frattempo lavate, tagliate e passate nel mixer le albicocche con il miele. In una ciotola mescolate il mascarpone con lo zucchero, unite poi il purè di albicocche e refrigerate il tutto per 30 minuti. Ungete con il burro il fondo di una padella per crepes, versateci sopra un mestolino di pastella e distribuitela uniformemente; fatela cuocere in entrambi i lati. Procedete nello stesso modo fino a esaurimento della pastella. Montate a parte la panna ben fredda e incorporatela delicatamente alla crema di albicocche. Piegate a metà la crespella,arrotolatela a forma di cono e farcitela con uno o due cucchiai di crema, facendo lo stesso con le altre crespelle. Spolverizzate infine con lo zucchero velo e servite.Come far divertire i bambini - Insegnate loro a farcire le crespelle concedendo la libertà di assaggiare un po' di ripieno!Abbinamento - Un Moscato d'Asti se volete un matrimonio leggero, un passito di Pantelleria per una degustazione di maggior carattere.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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