Per noi è un appuntamento irrinunciabile, sono le giornate di primavera del Fai che ancora per oggi incoraggiano a scoprire quell’immenso patrimonio di arte, cultura, natura che costituisce il nostro Paese, dunque la nostra comunità, e definisce la nostra identità. Così ci è venuto in mente di proporre una ricetta classica che più classica non si può e che ha il colore del sole: la carbonara.
Per noi è un appuntamento irrinunciabile, sono le giornate di primavera del Fai che ancora per oggi incoraggiano a scoprire quell’immenso patrimonio di arte, cultura, natura che costituisce il nostro Paese, dunque la nostra comunità, e definisce la nostra identità. Così ci è venuto in mente di proporre una ricetta classica che più classica non si può e che ha il colore del sole: la carbonara. Tutti sanno cos’è e tutti pensano di sapere come farla. Compresi quelli che – bestemmia gastronomica assoluta – ci mettono la panna. No, la cremina della carbonara dipende solo da uovo e pecorino e ci raccomandiamo, non arrivate ai livelli di blasfemia culinaria di Gordon Ramsey. Piuttosto lasciate perdere: pane croccante, ottima mortadella e la domenica del gusto è santificata a dovere. Già che ci siamo cerchiamo di fare il punto su questa ricetta che da molti è stata raccontata come un’invenzione dei romani, o forse di qualche massaia dell’agro circostante, che hanno preso spunto dalla razione K dei soldati americani. C’era il bacon, c’era l’uovo liofilizzato e poiché gli americani fanno colazione con uova e pancetta è stato facile per condividere e sfamarsi inventare questo piatto. Che se l’origine fosse questa non si capisce perché non farlo col bacon e soprattutto cosa c’entra il pecorino. Noi siamo invece convinti che la carbonara sia un’evoluzione della griscia, piatto pastorale o della gente di fatica, che niente altro è che un po’ di carne secca saltata e aggiunta alla pasta, o forse anche a del pane raffermo inzuppato. La si dice griscia per due ragioni, o perché si fa col guanciale che veniva da Grisciano paesello nei pressi di Accumuli (a quando una ricostruzione degna di questo nome?) o perché era il piatto dei fornai che portavano una gabbanella “griscia” appunto per non sporcarsi di farina. L’evoluzione della griscia è la carbonara e poi in epoca post-colombiana, ma siamo già al limitare dell’Ottocento, l’Amatriciana col pomodoro. A dirci che questa è la strada sta l’uso del pepe, il guanciale e il nome stesso: perché carbonara? Perché clandestina o perché più simile alla griscia cioè al grigio, ma anche al saio nero che portavano i carbonai i quali passavano settimane nel bosco e qualcosa di economico, pratico e conservabile dovevano pur mangiare? Se ci pensate una bisaccia con uova, formaggio, guanciale e pasta è tanto semplice quanto nutriente e se hai il fuoco della carbonaia a disposizione il pranzo è fatto! A proposito, si disputa anche se spaghetti o rigatoni. Noi siamo per i primi, ma al gusto l’ardua sentenza. Ingredienti - 360 grammi di spaghetti di grano italiano meglio se Cappelli, 160 grammi di guanciale di maiale tagliato in 4 fette spesse, 80 grammi di pecorino Amatriciano o Romano ben stagionato e grattugiato, 3 uova grandi, 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, pepe di mulinello (generosa quantità) sale per la pasta. Procedimento - Mettete a cuocere gli spaghetti in abbondante acqua leggermente salta. Fate a striscioline le fette di guanciale e fatele diventare croccanti in un padellino che avrete unto con l’olio extravergine di oliva. Ora in una zuppiera utilizzate due tuorli e un uovo intero e battete con energia le uova aggiungendo abbondante pepe di mulinello e ¾ del Pecorino. Una volta che il guanciale è diventato croccante fatelo intiepidire e incorporatelo alle uova con tuto il grasso disciolto e montate la cremina. Scolate gli spaghetti e mantecateli nella zuppiera con l’uovo e il guanciale. Spolverizzate ancora con Pecorino e se volete col pepe. Come far divertire i bambini - Date a loro il compito di sbattere le uova. Abbinamenti - Piatto romano, vini rossi del Lazio identitari. La nostra prima scelta è il Nero Buono di Cori, ottime le due Cesanese d’Affile e del Piglio, ma sempre in Lazio si trova un’eccellente produzione di Petit Verdot. Per questo potete optare anche per un ottimo Syrah di Cortona o una Vernaccia di Serrapetrona ferma.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.







