2021-07-24
Gli idolatri del basilico: «Avanti, c’è pesto»
Salsa di gusto unico, seconda per fama e diffusione solo al sugo di pomodoro. Giovanni Rana: «Gli americani lo metterebbero anche nel caffellatte». Di una sorta di antenato parla Virgilio in un poemetto. Ma la leggenda ne attribuisce la nascita a un frate nel Medioevo.«Questa l'ho sentita in un ristorante ligure: avanti c'è pesto». La battuta è del compianto Raimondo Vianello, comico raffinato che amava l'elegante calembour, il fine gioco linguistico. Se questo, poi, era connesso al palato, per lui, raffinato gourmet, tanto meglio. Il pesto è la sublimazione del basilico, l'empireo dell'Ocimum basilicum. Il basilico sta alle altre erbe odorose come Gigio Donnarumma sta agli altri portieri. Due re. Non per niente nel medioevo l'hanno battezzato prendendo a prestito la parola greca basileus: re, sovrano.Il pesto genovese è una salsa di gusto unico, inconfondibile. Nessun altro sugo o intingolo gli somiglia. Ha il profumo e l'anima mediterranei che porta sulle tavole di tutto il mondo, secondo per fama e diffusione solo al sugo di pomodoro. Se piace tanto agli italiani, gli americani ne vanno addirittura pazzi. Il pesto negli Usa è un passepartout, la parola d'ordine che apre prima i palati e poi i cuori dalla Florida all'Alaska. «Gli americani metterebbero il pesto anche nel caffellatte», assicura Giovanni Rana. «Se potessimo acquistare tonnellate di pesto e trasformarle in sughi li venderemmo tutti». A intuire che il mercato americano aveva la bocca pronta per la salsa genovese è stato Gian Luca Rana, figlio di Giovanni e amministratore delegato dell'omonimo gruppo. Nel 2012 avviò la produzione del primo stabilimento di Chicago (ora ne ha due) proprio col pesto genovese dop per poi continuarla con altri sughi, tortellini e piatti di pasta pronti.C'erano state già negli anni Ottanta del secolo scorso importanti ribalte per favorire la diffusione del pesto negli Usa. Perfino Frank Sinatra ci provò inserendolo nella linea di prodotti italiani tipici (contraddistinti da un'etichetta nera con la sagoma di The Voice) che inaugurò col suo nome nel 1991. Ma tutto rimase sottotraccia fino allo sbarco dei pastai veronesi negli Usa. Flavio Tagliaferro, cuoco di successo prima in Italia poi in America, direttore innovativo per 14 anni all'Olive garden, società che gestisce una catena di ristoranti americani negli States, ora consulente di industrie alimentari italiane che guardano al mercato d'oltreoceano, conferma: « Quando sono arrivato in America 15 anni fa, il pesto genovese era pochissimo conosciuto. Lo chiamavano Grilled veggie seasoning, condimento per le verdure grigliate. È diventato popolarissimo grazie a Rana. Il suo sugo, buonissimo e naturale, ha fatto la differenza e ora va a ruba sugli scaffali dei negozi».Le radici della salsa genovese affondano in epoca romana. I cives dell'Urbs caput mundi erano ghiotti del moretum, una salsa che preparavano nel moretarium (parola dalla quale deriva mortaio) con formaggio fresco, erbe odorose, noci o pinoli, olio, aceto, sale. Ilaria Gozzini Giacosa, storica della gastronomia, nel libro A cena da Lucullo, dice che veniva servito durante la gustatio, l'antipasto, spalmato su focacce calde, tipo piadina. Nell'Appendix Vergiliana, poemetto attribuito a Virgilio, c'è una ricetta di questo antenato del pesto. Una variante del moretum la troviamo nel De re rustica di Columella. Un'altra radice storica apparenta il pesto all'agliata (aggiadda in dialetto ligure) robusta salsa fatta con aglio, aceto, alloro e noci il cui olezzo s'alzava dai carrugi, dai lèudi, imbarcazioni per il trasporto di merci, e dalle barche dei pescatori genovesi che l'usavano per marinare il pesce: una tradizione gastronomica arrivata fino ai nostri giorni non solo in Liguria, ma anche in Gallura e nelle isole minori della Sardegna (San Pietro, Carloforte) dominate un tempo dalla repubblica marinara genovese. Come altri cibi e piatti italiani anche il pesto ha la sua leggenda, secondo la quale nel basso medioevo un monaco con la vocazione del cuoco che viveva in un convento vicino a Pra', raccolte alcune erbe odorose del territorio, soprattutto il basilico del luogo che diventerà il re dei re dei basilici, le pesta nel mortaio con noci, pinoli e formaggio fresco donati dalla pia gente del posto. E voilà, ecco fatto il primo pestu zeneize. Leggenda a parte, le fonti parlano per la prima volta di pesto alla metà dell'Ottocento. Se ne contendono i meriti Emanuele Rossi che pubblica nel 1852 su La vera cuciniera genovese la ricetta «Pesto d'aglio e basilico» e Giovan Battista Ratto che inserisce la ricetta ne La Cuciniera genovese, volume uscito qualche anno dopo. Quasi sicuramente il secondo ha pescato abbondantemente dal libro del primo. Oltre al titolo del libro suggerisce di pestare nel mortaio, come già aveva fatto Rossi, «formaggio d'Olanda» e parmigiano grattati e mescolati insieme.Da allora molti gastronomi, cuochi e studiosi di cucina o autori di vocabolari genovese-italiano si inserirono nella discussione sull'autentico pesto genovese e sugli ingredienti da usare. John Dickie, storico e docente di studi italiani al College of London, racconta (Con Gusto, Storia degli Italiani a Tavola, 2007) la commovente storia del genovese Giuseppe Chioni, sottotenente nella Grande Guerra catturato dopo Caporetto e rinchiuso in un campo di prigionia in Germania. Qui, per ingannare i morsi della fame suoi e degli altri compagni di sventura, scrisse un ricettario, Arte culinaria, che comprende piatti di tutta la Penisola. Non manca la ricetta del pesto nella quale Chioni aggiunge agli ingredienti tradizionali prezzemolo, cipolla e droghe. Una ricetta, scrive Dickie, che «provocherebbe costernazione a Genova». Nel suo libro lo studioso inglese racconta anche il «pesto disonesto» servito nel 2001 al vertice del G8 a Genova. Nel menù dei Grandi era previsto un piatto al pesto genovese che fu rimpiazzato da una «salsa al basilico» su ordine di Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, «notoriamente insofferente verso aglio e cipolla».A questo punto vediamo quali sono gli ingredienti e come va fatto un verace pesto genovese secondo la ricetta ufficiale del Consorzio pesto genovese. Il Consorzio raccomanda, prima di tutto, di diffidare della dicitura «pesto alla genovese»: «alla» vuol dire tutto e niente, con tale preposizione in commercio si trova di tutto. Sono sette gli ingredienti tradizionali contemplati dal Consorzio: basilico genovese dop, olio extravergine d'oliva possibilmente ligure, parmigiano reggiano dop (ammesso il grana padano), pecorino sardo dop, pinoli, aglio, sale. Il tutto va pestato nel mortaio di marmo con pestello di legno.La ricetta riportata da Paolo Monelli nel Ghiottone errante (1935) è quasi in linea con quello del Consorzio: manca il parmigiano, ma il giornalista scrittore lo sostituisce con pura poesia: «Cos'è questo odore di erbe alpine che si mischia all'arziglio degli scogli e corre la riviera tra Lerici e Turbìa? Tutta la regione ne è fasciata come dalle schiume del suo mare. È odore animoso e aizzante; parla di scoperte e avventure d'oltremare... È l'odore del pesto. Vi sono condimenti comuni a varie regioni, ma questo è soltanto ligure; parla ligure; basta fiutarlo per risentire nell'orecchio questa parlata aspra e molle, fatta di suoni strascicati, di sillabe sussurrate, di vocali fosche. Vennero (in tavola) le trenette col pesto e ci parve di pascolare da un molle prato primaverile, umido e gonfio di germogli».A fare la differenza con qualsiasi altro pesto è il basilico che nasce in quel lembo di terra fra mare e montagna, a ponente di Genova, che va da Pegli a Voltri e che si estende fino a Palmaro e a levante fino a Coronata. Qui nasce il basilico di foglie piccole che respirano la brezza marina carica di iodio fin dal 12° secolo, quando Bartolomeo Decotto, capitano di galea di Pra', tornando da un viaggio in mare portò con sé alcuni sacchi di semi di basilico. Il pesto si sposa magnificamente con trofie e trenette, ma conferisce un generoso sapore al minestrone di verdure, al classico pasticcio, alla sogliola e a sfiziosi crostini di veloce preparazione.
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