
Nel libro di Riccardo Iacona parla Andrea Mirenda, giudice a Verona, ex membro di Magistratura democratica: quelli che un tempo erano minoranza ora hanno occupato tutti i posti di vertice.C'è un silenzio assordante da parte del Consiglio superiore della magistratura sul libro di Riccardo Iacona Palazzo d'ingiustizia. Il caso Robledo e l'indipendenza della magistratura. Viaggio nelle procure italiane (Marsilio). A distanza di una settimana dall'uscita a Palazzo dei Marescialli l'unico a essersi mosso sui contenuti del libro - dall'interventismo del presidente emerito Giorgio Napolitano sull'autonomia della magistratura fino alle domande sul potere delle correnti della magistratura - è stato Pierantonio Zanettin, ex membro laico del Csm e ora parlamentare di Forza Italia che ha presentato una richiesta di sanzioni disciplinari al ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il motivo? Le frasi che Andrea Mirenda - giudice del Tribunale di sorveglianza di Verona ha rilasciato a Iacona nel suo libro riportate poi anche dal settimanale Il Venerdì di Repubblica il 13 aprile. Mirenda è un magistrato particolare: rinunciò nel 2017 al ruolo di presidente della sezione fallimentare per protestare contro la lottizzazione delle correnti. È un ex associato di Magistratura democratica, la corrente delle vecchie toghe rosse, ora soppiantata da Area. Per intenderci è la corrente a cui erano iscritti Edmondo Bruti Liberati, ex numero uno della procura di Milano, e Francesco Saverio Borrelli, ex storico pm di Mani pulite, fino a Giancarlo Caselli, già procuratore a Palermo contro la mafia, un gruppo di toghe che è spesso stato preso di mira dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Md è sempre stata accusata di essere politicizzata e vicina al centrosinistra. «Quando mi iscrissi a Md», si legge nel libro, «era una forza di minoranza e quell'epoca i suoi leader non avevano incarichi direttivi, parlavano da uomini liberi. Ora hanno occupato tutti i posti di vertice. Oggi è un gruppo che distribuisce incarichi come tutti gli altri e questa fu la ragione per cui nel 2008 abbandonai Magistratura democratica rivendicando la necessità dell'indipendenza soggettiva personale di ciascuno di noi contro il potere di condizionamento delle correnti. Fu in occasione di una scandalosa nomina a presidente della corte d'appello di Venezia della dottoressa Romei Pasetti, in violazione delle regole di quel periodo, che prevedevano l'anzianità di servizio come criterio principale». Quindi Mirenda aggiunge: «Quello che mi interessa è che la società civile capisca il problema del connubio tra magistrati e politica. Non c'è nessuna volontà riformista della politica rispetto a quello che rappresenta chiaramente un tumore: le correnti... Sono decine e decine i casi di nomine scandalose, vergognose, del tutto arbitrarie e di fronte a questa stomachevole realtà ho deciso di restituire dignità al mio lavoro». Non solo, aggiunge il magistrato veneto: «La carriera non è niente nell'esperienza del giudice, è un momento in cui ti metti a disposizione, è un atto di servizio, un atto d'amore verso la giurisdizione, ma deve essere temporaneo... Il Csm ormai non è affatto un padre amorevole per i magistrati, non è più l'organo di autotutela, non è più garanzia dell'indipendenza, ma è diventato una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati, ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi. È chiaro che è un'espressione di colore...». Iacona, tramite il suo ufficio stampa, ha spiegato che «piuttosto che chiedere che il ministro della Giustizia apra un provvedimento disciplinare contro il magistrato Mirenda sarebbe più opportuno che il Csm risponda nel merito delle accuse poste dal magistrato e dagli altri togati che sono intervenuti nel libro, Alfredo Robledo, Piercamillo Davigo, Nicola Gratteri, Sebastiano Ardita e Massimo Vaccari, che in varia maniera hanno criticato il modo in cui viene gestito l'organo che dovrebbe garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura: le correnti degenerate in postifici e i capi delle procure scelti con nomine a pacchetto. Questo si che è un argomento che ci interessa da vicino!». Per Zanettin, «Mirenda non è nuovo ad esternazioni critiche nei confronti del Csm, ricordo in particolare una polemica a luglio dello scorso anno, ma queste ultime dichiarazione appaiono di inaudita gravità e travalicano i limiti di un accettabile diritto di critica. In particolare il termine mafioso appare decisamente fuori luogo e addirittura oltraggioso». A Palazzo dei Marescialli intanto tutto tace.
Giovanni Gastel, 4 colori almeno! copertina per rivista Donna, marzo 1982/Archivio Giovanni Gastel
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