2025-07-11
Crollo dei consensi per la Baronessa
Vittoria di Pirro per Ursula von der Leyen: solo la metà dei presenti l’ha supportata, 41 in meno di un anno fa. Ma lei incolpa ancora i russi: «Forze esterne provano a destabilizzarci».Non è passata ieri a Strasburgo la mozione di censura contro Ursula von der Leyen promossa dalla delegazione rumena dei conservatori e riformisti europei del gruppo Ecr (dove siedono anche gli eurodeputati di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni): il documento, che era stato sottoscritto da 74 eurodeputati su 720, perlopiù di destra, è stato respinto grazie al voto compatto dei popolari europei del Ppe e degli eurosocialisti di S&D. Ma sono i numeri a destare più di una preoccupazione nel gabinetto Von der Leyen: contro la presidente, che ieri non ha presenziato al voto essendo a Roma per la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, 360 parlamentari europei hanno votato contro, 41 in meno rispetto ai 401 che la avevano sostenuta un anno fa, dopo la sua candidatura da parte del Consiglio Ue; con i numeri di ieri, un anno fa non sarebbe stata neanche eletta. Soltanto la metà dell’Aula, infatti, ha votato per sostenerla e salvarla, mentre sono stati 175 gli eurodeputati che hanno votato contro di lei e 18 gli astenuti. Ha fatto ancora più rumore, inoltre, la decisione di ben 167 eurodeputati di abbandonare l’Aula e non partecipare al voto: tra questi, l’intera delegazione di Fratelli d’Italia, che a Strasburgo siede insieme con la delegazione rumena di Ecr, che ha presentato la mozione di censura, sottoscritta all’interno del gruppo soltanto dai polacchi del partito PiS. «Il voto odierno non è la nostra battaglia» ha scritto in un comunicato la delegazione di Fdi al Parlamento europeo guidata da Carlo Fidanza. «Prendiamo atto della mozione di censura contro la Commissione», ha scritto Fidanza, definendola però «un’iniziativa poco più che simbolica, poiché non ha mai avuto reali possibilità di successo». Al contrario, «come prevedibile, ha purtroppo offerto alle sinistre - nel momento della loro massima crisi di fronte al vento conservatore che soffia sull’Europa - l’occasione per ricattare politicamente la Commissione, nel tentativo di far rientrare dalla finestra quell’ideologia che gli elettori avevano chiaramente estromesso dalla porta un anno fa». Il bilancio del gruppo Ecr sul primo anno di mandato del governo von der Leyen 2 è comunque critico: «Ribadiamo la nostra ferma convinzione che la Commissione debba imprimere una netta e decisa discontinuità rispetto alle politiche insoddisfacenti del precedente quinquennio», si legge nel comunicato, in cui i capi delegazione salutano con favore il «rinnovato focus sulla semplificazione e sulla competitività», riconoscono «i primi passi compiuti nella direzione di una revisione sostanziale del fallimentare pacchetto del Green deal, così come le misure adottate per rafforzare la protezione delle frontiere esterne dell’Unione, assicurare il rimpatrio dei migranti irregolari, promuovere soluzioni innovative per la gestione dei flussi e intensificare la cooperazione con i Paesi terzi nella lotta al traffico di esseri umani». Ma, hanno sottolineato, »continuiamo a sollevare critiche su diversi aspetti dell’azione della Commissione. Tra questi, la perdurante mancanza di trasparenza attorno al cosiddetto scandalo Pfizergate, risalente al precedente mandato», che era appunto l’oggetto della mozione di censura.Quella di von der Leyen, insomma, è una vittoria di Pirro, non soltanto per lo scarso consenso intorno alla sua leadership, ma anche per le discussioni che la aspettano sul bilancio Ue il prossimo 16 luglio: la Commissione intende tagliare i fondi di bilancio fondendo le politiche agricole con i fondi di coesione e ciò condurrà, secondo gli analisti, alla scomparsa della Pac, la politica agricola comune. Lei va dritta per la sua strada, continuando a imputare addirittura a Vladimir Putin («forze esterne») gli attacchi contro di lei: «In un momento di volatilità e imprevedibilità globale, l’Ue ha bisogno di forza, visione e capacità di agire. Abbiamo bisogno che tutti si facciano carico delle nostre sfide comuni. Insieme. Quando forze esterne cercano di destabilizzarci e dividerci, è nostro dovere rispondere in linea con i nostri valori. Grazie e lunga vita all’Europa». Quale e con chi?
«Il rifugio atomico» (Netflix)
Ambientata in un futuro segnato dalla Terza guerra mondiale, la serie spagnola Il rifugio atomico di Álex Pina ed Esther Martínez Lobato porta su Netflix una riflessione cupa e intensa: dietro l’apocalisse resta l’istinto umano alla sopravvivenza.
Pasquale Frega, Presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia (Ansa)