2020-06-29
Compagno perfetto. Le qualità del pisello, il contorno che si abbina bene con ogni piatto
Fu per secoli la «carne dei poveri», ma oggi è considerato una leccornia gastronomica. Salutare, proteico, previene malattie cardiache e ictus. Per molti è un «filtro di giovinezza».Sono tra i pochi legumi che assaporiamo anche freschi, protagonisti di ricette nostrane letteralmente squisite come la nota risi e bisi, il piatto - rixi e bixi in veneto - tipico di Venezia, Vicenza e Verona, tradizionale emblema dell'arrivo della primavera già all'epoca della Serenissima Repubblica di Venezia: per festeggiare i primi raccolti di piselli, il piatto veniva offerto al Doge nella sala dei banchetti di Palazzo Ducale il 25 aprile, giorno di celebrazione del patrono San Marco. Anche il Giappone vanta un piatto di riso e piselli che similmente celebra l'avvento della stagione primaverile, il mame gohan. Questa ubiquità dei piselli non stupisce perché la famiglia del Pisum sativum L. è quella delle Fabacee, anche dette Leguminose, una delle cui caratteristiche principali è la vigorosa capacità di attecchire e infatti sono presenti ovunque, dalla Groenlandia all'isolotto del Pacifico. Considerati la carne dei poveri, poiché da sempre hanno garantito la pancia piena a chi non poteva concedersi quella vera, i piselli conquistano il globo terracqueo prima spontaneamente e poi per coltivazione: insieme con cereali come farro, einkorn (il progenitore del frumento), orzo e lino e poi altre leguminose come cece, lenticchia e Vicia ervilia, il pisello è tra le 8 specie coltivate quando, nel Neolitico, nella Mezzaluna Fertile nasce l'agricoltura. Da lì, poi si diffonde verso occidente in Europa e verso oriente fino in India. Un altro tratto distintivo delle leguminose è la presenza del baccello, composto da un carpello che contiene i semi e che costituisce il frutto della pianta stessa. Sgranare i piselli, come si dice, cioè liberare i semi, che mangiamo, dal baccello, che non mangiamo (solo del Pisum sativum var. macrocarpum, detto anche taccola, mangiamo anche il baccello), è un'operazione che possiamo effettuare principalmente in queste settimane durante le quali ancora troviamo i baccelli in mercati e supermercati (siamo nel momento clou della raccolta, che comincia ad aprile e va avanti, a scalare, fino ad ottobre, in base alle varietà). Star lì a sgranare piselli è un'operazione slow che può entrare in conflitto col poco tempo che ormai abbiamo a disposizione per cucinare, ma compriamone più che possiamo, anche perché i baccelli freschi non possono che essere italiani, e sgraniamo (se siete in Umbria o nelle Marche, cercate la roveja anche detta pisello viola, pisello dei campi o robiglio, quel Pisum sativum subsp. arvense var. roveja che ha il baccello viola scuro e i semi marroncini). Gesto antico, ritratto anche nella suggestiva tela del pittore postmacchiaiolo Oscar Ghiglia Isa che sgrana i piselli, rubricato nelle prassi agrocommerciali dal pittore Vincenzo Campi che nella tela La fruttivendola li dispone sia in baccello, sia sgusciati e celebrato dallo scrittore Philippe Delerm ne La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita («È facile sgusciare i piselli. Una pressione del pollice sulla costola del baccello e quello si apre, docile, offerto. Alcuni, meno maturi, sono più recalcitranti»), la sgusciatura di questi legumi verdi a forma di perla è un'operazione tipicamente estiva che ci permette di ricordare (o di apprendere) la stagionalità e la completa realtà di un legume ormai conosciuto quasi esclusivamente nella sua forma industriale già elaborata: senza baccello e inscatolato o surgelato. produzione italiana Da quell'avvento mediorientale databile più o meno 8000 anni fa, i piselli attraversano tutte le epoche successive sfamando i poveri e, al contempo, diventando molto apprezzati anche da chi poteva permettersi tutte le proteine più nobili: i piselli novelli che oggi chiamiamo anche pisellini sono una varietà nana selezionata alla fine del XIV secolo alla corte dei Medici. Col matrimonio tra Caterina ed Enrico II di Francia nel 1533, giungono in Francia dove, ribattezzati petit pois, acquisiscono lo status di leccornia gastronomica sotto Luigi XIV. Al momento i piselli non sono più considerati una prelibatezza, pur essendolo, al contrario sono considerati un ordinario contorno di produzione industriale, oggetto di coltivazione intensiva e raccolta per lo più meccanizzata che poi sfociano nell'industria conserviera e della surgelazione: rettifichiamo, dunque, questa ingiusta concezione. La produzione italiana 2019 (dati Istat) segna una tendenza alla crescita: abbiamo raccolto 15.390 quintali di pisello in serra, di pisello in piena aria 781.102 q, di pisello proteico 428.307 q, di pisello da granella 271.602 q, per un totale complessivo di 1.496.401 quintali. Si registra, dunque, un aumento complessivo rispetto alla raccolta del 2018 (pisello in serra 15.222 q, pisello in piena aria 847.440 q, pisello proteico 306.569 q, pisello da granella 195.377 q) che vantava un totale di 1.364.608 q. Si tratta di una produzione molto complessa, perché i piselli sono innanzitutto una coltura utile per il sovescio (la pratica agricola che ha lo scopo di rendere più fertile il terreno, nel caso dei piselli lo azotizza). Poi, si coltivano per sfamare esseri animali ed esseri umani: mangiamo i piselli secchi, cioè i semi raccolti a maturità, in forma di zuppa ma li somministriamo anche agli animali, i grani interi ai volatili e ridotti in farina a suini e bovini e poi li trasformiamo in amidi ed estratti proteici per noi. I piselli freschi, come abbiamo già visto, si commercializzano sia nella forma conservata e surgelata, sia come baccelli che «elaboriamo» con le nostre mani. Ci sono poi i germogli foliari, molto usati nell'alimentazione umana asiatica, e i germogli ottenuti da semi idratati, sia freschi che secchi. Si mangia poi anche la pianta, fresca e secca: è il foraggio per gli animali da allevamento ruminanti.Il Codex Alimentarius distingue i piselli conservati e surgelati in base al calibro. Ci sono i medi (oltre 10,2 mm), i medio-fini (fino a 10,2 mm), i fini (fino a 8,75 mm), i finissimi (fino a 8,2 mm), gli extra-fini (fino a 7,5 mm). I calibri minori sono solitamente destinati alle conserve, quelli maggiori confluiscono nella produzione di surgelati. Coi piselli secchi, consumati più nell'est asiatico che qui, noi prepariamo soprattutto la zuppa e la purea, ma sapevate che un tempo i piselli secchi si torrefacevano per farne un surrogato del caffè? I finti caffè cerealicoli (orzo), di verdura (cicoria) e proteici (piselli) erano molto diffusi in passato. Una sorta di caffèScrive nel 1949, nel libro Kaffee, Paul Ciupka, esperto di caffè: «In Europa, quando il consumo di caffè, soprattutto quello quotidiano, prese sempre più piede, la maggior parte della popolazione si trovò a dover affrontare un sacrificio economico troppo grande. Inoltre, gli stati che non erano in grado di importare il caffè dalle proprie colonie avevano tutto l'interesse di limitarne il consumo. Di conseguenza il caffè iniziò ad essere sostituito o allungato con prodotti più economici e soprattutto locali». Ciupka cita uno scritto del 1705 che menziona svariate piante succedanee del caffè: «Alcuni usano preparare una polvere quasi identica al caffè ricavata da ogni sorta di piselli, fagioli, segale, grano e bevuta da molti. Tuttavia, il gusto e il valore nutritivo di quest'ultimo non sono neanche lontanamente paragonabili alla polvere ottenuta allo stesso modo dai chicchi di caffè tostati. Anche se questa miscela in effetti è un prodotto salutare da non disprezzare». Lo sapevano già nel Diciottesimo secolo e lo ribadiamo oggi: i piselli sono salutari. Riteniamo importante valutare innanzitutto la differenza tra piselli freschi e piselli secchi. I primi contengono il 74,6% di acqua, il 7% di proteine, 0,5% di grassi, 2% di cellulosa, 12,4% di zuccheri e l'1% di sali minerali. Lo stesso legume secco, invece, possiede solo l'11,6% d'acqua, il 23,8% di proteine, l'1,4% di grassi, il 5,4% di cellulosa, il 53,4% di zuccheri e il 3% di sali minerali. alert allergiaAumentano quindi un pochino i sali minerali, le proteine e la cellulosa quando optiamo per i secchi, ma registrano un incremento notevole anche i grassi e gli zuccheri: meglio diminuire il peso dei legumi secchi, rispetto a quelli freschi, quando preferiamo i primi agli ultimi, ispirandoci alle diete dimagranti che consigliano di ridurre il peso del legume fresco a un terzo se il legume è secco. I piselli freschi presentano 81 calorie ogni 100 g, quelli secchi 285: anche per questo differente apporto calorico, conviene sfruttare i piselli freschi ora che è stagione, riservando quelli secchi al periodo invernale, comunque alternandoli a quelli surgelati, 48 calorie, e quelli inscatolati, 68 calorie. La caratteristica che fa dei piselli i compagni perfetti dei carboidrati per un piatto unico, per esempio la pasta e piselli, è la valenza proteica. Sono per esempio ricchi in lisina, l'amminoacido che diventa un costituente del collagene, la proteina che struttura i tessuti connettivi, ma meno in metionina e triptofano, dei quali sono invece ricchi i cereali, a loro volta connotati da penuria di lisina. L'unico alert verso l'importante contenuto proteico dei piselli riguarda le viciline, proteine di riserva che sono responsabili, in alcuni, di una reazione allergica. Se non siamo allergici, dunque, via libera alle numerose proprietà salutari dei piselli. Per il contenuto di fibra insolubile, che determina anche un indice glicemico basso (22), i piselli sono in primo luogo un legume ottimo per i diabetici e poi per tutti, giacché aiutano la salute dell'apparato gastrointestinale, in particolar modo dell'intestino che stimolano ad essere efficiente e regolare. Riducono il rischio di malattie cardiache e ictus anche grazie agli antiossidanti e agli antinfiammatori che tutelano la salute dei capillari, tenendo a bada l'omocisteina, e alla niacina (la vitamina B3) che riduce la produzione di trigliceridi.fertilità maschile I piselli sono utili anche contro l'osteoporosi: 100 g di piselli contengono quasi la metà del fabbisogno quotidiano di vitamina K, che coadiuva l'assorbimento del calcio, mentre le vitamine del complesso B stimolano la funzionalità del midollo. Sono naturali «filtri di giovinezza», grazie a flavonoidi, carotenoidi e polifenoli e particolare importanza riveste la luteina, un carotenoide fondamentale per preservare la salute degli occhi man mano che il tempo passa, riducendo il rischio di cataratta e di degenerazione maculare, cioè perdita della vista. Tra i sali minerali è importante l'apporto di ferro che, in congiunzione con l'acido folico (la vitamina B9) di cui sono altrettanto dotati, ne fa un ottimo alimento per le donne in gravidanza, per le donne che subiscono un'anemia periodica col ciclo mestruale e, in generale, per chiunque sia anemico. Non lo diremmo, perché pensiamo sempre alla frutta come fornitore alimentare di vitamina C, ma un etto di piselli ne contiene 40 mg, la metà circa del fabbisogno giornaliero che è di 90 mg per gli uomini e 70 per le donne. Sappiamo che la vitamina C aiuta a rafforzare il sistema immunitario e a una corretta immunità lavorano anche altri elementi di questa bella pianta alimentare: i germogli di piselli, per esempio, contengono fitoalessine, un antimicrobico che funge da difensore della salute della pianta e che è in grado di contrastare l'Helycobapter pilori, il batterio responsabile dell'ulcera gastrica e duodenale che può anche sfociare in tumore allo stomaco. Un'inaspettata proprietà riguarda la salute del maschio: la glicodelina-A rinforza il seme migliorando la sua capacità di fecondare l'ovulo femminile. Al contrario, l'olio estratto dai semi di piselli secchi può avere sulla donna proprietà contraccettive in virtù della presenza di un idrochinone, l'm-xiloidrochinone che, in test di somministrazione sotto forma di capsule gelatinose i cui risultati vennero pubblicati sul Bulletin of the Calcutta School of Tropical Medicine, ha funzionato come antigravidico sul 60% delle partecipanti. Addirittura il pisello odoroso (Lathyrus odoratus L.), Fabacea usata solo come pianta ornamentale per i suoi bellissimi fiori dalla caratteristica forma a farfalla, proprio come quelli del pisello alimentare, e le foglioline a cuore, non è commestibile a causa di una tossina vegetale responsabile, in caso di ingestione, di ipofertilità.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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