2025-09-03
Commercialisti, c’è ancora il Covid?
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Il Consiglio nazionale impone il seggio telematico per le elezioni 2026 negando agli Ordini locali di scegliere perfino le piattaforme. «Ma così meno trasparenza».A quattro anni dalla fine dell’emergenza sanitaria, nel mondo delle professioni continua a pesare l’ombra delle regole straordinarie nate con il Covid. È il caso dei commercialisti, dove per le elezioni del 2026 il Consiglio nazionale (Cndcec) ha predisposto un regolamento che obbliga al voto online su una piattaforma digitale unica, fornita e selezionata dallo stesso Consiglio. Una scelta che ricalca lo schema emergenziale del 2022, quando per evitare assembramenti si autorizzò il voto telematico, ma che oggi rischia di trasformare una misura eccezionale in regola permanente.Secondo la legge che regola la professione (e non modificabile tramite regolamento), infatti, le elezioni devono svolgersi tramite assemblea in presenza con seggio, presidente e scrutinio pubblico, consentendo reclami da proporre al Consiglio nazionale anche per irregolarità nel conteggio dei voti. Eventualità che verrebbe preclusa con il voto elettronico, come avvenuto per i giornalisti. Durante la pandemia, con il decreto Ristori, il Parlamento aprì la porta al voto da remoto, rimettendo tale possibilità ai Consigli nazionali. Una norma «a tempo» che il Consiglio nazionale dei commercialisti oggi ripropone come unica modalità per il voto degli Ordini locali a gennaio 2026, dove, in realtà, spetterebbe solo a detti Ordini decidere se al voto in presenza abbinare anche quello telematico con piattaforma autonomamente scelta. Successivamente, ad aprile, i neo eletti Ordini voteranno per il Consiglio nazionale.Il problema, denunciano diversi territori, è che il nuovo regolamento non solo prevede unicamente il telematico, ma lo accentra interamente sul Consiglio nazionale. Nel 2022 ogni Ordine poteva invece scegliere piattaforme dotate dei requisiti di sicurezza; ora l’impianto prevede un solo strumento, gestito dal Cndcec, che diventa così insieme regolatore, gestore e giudice dei ricorsi. In altre parole, arbitro, controllore e giocatore della stessa partita.A Roma la dinamica è già visibile: la lista guidata da Claudio Miglio ha ricevuto endorsement pubblici dal presidente Elbano De Nuccio, ringraziamenti diffusi sui social e reciproci appoggi per la futura corsa nazionale. Un intreccio che mina l’imparzialità di chi dovrebbe garantire trasparenza. A rendere il quadro più teso c’è anche il recente verdetto del Tar Lazio, che in una sentenza del 2025 ha accolto il ricorso dell’Ordine di Latina connesso all’ispezione decisa dal Consiglio nazionale, riconoscendo il diritto di accesso agli atti del procedimento anche «per verificare la genuinità della verbalizzazione». Un segnale forte, che conferma le perplessità sul funzionamento dell’organo centrale.Ma non è tutto. Sul presidente De Nuccio si concentra l’attenzione anche per il cumulo di incarichi e compensi. Secondo documenti pubblicati nella sezione «Amministrazione trasparente» e ripresi da alcuni iscritti sui social, il numero uno dei commercialisti fino al 2024 avrebbe già percepito emolumenti pari a 623 mila euro dal Consiglio nazionale. Gli estratti camerali aggiornati a maggio 2025 mostrano infatti che De Nuccio ricopre più di una dozzina di incarichi. È presidente del collegio sindacale di Acquedotto Pugliese e di F.lli De Cecco, sindaco in Banco BPM, curatore fallimentare del Bari calcio. Ma soprattutto, dal 2 febbraio 2025, con decreto del ministero delle Imprese, è stato nominato commissario straordinario di almeno dieci società del perimetro Condotte, dalla capogruppo alle controllate Ferfina, Nodavia e Inso, passando per consorzi e immobiliari. Un incarico pubblico di rilievo che solleva interrogativi sulla compatibilità con la guida del Cndcec. La decisione ora è nelle mani del ministero della Giustizia. Ma intanto la campagna elettorale è già iniziata: a gennaio 2026 si voterà negli Ordini territoriali, ad aprile toccherà al Consiglio nazionale. In gioco non c’è solo la leadership di una categoria da 120.000 iscritti, ma anche la credibilità delle sue istituzioni. E la domanda resta aperta: può il regolatore delle urne essere al tempo stesso il principale beneficiario delle regole speciali del Covid?
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)