2025-09-17
Cile, sinistra in crisi nella morsa di Trump e Pechino
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Alla vigilia delle elezioni in Cile, la sinistra radicale del presidente Gabriel Boric è in crisi. Osteggiato da Trump, il governo di Santiago ha fatto impennare il debito pubblico negli ultimi anni dopo essere stato per anni la guida del capitalismo sudamericano. E Pechino ha forti mire sulle terre rare che abbondano nel Paese.La saga della famiglia Alessandri. Il capostipite Pietro emigrò dalla Toscana dopo i moti del 1820-21, fondando una dinastia che diede al Cile due presidenti e dominò per decenni la politica nazionale.Lo speciale contiene due articoli.La presidenza di Gabriel Boric verrà ricordata in Cile come una delle più deludenti della storia repubblica. Il governo di questo giovane presidente, salito al potere nel 2022, ha spostato il paese sudamericano fortemente a sinistra seguendo i dettami di Apruebo Dignidad (AD), la coalizione che lo ha portato al palazzo della Moneda. Questa coalizione politica è formata principalmente dal Partito Comunista e da Convergencia Social, un movimento progressista ecologista e libertario. Il 19 novembre il Cile però tornerà ad elezioni e la vittoria sembra contesa fra due esponenti di destra. Il fronte progressista ha deciso addirittura di candidare Jeannette Jara, militante del Partito Comunista che ha trionfato alle primarie con il 60% dei voti, superando l’ex ministra dell’Interno Carolina Tohá, socialdemocratica più moderata che era inizialmente ritenuta la favorita, e Gonzalo Winter, il candidato del partito di Boric. Una svolta ancora più a sinistra che radicalizza il paese schiacciandolo verso una politica estera limitata e punitiva. È la prima volta che i comunisti riescono ad ottenere la candidatura e vista la loro posizione questo non appare così strano. ll Partito Comunista del Cile si definisce di ideologia marxista-leninista, continua a sostenere la lotta di classe e a mantenere rapporti con il Partito Comunista della Corea del Nord, un autentico paria internazionale. Jeannette Jara ha provato ad ammorbidire la posizione del suo partito prendendo molte posizioni personali differenti e arrivando a dichiarare Nicolas Maduro un dittatore, ma è sembrato soltanto un tentativo per non spaventare i moderati dell’ala progressista. La sinistra paga anche l’enorme delusione dell’inconcludente governo Boric che non ha rispettato praticamente nessuna delle tante promesse elettorali. Santiago aveva rafforzato i rapporti con il Brasile di Lula per una scelta politica del suo presidente, raffreddando fortemente le relazioni con l’Argentina di Milei. Il Cile aveva anche iniziato un forte avvicinamento ai Brics e Boric aveva anche entusiasticamente partecipato al vertice Cina-Celac (Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi), sposando anche il progetto della Via della Seta. Le relazioni con Pechino ed il Brasile erano state quelle più forti durante la presidente attuale, ma era stato soprattutto il netto allontanamento dagli Stati Uniti a caratterizzare la politica estera di Boric. Lo scontro fra il presidente cileno e Donald Trump è stato continuo e Boric ne ha fatto un caposaldo della sua proiezione internazionale. Ma la linea voluta dal presidente cileno in pochi anni ha messo in crisi la più florida economia del continente sudamericano. Il Cile è stato a lungo considerato il paese modello del capitalismo in salsa sudamericana con un crescita costante ed una disoccupazione in continua decrescita. Basti pensare che nell’Indice di Sviluppo Umano del 2022, il Cile si era classificato al primo posto tra tutti i paesi dell’America Latina, mentre nell’Indice di Libertà Economica della Heritage Foundation sempre del 2022, Santiago occupava il ventesimo posto a livello globale, davanti agli Stati Uniti e al Regno Unito. Nonostante i dati economici positivi nel 2019 c’erano state imponenti manifestazioni di piazza che avevano portato alla vittoria Gabriel Boric che aveva promesso la fine del neoliberismo. La retorica contro il capitalismo e le classi più abbienti da parte dei partiti di sinistra avevano fatto trionfare questo outsider che aveva promesso una specie di rivoluzione. Durante il suo governo il debito pubblico è passato dal 28% del PIL nel 2020 al 45,3% nel 2024, mentre la spesa pubblica è aumentata del 65% per una serie di opere, molte della quali lontane dalla loro reale realizzazione. Ma la vera forza economica restano le enormi riserve minerarie di litio, il cosiddetto “oro bianco”. Il Cile è infatti inserito nel cosiddetto «Triangolo del litio», un’area di circa 400.000 chilometri quadrati, divisa fra Argentina e Bolivia e che contiene oltre il 60% delle riserve globali di litio, con il Cile che ne ha circa il 70% del totale. Santiago è anche il principale produttore ed esportatore mondiale di rame, soprattutto in Asia ed Europa. Litio e rame sono due minerali che avranno un utilizzo crescente da qui al 2040, decuplicando il loro utilizzo nell’industria. La Cina è particolarmente interessata a queste risorse minerarie, soprattutto al litio, determinante per la transizione energetica ed ha già firmato una serie di accordi governativi che adesso potrebbero essere totalmente rimessi in discussione dal nuovo presidente.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cile-sinistra-crisi-boric-2674001662.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-alessandri-storia-di-una-famiglia-italiana-alla-conquista-della-politica-cilena" data-post-id="2674001662" data-published-at="1758106046" data-use-pagination="False"> Gli Alessandri: storia di una famiglia italiana alla conquista della politica cilena Napoleone Bonaparte era ancora vivo e l’Italia solamente un’espressione geografica, per dirla con Metternich, quando nel 1821 il giovane Pietro Alessandri Tarzi lasciò la penisola per il Sudamerica. Pisano, era nato in una famiglia agiata di Garbi, un piccolo centro alle porte della città, il 10 maggio del 1793, nell’anno dell’esplosione del giacobinismo nella Francia rivoluzionaria. Il vento si era propagato anche negli Stati italiani e Alessandri prese parte ai moti nel Granducato all’età di 27 anni. Dopo il fallimento della sollevazione, seguì il destino di molti altri esuli italiani e lasciò il litorale pisano per l’Argentina grazie all’aiuto di José Rondizzoni Canepa, ex ufficiale napoleonico parmense emigrato in Cile. Giovane e amante dell’arte, sbarcò inizialmente il lunario a Buenos Aires cercando di vendere le opere da lui realizzate. Fu la fortuna a fargli incontrare Bernardo O’Higgins, Comandante supremo dell’esercito del Cile e Dictador Supremo dal 1821 al 1823. Quest’ultimo lo portò con sé a Valparaiso, dove tentò di valorizzarne le doti artistiche e accademiche. Il tentativo fallì dopo l’esilio di O’Higgins e Alessandri tornerà in Argentina per i successivi tre anni. Nel 1826 fece ritorno a Valparaiso, questa volta determinato a trovare il successo, che arriverà stavolta non grazie alle opere d’arte ma al commercio marittimo, un settore dove gli emigranti italiane delle due ex Repubbliche marinare (Genova e Pisa) si erano distinti in Sudamerica. Grazie all’attività di 4 brigantini e al fiuto imprenditoriale (il commercio di perle dalla Polinesia all’Europa e di altre merci preziose) in pochi anni il pisano arrivato dall’Argentina divenne uno degli imprenditori più importanti del Cile (o Chili, come veniva allora chiamato), allargando la propria influenza anche alla cultura (la sua principale passione) con la costruzione del Teatro Vittoria nel 1844 andato poi perduto nel terribile terremoto che colpì il Cile nel 1906. Non si fermò al solo commercio marittimo, che in quegli anni aveva allargato ai tessuti pregiati importati dalla Francia: Pietro Alessandri (ormai Don Pedro per i cileni) si buttò anche nell’estrazione dei metalli preziosi e nel trasporto verso la California degli avventurieri della corsa all’oro. Ormai pienamente inserito nelle élites politiche cilene, Don Pedro fu naturalizzato cileno nel 1846 è riceverà nel 1851 la carica di Console Generale del Regno di Sardegna per volere diretto di Vittorio Emanuele II.Pietro Alessandri non vedrà mai il sovrano che lo aveva insignito di una carica di grande prestigio diventare Re d’Italia. Il 13 marzo 1857 moriva a Valparaiso all’età di 64 anni, pianto dalla ormai nutrita comunità italiana.Pietro Alessandri ebbe dalla moglie tre figli. Uno di loro, Pedro Jr, proseguì l’attività commerciale del padre in campo marittimo con la fondazione della Compania Naviera Italiana. Nel 1868 ebbe un figlio dalla moglie Susana Palma, Arturo Fortunato Alessandri. Avviato agli studi di giurisprudenza, il giovane italo cileno fu presto avviato alla carriera politica nel partito liberale. Deputato dal 1897, Arturo fu anche giornalista. Nel 1915 fece notizia la sua vittoria combattuta alle elezioni provinciali di Tarapacà, che aprirono all’emergente italo-cileno le porte della candidatura alla presidenza del Cile. Nel 1920 Alessandri Palma vinse di misura le elezioni contro il rappresentante del vecchio potere oligarchico della Coaliciòn Luis Barros Borgono. Durante il suo primo mandato, Arturo Fortunato cercò di applicare il suo programma di riforme, spesso osteggiato se non paralizzato dall’atteggiamento ostile delle élites parlamentari, che difendevano lo status quo contro l’avanzata delle istanze della nuova borghesia delle imprese di cui l’italo-cileno era rappresentante. La sua azione di contrasto al sistema parlamentare fu all’origine del colpo di stato che lo estromise momentaneamente dalla carica. Nel mese di agosto del 1924 una sollevazione militare portò al potere per un breve periodo il generale José Altamirano. Costretto all’esilio, Alessandri passò alcuni mesi in Italia dove incontrò a Roma Benito Mussolini. La giunta cadde poco dopo per l’intervento di un altro alto ufficiale, Carlos Ibanez del Campo, già ministro della Difesa, che richiamò Alessandri alla guida del Cile nel marzo 1925. Durante la breve fase di ritorno alla presidenza, Alessandri riuscì a far diventare il Cile una repubblica presidenziale e a fondare la banca nazionale, Il Banco Central. Tuttavia Del Campo reagì alla volontà di Alessandri di allontanare tutti i ministri che avevano avuto ruolo nel golpe e la crescente tensione portò alle dimissioni del presidente italo-cileno nel 1926. Dopo una breve parentesi caratterizzata da un tentativo di creare una repubblica di orientamento socialista, Del Campo trionfò alle presidenziali del 1927 instaurando di fatto una dittatura che avrà breve vita a causa del crollo del 1929 che colpì con particolare durezza il Cile a causa della crisi finanziaria dovuta al ritiro dei capitali statunitensi. Nel 1932 Alessandri fu eletto per la seconda volta e cercò di lanciare un proprio new deal sul modello di Roosevelt, con lo sfruttamento delle materie prime, la riduzione del debito e le opere pubbliche. Politicamente dovette affrontare la crescita turbolenta dei movimenti di estrema destra, ispirati al partito nazionalsocialista di Hitler. Il suo mandato terminò regolarmente nel 1938 ma con una coda di violenza nota come il massacro del palazzo del Segundo Obrero, dove 59 membri del Movimiento Nacional Socialista furono uccisi dall’intervento dei Carabineros. Dal 1946 è stato presidente del Senato cileno.Arturo Fortunato Alessandri Palma aveva avuto da Rosa Rodriguez Velasco (nipote di quell’O’Higgins che aiutò il capostipite degli Alessandri ad emigrare in Cile) il figlio Jorge Alessandri Rodriguez, nato nel 1896. Approdò alla politica relativamente tardi occupandosi, dopo la laurea in ingegneria, di industria e finanza. Nel 1945 la prima candidatura come indipendente e in seguito la nomina a ministro delle Finanze durante la seconda presidenza di Carlos Ibanez del Campo tra il 1956 e il 1958. Liberal-conservatore, corse per la presidenza alle elezioni del 1958 vincendo di misura contro il candidato socialista Salvador Allende. Sulle orme del padre, Jorge Alessandri inaugurò una politica di rigore, cercando di stabilizzare la fragile economia nazionale e di industrializzare il paese con l’aiuto di capitali privati. Personaggio riluttante alla popolarità, rimase in carica fino al termine del mandato nel 1964 lasciando il timone al cristiano-democratico Eduardo Frei Montalva. Riprovò la candidatura nel 1970, ma fu sconfitto dal suo storico avversario Salvador Allende per poco più di 3.000 voti. Dopo il golpe del 1973, Jorge Alessandri si ritirò dalla vita politica e morì nel 1986 all’età di 90 anni.La famiglia Alessandri è stata al centro della politica cilena anche nei decenni successivi. Dopo l’ultima presidenza di Jorge Alessandri, la presenza dei suoi membri è stata costante. Il nipote di Jorge, Arturo Alessandri Besa, fu candidato alle presidenziali del 1993 e sconfitto da Eduardo Frei Ruiz-Tagle (figlio del presidente Frei che sconfisse lo zio Jorge nel 1964). Silvia Alessandri (nipote di Arturo Fortunato) fu deputata tra il 1969 e il 1973. Gustavo Alessandri Valdés fu sindaco di Santiago durante la dittatura di Pinochet e infine deputato fino alla morte nel 2002 per il partito Renovaciòn Nacional. Dello stesso partito è membro il figlio di Gustavo, Felipe Alessandri (classe 1975). Come il padre è stato eletto sindaco di Santiago nelle file dello stesso partito, rimanendo in carica dal 2016 al 2021.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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