2025-11-02
La pimpante maestrina dalle battutine loffie
Luciana Littizzetto (Getty Images)
Da 20 anni al fianco di Fazio a «Che tempo che fa», la sua comicità è spesso stantia e banale, eppure resta celebrata con un’enfasi un tantinello sopra le righe. Passata dalla cattedra delle scuole medie alla tv, Luciana Littizzetto ha il difetto di tirare bordate pure a gente comune.Cognome e nome: Littizzetto Luciana. Detta anche Litti. O Lucianina, essendo una pimpante «energumena tascabile» (adat. cit.), un metro e 58 e 33 di scarpe, «le pesco nel guardaroba di Barbie».«Il punto di forza di Che tempo che fa», così Fabio Fazio, generoso.Lo aveva già sostenuto il comico Maurizio Milani, che nel 2009 lascerà dopo sei edizioni #Ctcf ( l’hashtag del programma su X) riconoscendo i meriti della collega in palese chiave anti-Fazio: «Lo sanno tutti, Che tempo che fa sta in piedi per la Littizzetto, che lo prende al 10% di share e lo porta al 30. Poi loro fanno la media e dicono 20, ma la realtà è questa».«L’unico comico italiano che fa mezz’ora di monologo a settimana da oltre 20 anni» (ancora Fazio Fabio su Litti, esagerato). «Non c’è nessuno in grado di avere questa potenza» (sempre Fabiolo, eccessivo). «I grandi comici della tv facevano dieci puntate l’anno poi diventate due, mentre lei va in onda tutte le settimane da 22 anni» (ma non erano 20?).Nel frattempo, siamo arrivati alla ventitreesima edizione di #Ctcf, detta altrimenti Domenica Chic, per contrapporla a quella su Rai 1 della sora Cecioni, aka - conosciuta anche come - Mara Venier.Nonostante lo sbarco su Nove, canale Warner Discovery, l’abatino continua tuttavia a parlare di sé come un epurato speciale, un martire, uno a cui è stato inflitto il cilicio della censura, costretto a bere l’amaro calice dell’oscuramento (a breve mi occuperò della corrente filosofica del chiagnifottismo, e dei chiagnifottisti che ne sono gli autorevoli rappresentanti: in testa, ça va sans dire, il prode fazista).Tornando a Litti: se la quantità fosse sempre sinonimo di qualità, nulla da eccepire. Ma l’enfasi con la quale è stata celebrata pare un tantinello sopra le righe.I giudizi sulla sua vis comica sono tutt’altro che univoci.Vedi per esempio alla voce: Gianni Mura. Maestro indimenticato di Repubblica per sagacia, ironia, scrittura in punta di penna.I suoi «Sette giorni di cattivi pensieri» - non solo su calcio e sport, ma a 360 gradi sul mondo in cui viviamo - erano un appuntamento domenicale imperdibile.In archivio ritrovo tre sue annotazioni.«Se il supporto comico è garantito da Milani e Littizzetto (voto: 1,5), è come voler rinforzare la difesa sui palloni alti arretrando Gianfranco Zola e Beppe Signori» (22 gennaio 1995, riferito a Letti gemelli di Oreste De Fornari e Gloria De Antoni su Rai 3). «Trattare come un’icona Laetitia Casta è da terzo mondo, affidarsi al ripetitivo umorismo inguinale di Littizzetto è un azzardo» (stoccata a Fazio e a #Ctcf del 23 febbraio 2014).«Da almeno due anni Littizzetto non mi fa più ridere, comincio a preoccuparmi» (30 dicembre 2016, definitivo). Litti, dunque. Diplomata in pianoforte nel 1984, «chi ca... me li ha fatti fare dieci anni di Conservatorio che tanto l’ho capito subito che non avrei mai fatto la pianista?».Laurea in Lettere, tesi: La mitologia della notte della luna nel melodramma romantico del primo Ottocento. Insegnante di musica nella scuola media Carlo Levi di Torino per nove anni.Debutto tv: in Avanzi, 1992.Salto di qualità: nel 1997 grazie a Ciro, il figlio di Target, con Gaia De Laurentiis e gli imperanti Cavalli Marci, tra cui Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, che l’apostrofarono: «Noi siamo dieci uomini e non abbiamo mai avuto bisogno di una donna», facendola piangere per la frustrazione e la rabbia.Da lì, un crescendo: Mai dire gol, quindi Quelli che il calcio nel 2001 con Simona Ventura.Ma non era il programma di Fazio? Sì, ma lui aveva puntato su La7, che non trasmise neanche una puntata del suo FabShow, pagandogli una penale clamorosa: «27 miliardi» (di lire), così Silvia Garambois sull’Unità del 27 novembre 2001, 13.500.000 euro dell’epoca.Fu liquidata a prezzi di saldo anche Lucianina, che dentro il tg di Gad Lerner (che si dimise l’11 settembre 2001 incassando 3.500.000 euro), doveva proporre una ironica rubrica sul meteo.Infine, dopo le Iene Show, lo sbarco terminale a #Ctcf, anno domini 2005.Da allora furoreggia seduta sulla scrivania di Fazio, che finge stucchevolmente di scandalizzarsi alle battute e battutacce di Lucianina, spesso scontate, prevedibili, addirittura loffie.Come quella su Wanda Nara nuda a cavallo, dicembre 2020: «Chissà dov’è finito il pomello della sella, lei si arpiona così: ha la Jolanda prensile», dove Jolanda è la chitarrina contrapposta al clarinetto, cantati con classe da Renzo Arbore.L’ex moglie di Mauro Icardi l’accusò di sessismo, secondo me sbagliando, perché il sarcasmo non deve fare distinzioni di genere.La verità è che la battuta «discutibile», così la fotografò in risposta alle polemiche la stessa Litti, per me - ma non solo per me - non faceva ridere. Tutto qui.Ma la «femminista» Lucianina era già stata pizzicata su questo fronte da Andrea Scanzi nel maggio 2012, ai tempi dello show su La7 Quello che (non) ho, di Fazio con Roberto Saviano.Nota a margine. Un’operazione dai contorni più che singolari, per dir così: la Rai che concede la deroga all’esclusiva a Fazio, La7 che si sobbarca un budget economico galattico per tre sole puntate, in cambio del 13% di share con 3.000.000 di telespettatori.Pochi mesi dopo, gennaio 2013, la puntata di Servizio Pubblico con Silvio Berlusconi che pulisce la sedia su cui era seduto Marco Travaglio renderà a La7 molto di più - quasi 9.000.000 di telespettatori, con il 33,5% di share - costando enormemente di meno. E costituendo il canto del cigno di Michele Santoro.Recensì Scanzi: «Se il femminismo deve aggrapparsi ai coiti mancati di Littizzetto, è messo male. Il suo monologo è stato uno dei punti più bassi nella storia della comicità italiana. Un po’ Roberto Benigni-Patonza 20 anni dopo, un po’ Lella Costa senza essere Lella Costa, un po’ (tanto) Martufella. E non basta la - lodevole - chiusura sulla violenza sulle donne per salvarla».Nella sua autodifesa nel caso Wanda Nara, Litti elencò tutte le donne che erano stati bersagli delle sue (trite) sapidezze: da Alessia Marcuzzi a Barbara D’Urso, da Belen Rodriguez a Chiara Ferragni. Passando per Maria De Filippi.Con cui i rapporti si sono rimessi al bello dopo un incidente che la dice lunga sulla postura fondamentalmente ipocrita di una certa tv left oriented.Agosto 2011. Come fu, come non fu, Lucianina se n’era uscita tempo prima con una sentenza scolpita nel marmo del moralismo: «Non ho difficoltà a definire Maria una donna intelligentissima».Pausa: «Ma fa programmi schifosi». L’esemplare replica dell’interessata arrivò dalle pagine del settimanale Chi: «Non ci sono rimasta male. Di più! Se dici che i miei programmi fanno schifo allora dici che faccio schifo anch’io, perché mi identifico in ciò che faccio». Ma il problema non era solo di merito, ma anche di metodo (la forma, come si sa, è sostanza): «Se non mi fosse piaciuto un libro di Luciana, per l’amicizia che ci lega avrei risposto che non l’ho letto».Poi, la rasoiata: «Ho pensato al cachet che ha preso per venire nelle mie trasmissioni, forse in quel caso sembravano meno schifose, magari - non oso dirlo - persino intelligenti». Facendole vedere le gengive con affettuosa perfidia: «Spero che apprezzi la battuta».Litti intuì la mala parata, e addivenne a più miti consigli.Ma le esternazioni più infime sono state quelle in cui a parlare era l’ex insegnante delle medie.Nel maggio 2018 mette alla gogna il professor Domenico Squillace, mite preside del liceo scientifico Volta di Milano.Aldo Grasso la bastona con gentilezza in un pezzo per Oggi intitolato: «Che caduta di stile». Incipit: «Non ci sono solo i genitori che schiaffeggiano i professori, ci si è messa anche Luciana Littizzetto». Quale l’onta di cui si era macchiato il preside? Essersi espresso, ai microfoni del Tgr della Lombardia, sull’abbigliamento degli studenti quando inizia l’estate. Look che ormai vanno dagli ombelichi scoperti ai bermuda e alle infradito, all’insegna del «facciamo un po’ come ca... ci pare». Grasso: «Squillace offre una risposta articolata e di buon senso, dicendo una cosa molto condivisibile: in Italia non esiste la cultura delle divise come nei Paesi anglosassoni. Apriti cielo! La Littizzetto spara ad alzo zero. Non rendendosi conto che in quel momento stava linciando una persona del tutto incolpevole, minando la sua autorità di fronte a colleghi e studenti. Il preside merita il nostro rispetto e, se possibile, le pubbliche scuse pubbliche di Littizzetto e Fazio».Più controversa fu la sua bordata alla professoressa centrata dai pallini, l’11 ottobre 2022, sparati con una pistola dai suoi studenti, che avevano filmato e condiviso l’impresa.Intervistata da una radio, dopo aver condannato il gesto come «assurdo e violento» (e meno male), Litti la sparò grossa: «Se il professore riesce a essere empatico, non gli sparano».Che assomiglia vagamente a: «Beh, è pure colpa sua». Ma anche a: «Se l’è cercata». Come pure - pericolosamente - a: «Se non fosse uscita con la minigonna, non l’avrebbero stuprata».Un calembour che non fa mai ridere.Soprattutto le donne.
Hartmut Rosa (Getty Images)
Luca Palamara (Getty Images)
Silvio Berlusconi (Getty Images)