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Ci chiamano maramaldi perché, roba da matti, facciamo nomi e cognomi

Ci chiamano maramaldi perché, roba da matti, facciamo nomi e cognomi
Ansa

Ma davvero, a proposito della strage di Genova, se si fa il nome dei Benetton si è dei «maramaldi populisti che hanno sempre bisogno di gogna», come ha sostenuto ieri Antonio Polito sul Corriere della Sera? Davvero scrivere che la famiglia di Ponzano Veneto è la proprietaria di Autostrade, e dunque è responsabile di ciò che l'azienda ha fatto o non ha fatto negli ultimi anni, come lo è qualsiasi azionista di riferimento in un'impresa, è un modo di personalizzare e dunque di aizzare la rabbia della folla?

Eppure non è sempre stato così. La stampa indipendente, quella che dedica una pagina intera al dolore dei Benetton, ma solo dopo quattro giorni di rigoroso silenzio sui collegamenti fra il gruppo dei maglioni colorati e il crollo del ponte Morandi e dopo che altri invece li hanno resi pubblici, in passato non ha segretato il nome dei protagonisti, seppure indiretti, di gravi fatti che hanno colpito l'opinione pubblica. Quando alla Thyssen una colata incandescente bruciò la vita di sette operai, nessuno si pose il problema se parlare o meno dell'azienda e dei suoi vertici. Prima ancora che fosse accertata qualsiasi responsabilità penale, i dirigenti finirono subito sul banco degli imputati, attaccati da sindacati, politica e stampa. La delicatezza riservata ai Benetton non è certo stata usata con Stephan Schmidheiny, il proprietario di Eternit, azienda accusata di aver provocato la morte di molti suoi dipendenti con le polveri di scarto delle lavorazioni. Eppure anche Schmidheiny è un noto filantropo e, come i Benetton, è una persona schiva, ma questo non lo ha certo messo al riparo dai «maramaldi populisti che hanno sempre bisogno di una gogna», i quali hanno scandagliato la sua vita e le sue abitudini esponendoli alla «rabbia della folla».

Perché allora, invece di raccontare come la grande famiglia di Ponzano Veneto abbia trascorso la giornata successiva alla strage di Genova, descrivendo una festa di Ferragosto che neppure l'elenco delle vittime ha indotto a rinviare, la grande stampa ha preferito nel caso dei Benetton concentrarsi sul dolore composto e riservatissimo, in quanto mai espresso, di Luciano, Giuliana, Gilberto? Eppure il contrasto era stridente. A Genova si scavava con le mani per tirar fuori i corpi e a Cortina si serviva un menù a base di pesce, ma i maramaldi siamo noi della Verità che abbiamo rivelato l'appuntamento ferragostano. A nessuno dei garbati giornalisti che oggi reclamano il bon ton per i grandi imprenditori dei maglioni viene da chiedersi se i maramaldi non siano altri, ossia quelli che hanno operato scelte che il 14 agosto sono state pagate con 43 vite umane. Invece di accorrere alla conferenza stampa di Giovanni Castellucci e di Fabio Cerchiai per ascoltare le finte scuse di una società che fin dalle prime ore si era dimostrata insensibile e indifferente alla tragedia, la stampa tanto gentile con i Benetton avrebbe dovuto pretendere che a quell'incontro si presentassero i veri padroni dell'azienda, cioè coloro che in 15 anni hanno incassato 9,5 miliardi di utili. Invece ai cronisti si è presentato un amministratore delegato che non è stato neppure in grado di chiedere scusa e di offrire le proprie dimissioni, ma solo un mucchio di soldi per allontanare da sé e dai suoi padroni ogni responsabilità. Qui non si tratta di essere maramaldi o meno. Si tratta di non essere camerieri.

Ps. Dall'oltretomba in cui gli italiani e anche il suo partito lo hanno confinato, ieri si è fatto vivo Romano Prodi, il quale a proposito della privatizzazione di Autostrade non ha saputo fare altro che scaricare le responsabilità su Paolo Savona. Colpa del ministro dei rapporti con l'Europa se 20 anni fa l'azienda fu regalata dallo Stato ai Benetton. Prodi è stato colui che ha apparecchiato la privatizzazione e nel 2007, mentre si ridiscutevano i termini della concessione, era a Palazzo Chigi, ma come le famose scimmiette non ha visto né sentito nulla. Eppure chi sia stato al governo negli ultimi 20 anni non può non essersi reso conto che un'infrastruttura dello Stato era stata affidata a un privato lasciando che questi si comportasse da padrone, cioè senza alcun controllo su un servizio di pubblica utilità. Un'anomalia sottolineata anche dal procuratore capo di Genova. Prodi non sapeva nulla di tutto ciò? Beh, anche questo è un modo che ci aiuta a capire il valore di un uomo politico.

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Marco Scatarzi e Lorenzo Cafarchio raccontano boicottaggi, accuse grottesche e tentativi di censura tra fiere del libro e festival. Perché il pluralismo diventa un problema solo quando non è di sinistra?

La strage silente delle miocarditi da vaccini
Vaccini (iStock)
È provato che il farmaco usato per il Covid, specie nei soggetti giovani, possa causare microlesioni rilevabili solo con esami mirati. Spesso la sintomatologia è nulla: arriva solo un’aritmia improvvisa e fatale. Eppure la «scienza» dà dei cialtroni alle tante vittime.

Il malore improvviso ha un nome. La mio/pericardite associata ai vaccini a mRna contro Sars-CoV-2, è un fenomeno epidemiologicamente ben documentato, in particolare nei maschi tra 12 e 29 anni. Studi pubblicati su The Lancet, Nature, Jama hanno confermato infatti un aumento dell’incidenza rispetto ai tassi di background pre-Covid, soprattutto nella settimana successiva alla seconda dose.

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MasterChef, un rito televisivo che non invecchia
Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri al photocall di MasterChef (Ansa)

La quindicesima stagione di MasterChef Italia, al via ieri su Sky, conferma la forza di un format immutabile: giudici rodati, prove iconiche e una scrittura autoriale che bilancia tradizione, ritmo e personaggi, rendendo il talent un appuntamento ormai rituale.

Come il Natale, parte di un rituale che, di anno in anno, si ripete identico a se stesso. MasterChef Italia, la cui quindicesima stagione è partita ieri su Sky nella prima serata di giovedì 11 dicembre, è l'usato sicuro, quello che vince. Di più, convince. Senza, per giunta, avere bisogno di colpi di scena. Il talent show, alla cui giuria siederanno, ancora una volta, Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli, è riuscito nella mirabile impresa di bastare a se stesso, elevando quel che avrebbe potuto essere un triste effetto già-visto a chiave del proprio successo.

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Reso invalido dalla pistola di un ladro. Ma a lui lo Stato nega i risarcimenti
(iStock). Nel riquadro, Andrea Furlan e la madre Cristina Calore
Andrea Furlan, impiegato in un supermercato nel Padovano, è paralizzato da quando, 12 anni fa, un rapinatore (mai trovato) gli sparò in testa. La giustizia italiana, prodiga coi malviventi, non gli ha riconosciuto un euro.

Come se non bastassero le tragedie che ti sconvolgono la vita improvvisamente, ecco i tempi della giustizia che sono anch’esse una tragedia ma di quelle che si potrebbero evitare. La vera tragedia, per Andrea Furlan, è avvenuta 12 anni fa nel suo posto di lavoro, il supermercato Prix di Albignasego, in provincia di Padova. È lì che uno dei due banditi, armato, fa partire un colpo di pistola che perfora la testa del ragazzo riducendolo in stato vegetativo. Tragedie che ti sconvolgono la vita e ti domandi: perché? Perché a me? L’altra tragedia - quella che invece si dovrebbe evitare - è ritrovarsi con lo Stato che latita, che non riesce a dare un nome e una fisionomia al killer e che soprattutto si presenta nella veste del temporeggiatore.

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