
Come racconta Chuck Palahniuk nel suo nuovo romanzo, oggi i maschi sono trattati come i «nemici interni» dell'Occidente. Ma mentre la femminilizzazione si impone ovunque, libri, film e serie tivù celebrano il fascino di avventurieri e seduttori.Tutto fa pensare che abbia ragione la saggista francese Laetitia Strauch-Bonart, che in un rovente pamphlet si pone una domanda retorica: gli uomini sono obsoleti? Nei giorni del Me too e della psicosi molestie, viene da dire che sì, in effetti il maschio occidentale è destinato all'estinzione. O, per lo meno, a una completa ridefinizione. Va di moda il «maschio sgomento», come lo ha definito lo storico Roberto Finzi. Un uomo debole, depotenziato, terrorizzato da femmine pronte a tutto pur di prendere il potere. Un uomo sottomesso, che deve definirsi femminista se non vuol ricevere il marchio d'infamia del molestatore. Nemmeno i mostri sacri del cinema e della letteratura sono al sicuro: un liberal d'acciaio come Philip Roth, morto nei giorni scorsi, è stato descritto in alcuni necrologi come un bieco misogino perverso. Un progressista come Bernardo Bertolucci, in occasione del ritorno in sala di Ultimo tango a Parigi, ha dovuto affrontare un analogo linciaggio intellettuale. Insomma, pare proprio che il maschio, se vuole sopravvivere, debba svirilizzarsi e aggirarsi nel mondo timoroso della propria ombra. A inquadrare perfettamente la situazione è stato, tra i primi, Chuck Palahniuk, uno dei più importanti scrittori americani viventi. Negli Stati Uniti è da poco uscito il suo nuovo romanzo, Adjustment day, una distopia ad alto tasso di adrenalina, che sfiora i livelli altissimi del capolavoro Fight club. Tra le altre cose, Palahniuk immagina che gli Usa decidano di decimare la popolazione maschile organizzando appositamente una guerra. «Le politiche più recenti», scrive l'autore, «avevano efficacemente etichettato i giovani uomini come un nemico interno - perpetratori di una cultura dello stupro, responsabili delle sparatorie nelle scuole, neo nazisti - e gli americani spaventati dai media erano felici di vedere eliminate queste mele marce». La satira coglie nel segno: i maschi bianchi occidentali, oggi, sono effettivamente dipinti come «nemici interni».Lo stesso Palahniuk, tuttavia, ha mostrato in passato quali potrebbero essere le conseguenze della soppressione della mascolinità. Nel romanzo Beautiful you ha raccontato un mondo in cui le donne decidono di fare a meno degli uomini, sostituendoli con un rivoluzionario modello di giocattolo erotico e causando disastri senza precedenti. Ancora più interessante è ciò che lo scrittore ha messo in scena nella graphic novel Fight club 2. A distanza di alcuni anni, ha recuperato il protagonista del suo bestseller. Lo ritroviamo avviato verso la mezza età, sposato, alle prese con un lavoro fisso e monotono, privo del suo alter ego animalesco e violento (il Tyler Durden portato sullo schermo da Brad Pitt). Un perfetto piccolo borghese, dunque, «normalizzato» dagli psicofarmaci che gli prescrivono i medici. Piccolo problema: la sua dolce consorte non ne può più di vivere accanto a un maschio sfibrato di tal fatta, dunque comincia a togliergli i farmaci, onde riportare in vita il «maschio alfa» Tyler Durden. Curioso, vero? L'uomo femminilizzato, dopo un po', diventa insopportabile ed è proprio la donna a richiamarne in causa la versione più brutale e aggressiva. Non è soltanto una trovata provocatoria di Palahniuk. Si tratta di un fenomeno che, almeno a livello di immaginario collettivo, è facilmente individuabile. Mentre ovunque si vuole imporre l'uomo dimezzato, il «maschio forte» ritorna con prepotenza. Volendo, a questo proposito potremmo citare il possente e manesco protagonista del gioiellino di Raduan Nassar, Un bicchiere di rabbia (Sur editore). O gli stalloni assatanati che affollano il romanzo Il gioco di Carlo D'Amicis (Mondadori), in cui ogni pagina trasuda carnalità e sesso. Si tratta, però, di libri scritti da uomini, dunque sospettabili di maschilismo. Meglio concentrarsi, allora, sugli uomini forti invocati dalle donne. L'esempio più scontato è senz'altro quello delle Sfumature della scrittrice britannica E. L. James. Qualche mese fa è uscito nelle sale, riscuotendo enorme successo, il terzo film (50 sfumature di rosso) ispirato alla saga che ha svelato alle masse i segreti del Bdsm. Nel frattempo, nelle librerie sono approdati due romanzi Grey e Darker, che raccontano la torrida relazione fra Christian Grey e Anastasia Steele dal punto di vista del maschio dominante. Certo, la James non trascura di mostrarci fragilità e debolezze del signor Grey. Resta, però, che il nostro ha conquistato le menti e i cuori di milioni di lettrici e lettori soprattutto grazie alle sue mirabolanti performance con corredo di frusta. Un altro maschio potente, cattivo e proprio per questo eccitante è il Lachlan Mount raccontato da Megan March in King (appena pubblicato in Italia da Sem), primo volume di una trilogia che negli Usa ha venduto oltre due milioni di copie. Mount è il padrone di New Orleans, un individuo senza scrupoli che tratta la povera Keira Kilgore come una sua proprietà. Lei ne è terrorizzata, ma pure affascinata, rapita. La cosiddetta «Mount trilogy» può essere considerata una versione più pulp e meno romantica delle Sfumature, ma le librerie italiane sono popolate da numerose serie analoghe. Il catalogo dell'editore Newton Compton offre la scelta più ampia: Kylie Scott, Megan Maxwell, L. F. Koraline, Jessica Clare... Ma ci sono anche i libri di Maya Banks editi da Harper Collins, o i thriller raffinati come L'amante innocente di Elle Croft (Longanesi). Parliamo di un intero plotone di scrittrici - anche molto talentuose - che narrano di uomini belli, ricchi e di successo capaci di mandare in estasi donne dal carattere deciso. Ma non c'è bisogno di guardare troppo lontano. Nelle classifiche di vendita italiane fa capolino L'animale femmina di Emanuela Canepa (Einaudi), premio Calvino 2017. La protagonista è Rosita, che si infila in un rapporto di sudditanza con il maturo avvocato Ludovico Lepore. Costui viene dipinto come un maschilista, una specie di proto Weinstein, un manipolatore. Eppure, più Rosita si sottomette a questo «carnefice», più la sua femminilità esplode con prepotenza, ravvivando persino la smorta relazione che la ragazza intrattiene con un certo Maurizio.Sembra proprio che abbia ragione Chuck Palahniuk: possiamo provare a sedare Tyler Durden, a sterilizzare il maschio forte. In un modo o nell'altro, però, questo tornerà in vita e si riprenderà la scena. Lo vediamo anche sugli schermi cinematografici, per quanto annacquati dal politicamente corretto, i supereroi dominano la scena: uomini muscolosi in calzamaglia che se le danno di santa ragione. Nell'ultimo fine settimana, a sbancare il botteghino è stato il film dedicato al giovane Han Solo, l'avventuriero rubacuori di Star Wars. Uno che Asia Argento probabilmente spedirebbe ai lavori forzati in una galassia lontana e che varie attiviste hanno descritto come un campione di misoginia. Chissà, può darsi che siano gli ultimi colpi di coda della mascolinità. Presto, probabilmente, di eroi del genere non ne vedremo più. E non ci resterà che rimpiangerli.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





